I Cinque Stelle e la sceneggiata napoletana, con Di Maio 'o malomm'
- di: Redazione
Ci risiamo e, verrebbe da dire, che non ne siamo affatto sorpresi: una fetta importante del futuro del governo e, quindi, per la transitiva, del Paese, dipende da quello che accadrà nelle prossime ore e nei prossimi giorni in casa dei Cinque Stelle. Premettendo che è difficile ignorare la genesi della crisi all'interno del movimento creato da Beppe Grillo sul presupposto che la politica doveva essere cambiata a colpi di ''vaffa'', è arduo capire perché l'Italia debba restare in balia delle tensioni di un ''non partito'' che dirime le proprie complicazioni interne sulla pelle dell'Italia.
Proseguono le tensioni nel Movimento 5 Stelle
La questione della mozione sullo stop alle armi a Kiev, che sarebbe stata redatta da un gruppo di ultras di Giuseppe Conte e che cercherebbe di sfilare l'Italia dal fronte dei Paesi maggiormente impegnati a sostegno dell'Ucraina aggredita, è solo l'ultimo capitolo della lotta di potere che si è scatenata in seno al movimento, e non certo da oggi.
Giuseppe Conte, catapultato nella politica senza la cosiddetta arte e/o parte, mostra i limiti di chi non ha mai avuto dimestichezza con la pratica quotidiana di questa materia che blandisce, seduce, inebria, ma può anche uccidere lentamente, come certi veleni di cui si percepisce la presenza un attimo prima che t'uccidano.
A Conte manca soprattutto la freddezza di non sottostare ai ricatti interni, cosa che ne ha indebolito la capacità di aggregazione, ma anche propulsiva. Ed è accaduto nel momento in cui ha capito che la sua natura dialogante gli stava alienando il favore di quella parte, ancora molto importante del Movimento, animata da fermenti barricaderi, quelli che spinsero alla nascita dei Cinque Stelle. Un condizione che si perpetua anche oggi, condizionandone l'evoluzione in senso partitico, una entità su cui gli elettori e simpatizzanti di riferimento possano continuare a credere. Il tracollo elettorale ne è conferma.
L'irrisolta questione delle anime del movimento (tra una componente di ispirazione riformista e una, forse più consistente, che ancora occhieggia ad alcune non chiare tematiche ''giustizialiste'') ha ripercussioni quotidiane, che si manifestano quando i Cinque Stelle devono affrontare argomenti importanti, sui quali manca sistematicamente un pensiero condiviso. Che Giuseppe Conte (che qualche giornale - uno - e pochi giornalisti sostengono acriticamente, deificandone ogni mossa passata presente e futura) sia in difficoltà è evidente. Lo è meno il modo in cui potrà uscire nella palude in cui si è infilato forse sottovalutando la portata delle sue iniziative.
Perché è ben difficile pensare che la mozione che si sta preparando sulle armi all'Ucraina non abbia il suo placet, così come è altrettanto arduo capire come lui abbia dato luce verde sapendo di mettere a rischio il futuro del governo in un momento delicatissimo. Non siamo forse a quel pericolo per la sicurezza del Paese ipotizzata dal ministro degli Esteri Di Maio, ma di certo è ben strano che si resti in un governo di cui si vuole ostacolare un atto adottato dal Parlamento appena poche settimane fa. Se non crede più nella formula magica su cui è nato l'esecutivo Draghi, per motivi che non stiamo qui a discutere, ma nei quali la componente di risentimento personale potrebbe avere grande importanza, Giuseppe Conte ha l'obbligo morale di fare il grande passo. Le formule ci sono, come quella dell'appoggio esterno. Ma di certo il ricorso alle figure delle sceneggiate, in cui c'è sempre l'uomo d'onore (Conte), la donna contesa (il potere) e '' o malomm'' (oggi Fi Maio) non aiuta il Paese. Sempre che, in cima alle priorità del movimento, ci sia il bene dell'Italia e non l'esito dell'ordalia che vede i grillini spaccati a contendersi l'ultimo scalpo.