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Giuli contro Veneziani, lo scontro che agita la destra culturale

- di: Marta Giannoni
 
Giuli contro Veneziani, lo scontro che agita la destra culturale
Giuli contro Veneziani, lo scontro che agita la destra culturale
Parole affilate, accuse incrociate e il nervo scoperto del dissenso.

Altro che dibattito pacato: nella destra culturale italiana esplode uno scontro che lascia il segno. Da una parte Marcello Veneziani, intellettuale storico dell’area conservatrice, dall’altra il ministro della Cultura Alessandro Giuli (foto). In mezzo, un’accusa che pesa come un macigno: l’incapacità di accettare la critica.

Tutto nasce da un editoriale pubblicato da Veneziani su La Verità, quotidiano fondato e diretto da Maurizio Belpietro, in cui lo scrittore traccia un bilancio severo dell’azione di governo. Il giudizio è netto: nessuna impronta riconoscibile, nessun segno lasciato, solo una diffusa sensazione di mediocrità. Un’analisi che salva la premier Giorgia Meloni, ma boccia senza appello il contesto politico che la circonda.

La critica che brucia

Secondo Veneziani, il nuovo ceto politico non avrebbe inciso davvero sulla vita culturale del Paese. Un’osservazione che l’autore definisce sofferta, quasi controvoglia, ma necessaria per onestà intellettuale. Non un attacco personale, bensì un bilancio di fine anno, realistico e disincantato.

Parole che però fanno scattare una reazione durissima. Giuli, costretto a casa da un’indisposizione, affida un messaggio alla sua capa di gabinetto durante una presentazione istituzionale alla Camera dei Deputati. Il contesto è quello dei risultati di Ales, la società in house del ministero, ma il contenuto è tutt’altro che burocratico.

La replica del ministro

Il ministro accusa Veneziani di essersi schierato nel fronte del “nemichettismo”, di negare dati e risultati per puro risentimento personale. Il tono è sarcastico, affilato, carico di immagini forti. Si parla di “bile nera”, di “rimpianti ciechi” e persino di un’ipotetica ricompensa futura, qualora il clima politico dovesse cambiare.

Una risposta che spiazza molti presenti e che colpisce per la sua irritualità: un attacco diretto a un intellettuale, pronunciato – seppur per interposta persona – in un contesto ufficiale.

Il silenzio di Veneziani

Interpellato dopo l’accaduto, Veneziani sceglie la linea del silenzio. Nessuna controreplica, nessun ulteriore affondo. Una decisione che contrasta con la violenza verbale dell’attacco subito e che contribuisce ad alimentare il dibattito sul rapporto tra potere politico e libertà di critica.

La reazione dell’opposizione

Lo scontro non passa inosservato al Partito democratico. Esponenti dem sottolineano come l’episodio confermi una difficoltà strutturale del ministro nel confrontarsi con il dissenso. In particolare viene stigmatizzato l’uso di uno spazio istituzionale per regolare conti politici e personali.

La deputata Irene Manzi parla apertamente di un linguaggio incompatibile con il ruolo ricoperto: le istituzioni, afferma, non possono diventare il palcoscenico di polemiche o attacchi ad personam. Un richiamo che evoca anche precedenti polemiche, quando lo stesso Giuli aveva lamentato critiche ricevute in contesti ufficiali.

Un caso politico-culturale

Al di là dei protagonisti, la vicenda solleva una questione più ampia: quanto spazio c’è, oggi, per una critica interna al campo di governo? Il caso Giuli-Veneziani mostra una frattura evidente all’interno dell’intellighenzia conservatrice e mette a nudo una tensione irrisolta tra consenso, lealtà e libertà di giudizio.

Non è solo una polemica personale, ma il sintomo di un nervo scoperto. E quando la cultura diventa terreno di scontro politico, le parole – come dimostra questa vicenda – possono fare più rumore dei fatti.

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