Non è un numero. Non è una statistica. È una vita, una storia, una persona. Ogni 11 minuti, nel mondo, una donna muore per mano di chi avrebbe dovuto amarla e proteggerla. Ogni volta, un’esistenza viene spezzata, lasciando un vuoto incolmabile. In Italia, il 31,6% delle donne ha subìto violenza fisica o sessuale: un dato che ferisce, che indigna, ma che non può più essere semplicemente letto o ascoltato. Deve scuotere le coscienze. Perché questa non è una questione privata, ma un’emergenza collettiva. La violenza contro le donne ci riguarda tutti: come individui, come cittadini, come esseri umani. E se ancora troppo spesso viene taciuta, minimizzata, ignorata, qualcosa sta cambiando. Perché le donne ora iniziano a parlare, a denunciare e combattere.
Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne: non ci sono più scuse!
E con loro, una parte sempre più ampia della società si schiera per dire basta: il silenzio non è più accettabile. Un messaggio che emerge chiaramente dai vari movimenti, centri antiviolenza e piazze gremite di manifestanti. E dai numeri: secondo l’ISTAT, negli ultimi cinque anni le denunce per violenza di genere sono aumentate dal 6,7% all’11,8%. Sempre più donne trovano il coraggio di rompere il silenzio, e sempre più persone considerano gli abusi come un reato grave, e non come qualcosa che semplicemente accade. E, fortunatamente, anche gli uomini iniziano a fare la loro parte. Cresce il numero di chi si impegna attivamente per abbattere le barriere del sessismo e del patriarcato, riconoscendo che il cambiamento culturale è una responsabilità condivisa. Complici anche alcuni eventi, che hanno il potere di scuotere la società. Come il femminicidio di Giulia Cecchettin, la cui storia ha suscitato un’ondata di indignazione e riflessione, ricordandoci che dietro ogni statistica c’è un volto, una vita interrotta. La sorella di Giulia, Elena Cecchettin, lo ha detto chiaramente: “Bisogna fare rumore”. E il rumore delle manifestazioni, delle denunce e delle iniziative collettive è ciò che può portare al cambiamento.
Quest’anno, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne si carica di nuovi significati. A dall’hastag di riferimento scelto da UN Women per questo 25 novembre: #NoExcuse. Non ci sono più scuse! Non ci sono più scusa per tacere, per voltarsi dall’altra parte, per ignorare, per non gridare la propria indignazione di fronte ad una emergenza sociale che ci vede tutti coinvolti. E non ci sono più scusa nemmeno per non partecipare ad uno dei tantissimi eventi organizzati per l’occasione. A cominciare dalle piazze che, ci si augura, si riempiranno ancora una volta di voci unite contro la violenza. Il 23 novembre, Non Una di Meno organizza manifestazioni nazionali a Roma e Palermo. A Roma, il corteo partirà da Piazzale Ostiense alle 14:30 per arrivare a Piazza Vittorio Emanuele II. A Palermo, la partenza è prevista alle 16:30 da Piazza Indipendenza. Ma non sono solo le piazze a parlare. In tutta Italia, iniziative culturali e artistiche danno voce a chi spesso non ne ha. Mostre, proiezioni, talk e performance teatrali affrontano il tema della violenza di genere, sensibilizzando il pubblico e promuovendo una riflessione profonda. E così per esempio a Roma la Casa del Cinema ospita la mostra C’è ancora domani, sempre, che raccoglie gli scatti del fotografo Claudio Iannone durante le riprese del film di Paola Cortellesi. Il 25 novembre saranno proiettati due film: il docufilm La casa viola e Familia, un’intensa riflessione sulle dinamiche familiari di violenza. Le istituzioni museali capitoline dedicano eventi speciali alla figura femminile, dall’arte alla storia. A Palazzo Braschi si esplorano le discriminazioni subite dalle donne artiste tra il XVI e il XIX secolo, mentre il Museo del Teatro Argentina indaga il ruolo delle donne nella storia del teatro. Mentre a Firenze, il Festival di Cinema e Donne conclude il 24 novembre con una giornata interamente dedicata alla violenza di genere. Tra le protagoniste, l’attrice Katia Beni e la scrittrice Antonella Matranga, che presenterà il suo libro Vite in tempesta. Ma sono tantissime le iniziative: ogni Comune ne ha uno, e c’è solo l’imbarazzo della scelta. Perché partecipazione è la parola d’ordine.
Senza dimenticare che la violenza si manifesta anche nei luoghi di lavoro. Violenza che spesso è vessazione psicologica, ad opera, ahimè, molto spesso anche delle donne stesse. Che quando ci si mettono sono veramente spietate tra di loro. Basti pensare che il rapporto WeWorld denuncia che il 60% dei lavoratori e delle lavoratrici in Italia è a conoscenza di episodi di abuso sul posto di lavoro. Gli autori sono spesso capi (42%) o colleghi uomini (35%), e molte vittime scelgono di non denunciare per paura di perdere il lavoro. Le conseguenze? Ansia, stress, depressione e, nei casi peggiori, dimissioni forzate. Ma ci sono anche storie di riscatto. Il progetto L’Abito del sogno infranto, promosso dall’Associazione Nazionale Antiviolenza Senza Veli sulla Lingua, utilizza un abito da sposa macchiato di rosso come simbolo della lotta al femminicidio. Realizzato dalle lavoratrici della sartoria sociale Freedom Power, questo abito rappresenta una seconda possibilità per donne che hanno superato situazioni di violenza. Altro tema cruciale è poi la disparità economica. Nonostante le donne italiane siano più istruite degli uomini, il loro tasso di occupazione è inferiore (59% contro 79,3%). Questo divario si riflette anche nella gestione delle finanze familiari, dove gli uomini controllano spesso le decisioni economiche più importanti. L’indipendenza economica non è solo una questione di uguaglianza, ma uno strumento fondamentale per uscire da relazioni abusive. Senza autonomia finanziaria, molte donne restano intrappolate in situazioni di violenza.
La lotta contro la violenza di genere è molto frastagliata, e richiede l’impegno totale di tutti: istituzioni, aziende, scuole, e singoli cittadini. Non ci sono più scuse! Che sia con un libro, una mostra, una manifestazione o un’azione concreta, ciascuno di noi può contribuire al cambiamento. Perché ogni donna merita di vivere libera dalla paura, dalla violenza, dal silenzio. E il momento di agire è adesso.