La Francia rimescola le carte, in casa propria e in Europa

- di: Redazione
 
L'Europa della politica sta assistendo ad un dramma nazionale, nel senso che la parola aveva nell'antica Grecia, in cui tutti i partiti francesi, anche quelli che hanno oggettivamente preso una batosta, si sentono partecipi del futuro del Paese.
È sicuramente così, se si guarda ai meccanismi della democrazia e ai suoi valori, ma dalle parti di Parigi questo principio sta assumendo una caratteristica che porta dritto dritto all'ingovernabilità. Che non è necessariamente il prodromo di nuove elezioni, davanti all'evidente impossibilità di dare tutto a coloro che reclamano, ma di costringere i vincitori a sedersi intorno ad un tavolo quando proprio non hanno alcuna intenzione di farlo.

La Francia rimescola le carte, in casa propria e in Europa

Se, quindi, il fronte anti-Rassemblement National ha sbarrato la strada a Jordan Bardella verso Matignon (determinando un impatto emotivo fortissimo in Europa) questo non significa affatto che le nette differenze all'interno del fronte unito della sinistra e del centro possano essere cancellate con un tratto di penna.
Anzi, tutto lascia pensare che sia l'esatto contrario. Per un banalissimo concetto: tutti si sentono importantissimi e, quindi, autorizzati a muoversi di conseguenza. Come quando i bambini giocano una partita a pallone e tutti inseguono in sogno di fare gol.

C'è però una variabile che rischia di mandare tutto all'aria (anche se alla fine un governo di salute pubblica si farà, faticosamente ma si farà): Jean-Luc Melenchon, leader di France Insoumise, ha infarcito il suo programma, oltre che di promesse a raffica che potrebbero dare un colpo durissimo alle casse dello Stato - a cominciare dalla riforma delle pensioni, che vuole riscrivere, abbassandone la relativa età con ampie sacche di privilegio per i lavoratori precoci - anche di una visione della Francia in politica internazionale diversa rispetto a quella attuale, a cominciare dalla delicatissima questione palestinese.
Se la soluzione 'due popoli, due Stati' è accettata praticamente da tutti (dopo la durissima reazione di Israele ai massacri e ai rapimenti perpetrati da Hamas) la chiara deriva di Melenchon, che non fa differenza tra israeliani e sionisti, con toni che per qualcuno sono anti-semiti, gli ha inimicato larghi strati dell'elettorato moderato che ci penserà molto prima di assistere, senza protestare, alla intronizzazione che il leader di France Insoumise invoca per sé stesso (anche se ancora non dicendolo chiaramente).

Quel che è certo è che l'esito delle elezioni generali in Francia ha avuto l'effetto di una palla da bowling sui birilli, stravolgendo le previsioni e i sondaggi che sembravano scontati e con essi sogni e incubi della politica negli altri Paesi europei. Nemmeno l'Italia è rimasta immune dagli effetti del voto di domenica, che la destra (Fratelli d'Italie e Lega) attendeva per celebrare il trionfo di Marine Le Pen, sebbene con sfumature diverse. Ora tutto sembra essere tornato in gioco, perché la forte affermazione del partito macronista Ensemble (che forse ha bruciato la speranza di Giorgia Meloni che una sconfitta poteva servire a depotenziare l'avversione del presidente francese nei confronti del capo del nostro esecutivo) restituisce all'inquilino dell'Eliseo una nuova statura internazionale, addirittura rafforzata, dopo l'azzardo di avere sciolto l'Assemblea nazionale, quando nessuno glielo aveva chiesto.

Il successo di Macron (che ha incassato 168 seggi, contro i 182 del Nuovo Fronte Popolare, i 143 del Rassemblement National e i 45 dei Repubblicani) probabilmente era per Giorgia Meloni la cosa peggiore che potesse uscire dalle elezioni. Questo, ovviamente, in ottica europea dove il presidente del consiglio e il suo gruppo dei conservatori si trovano ora stretti nella morsa dal Ppe e della destra estrema, quella dei patrioti di Orban, al quale Salvini non vedeva l'ora di potere aderire, nel quotidiano Vietnam che fa vivere al governo.
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