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Viaggi della speranza: la sanità italiana si spacca in due, Nord sempre più meta di cure

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Viaggi della speranza: la sanità italiana si spacca in due, Nord sempre più meta di cure
Non una scelta, ma una necessità. La mobilità sanitaria in Italia non è più un’opzione libera per chi cerca cure migliori, ma il risultato di un sistema a doppia velocità, dove alcune regioni riescono a garantire servizi di qualità mentre altre arrancano. Il report della Fondazione Gimbe fotografa un fenomeno che continua ad aumentare: nel 2022, la spesa per la mobilità sanitaria interregionale ha toccato i 5,04 miliardi di euro, registrando un incremento del 18,6% rispetto al 2021. Un dato che evidenzia come la migrazione dei pazienti non sia più un’emergenza, ma una costante nel panorama sanitario italiano.

Viaggi della speranza: la sanità italiana si spacca in due, Nord sempre più meta di cure

A beneficiare di questo flusso di pazienti sono sempre le stesse regioni. Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto assorbono il 94,1% del saldo attivo, ovvero la differenza tra quanto incassano per l’accoglienza di pazienti da fuori regione e quanto spendono per i propri residenti che si curano altrove. La Lombardia è la prima regione per mobilità attiva, con il 22,8% del totale nazionale, seguita dall’Emilia-Romagna con il 17,1% e dal Veneto con il 10,7%.

Dall’altra parte, a pagare il prezzo più alto di questo esodo sanitario sono le regioni del Centro-Sud. Abruzzo, Calabria, Campania, Sicilia, Lazio e Puglia assorbono il 78,8% del saldo passivo, ovvero la spesa sostenuta per i pazienti che si curano fuori dalla propria regione. La Calabria, in particolare, ha il record negativo: oltre il 20% della spesa sanitaria pubblica regionale finisce fuori dai confini.

Il commento di Cartabellotta


Per il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, il quadro è allarmante. “Questi numeri certificano che la mobilità sanitaria non è più una libera scelta del cittadino, ma una necessità imposta dalle profonde diseguaglianze nell’offerta dei servizi sanitari regionali. Sempre più persone sono costrette a spostarsi per ricevere cure adeguate, con costi economici, psicologici e sociali insostenibili”.

Le parole di Cartabellotta trovano conferma nelle difficoltà che le regioni del Sud stanno affrontando. Liste d’attesa interminabili, strutture sotto organico, carenza di specialisti e macchinari obsoleti sono alcune delle cause principali che spingono i pazienti a cercare altrove un’assistenza migliore. Per molte famiglie, la mobilità sanitaria non è solo un costo economico, ma anche un trauma emotivo e sociale: spostarsi per un ricovero o una terapia significa affrontare spese di viaggio, assenze dal lavoro, lontananza dagli affetti.

Il privato guadagna terreno

Un altro dato rilevante del report Gimbe riguarda la crescente centralità delle strutture private accreditate, che assorbono ormai oltre il 54% della spesa per ricoveri e prestazioni specialistiche fuori regione, pari a 1,879 miliardi di euro. Solo il 45,6% delle risorse, pari a 1,573 miliardi, viene destinato agli ospedali pubblici.

A trainare questa tendenza sono regioni come Molise (90,6%), Lombardia (71,4%), Puglia (70,7%) e Lazio (62,4%), dove la maggior parte delle cure in mobilità avviene in strutture private. Questo significa che, se da un lato i cittadini sono costretti a viaggiare per curarsi, dall’altro lo fanno sempre più spesso in centri privati, contribuendo a un sistema in cui il pubblico fatica a competere con l’offerta di servizi sanitari accreditati.

Il ruolo dell'autonomia differenziata

L’analisi della Fondazione Gimbe si conclude con un monito sulle conseguenze della recente approvazione della legge sull’autonomia differenziata. Secondo Cartabellotta, senza adeguati correttivi questa riforma rischia di cristallizzare e legittimare le diseguaglianze esistenti, trasformando il diritto alla salute in un privilegio legato al codice di avviamento postale. Se le regioni più ricche potranno investire maggiormente nel proprio sistema sanitario, quelle in difficoltà si troveranno sempre più penalizzate, con una popolazione costretta a spostarsi per ricevere cure adeguate.

La mobilità sanitaria è ormai il sintomo di una frattura strutturale nel Servizio Sanitario Nazionale. Un divario che, se non affrontato con misure concrete, continuerà ad aumentare, rendendo sempre più evidente la distanza tra chi può curarsi sotto casa e chi è costretto a partire per trovare un’assistenza dignitosa.
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