Cronache dai Palazzi - Troppe tensioni nel governo, dove tutti si sentono indispensabili

- di: Redazione
 
Prima di mettersi in viaggio, l'automobilista prudente controlla tutto del suo veicolo, dalla pressione delle gomme, al livello di carburante nel serbatoio, al funzionamento di tutte le luce e persino lo stato delle spazzole dei tergicristalli. Normali controlli, quasi una routine, che forse potrebbe essere adottata anche in altre incombenze della vita.
Quindi, e lo diciamo con il massimo rispetto per la carica e la piena comprensione delle difficoltà che ad essa si accompagnano, vorremmo consigliare a Giorgia Meloni, già nei primi giorni del 2024 di controllare se tutto, nella macchina del suo governo, sia a posto.

Troppe tensioni nel governo, dove tutti si sentono indispensabili

Anche perché, per quello che si può capire guardando dall'esterno lo stato delle relazioni in seno alla maggioranza, forse una stretta ai bulloni della macchina non farebbe male.
Soprattutto per evitare che quel che è stato fatto (tantissimo per la maggioranza; poco e male, secondo le opposizioni) sia bruciato sull'altare dell'antagonismo che sembra animare chi siede nel governo e ci tiene a capitalizzare al massimo la propria posizione a discapito dei compagni di banco.
Le cronache recenti non è che depongano bene per lo stato delle relazioni tra alleati che, mai come oggi, al di là della celebrata coesione e comunione di intenti (strombazzata anche a dispetto delle evidenze), sembrano andare ciascuno per la sua strada e di farlo guardandosi in cagnesco, quasi che qualsiasi proposta sia, nella realtà, un boccone avvelenato tra sodali - almeno a parole - della maggioranza.
Il caso più paradigmatico è il superbonus, sul quale si è andato in ordine sparso, tra chi lo ha eletto a male assoluto (Giancarlo Giorgetti ha parlato delle misure adottate dai precedenti governi come il frutto di pericolose frequentazioni con sostanza allucinogene) e chi, invece, pur aborrendolo, non lo demonizza (come sta facendo Forza Italia che chiede un ammorbidimento della linea dura, per evitare che chi non ha potuto completare i lavori sia costretto a pagare tutto) .

Nell'ultimo consiglio dei ministri dell'anno è stata trovata una soluzione che ha cercato di mediare tra le due posizioni, scontentando però un po' tutti. Perché, come tutte le soluzioni di compromesso, costringe ciascuno a fare un passo indietro rispetto alle posizioni che diceva di volere difendere sino alla morte.
Quindi, tra deroghe e sanatorie di fatto (si possono chiamare in modo diverso, ma questo sono nella loro sostanza) si è consumato l'ennesimo dramma in una casa che viene presentata, all'esterno, come un blocco coeso, che però non pare essere tale. Ma, in fondo, le ragioni dei contendenti si comprendono.
Per Giorgetti proseguire, deragliando dalla linea del rigore, sarebbe un delitto nei confronti delle casse dello Stato, salassate da una misura - il superbonus - che doveva costare in circa quattro anni qualcosa come sei miliardi e oggi, invece, ne brucia quattro ogni mese. Per Forza Italia, invece, era necessaria una buona dose di ragionevolezza, seppure nel rigore. Ragionevolezza (ovvero cedere alle istanze dei proprietari di case) che per Giorgetti è un termine assolutamente astruso, appellandosi alle regole e al loro rispetto.

In ogni caso, anche se potrebbe essere giudicato come un gioco delle parti, il nodo del superbonus è destinato a portarsi dietro uno strascico di malumori, quale che sia stata la soluzione e che, per qualcuno, è ora un fiore all'occhiello da esibire davanti all'elettorato. Cosa potrebbe essere indotta a fare Forza Italia, alle prese con il continuo aleggiare del ricordo, troppo incombente, di Silvio Berlusconi e con una guerra intestina destinata prima o poi a esplodere.

Può il governo andare avanti in questo clima?

Forse la prima a chiederselo è Giorgia Meloni, impegnata quotidianamente, come un generale in battaglia, a guardare in avanti, verso il nemico, ma sapendo di essere debole ai fianchi, quelli sui quali lavora, quotidianamente, ''l'alleato'' Matteo Salvini, che ha cominciato una ricorsa verso l'appuntamento europeo di primavera, proponendosi come il solo paladino della ''vera'' Destra, non quella conservatrice cara al presidente del Consiglio, ma quella che ha come alleati Marine Le Pen, gli estremisti xenofobi di AfD e gli eredi del fascismo che nacque nei Balcani 80 anni fa.

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