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Orcel frena su Generali: “Possiamo cooperare anche senza quota”

- di: Bruno Coletta
 
Orcel frena su Generali: “Possiamo cooperare anche senza quota”
Orcel frena su Generali: “Possiamo cooperare anche senza quota”
Dal blitz al 6,7% al ripiegamento intorno al 2%: la linea di UniCredit sul Leone, i messaggi alla politica e la nuova strategia assicurativa che ridisegna i rapporti con i partner.

Nell’aula del Senato, davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario, finanziario e assicurativo, Andrea Orcel (foto) ha sganciato la frase che fotografa la nuova fase dei rapporti tra UniCredit e Generali: “Non ho bisogno di una partecipazione per poter cooperare con Generali”. Un modo netto per dire che la collaborazione con il Leone di Trieste non passa più necessariamente da una presenza pesante nel capitale.

Il messaggio arriva al termine di un anno in cui UniCredit è passata dal costruire in silenzio una partecipazione fino a circa il 6,7% di Generali a un ridimensionamento intorno al 2%, lasciando sul tavolo l’idea di una grande operazione industriale. Il tutto mentre la banca rafforza il proprio ruolo di “campione italiano” con ambizione paneuropea e spinge sul pedale della crescita organica e delle commissioni.

Dal 6,7% al 2%: la cronologia della scommessa su Generali

All’inizio del 2025 UniCredit comunica al mercato una partecipazione in Generali costruita “nel tempo” come investimento finanziario. Nel dettaglio, la banca precisa di avere in portafoglio una quota azionaria stabile e, in aggiunta, una frazione del capitale detenuta per conto della clientela e coperta da operazioni di copertura. Nel giro di poche settimane, includendo anche queste posizioni, la presenza complessiva oltrepassa la soglia del 5%.

Perché tanto interesse? Perché Generali è uno snodo strategico del capitalismo finanziario italiano: primo gruppo assicurativo del Paese, azionista a sua volta di banche, società di gestione e player del risparmio gestito. Entrare nel capitale, per UniCredit, significava guadagnare peso in un tavolo dove si decidono equilibri che vanno ben oltre il solo business assicurativo.

La salita al 6,7% arriva in primavera, alla vigilia di un passaggio caldo: il rinnovo del consiglio di amministrazione del Leone. In quella fase, la banca guidata da Orcel si schiera con il fronte che chiedeva un cambio di governance, interpretato dagli osservatori come un modo per aumentare la propria influenza nel risiko che coinvolge anche Mediobanca, Banco BPM e altri protagonisti della finanza tricolore.

Il quadro però cambia nei mesi successivi. Il voto in assemblea non ribalta gli equilibri interni a Generali come auspicato da una parte degli azionisti, la partita sul controllo del gruppo assicurativo rimane nelle mani dei soci storici e il governo alza il livello di attenzione sulle grandi operazioni che possono ridisegnare la mappa del credito in Italia.

Così, durante l’audizione parlamentare di fine novembre, Orcel certifica la virata: la partecipazione di UniCredit è stata progressivamente ridotta fino a “poco più del 2%”. Il resto è stato monetizzato, con un guadagno non trascurabile dopo i rialzi del titolo Generali, e reinvestito nella strategia della banca.

“Investimento finanziario” e non conquista: cosa intende Orcel

Sin dalle prime comunicazioni, la linea del CEO è stata chiara: “Generali è una buona società italiana, ma per noi la partecipazione è un investimento finanziario”. Tradotto in termini operativi: nessun piano di acquisizione, nessuna integrazione tra banca e compagnia, nessuna volontà di mettere le mani sul controllo del Leone.

Nel corso dell’anno, mentre la quota oscillava tra il 4% e il 6-7%, Orcel ha ripetuto più volte che l’operazione rispondeva a tre logiche precise:

  • Rendimento: Generali offriva un profilo di ritorno interessante rispetto ai parametri interni di UniCredit, con dividendi generosi e prospettive di crescita solide.
  • Coerenza industriale: il gruppo assicurativo è partner di UniCredit in diversi mercati dell’Europa centro-orientale, soprattutto nei prodotti di protezione e risparmio, e un ruolo da azionista poteva rafforzare la relazione.
  • Potere negoziale: in un momento di forte consolidamento bancario e assicurativo, avere una presenza rilevante nel capitale del Leone significava sedersi al tavolo con maggior forza, in Italia e in Europa.

Con la riduzione al 2% circa, il messaggio cambia di tono, ma non di sostanza. Da un lato, UniCredit incassa la plusvalenza accumulata nei mesi di salita; dall’altro, mantiene una quota che continua a garantire visibilità sul gruppo assicurativo e, se necessario, uno spazio di manovra per future mosse finanziarie.

La formula scelta da Orcel in Parlamento è stata esplicita: “Possiamo immaginare forme di cooperazione con Generali, ma non abbiamo bisogno di essere azionisti rilevanti per farlo”. È il modo più diretto per ribadire che la banca non intende entrare nel gioco, politicamente sensibile, del controllo dell’assicuratore triestino.

L’audizione in Parlamento: il messaggio ai regolatori

Le parole su Generali non vanno lette isolate, ma all’interno di un’audizione ad altissima densità politica. Davanti ai senatori, Orcel ha messo in fila una serie di dati pensati per rafforzare la narrativa di UniCredit come pilastro della stabilità italiana:

  • Circa il 45% del bilancio del gruppo è concentrato in Italia, con il resto diviso tra Germania, Austria e Europa centro-orientale.
  • La banca serve oltre 8 milioni di clienti nel Paese, con una rete di filiali e canali digitali che copre anche le aree più periferiche.
  • In portafoglio ci sono circa 40 miliardi di titoli di Stato italiani, più di qualsiasi altro istituto, a testimonianza del ruolo di “ancora” del debito pubblico.
  • UniCredit gestisce in Italia centinaia di miliardi di risparmio tra depositi, fondi, polizze e altri strumenti di investimento.

Su questo sfondo il CEO ha difeso anche la contestata operazione su Banco BPM, spiegando che l’acquisizione, stoppata dal governo con l’esercizio del Golden Power, a suo avviso avrebbe rafforzato il sistema, ampliando il credito e migliorando l’offerta per famiglie e piccole imprese. Il ricorso presentato contro il provvedimento viene descritto come uno strumento per “chiarire il perimetro” entro cui la banca potrà muoversi in eventuali operazioni future.

Il sottotesto è semplice: UniCredit vuole continuare a giocare un ruolo da protagonista nel risiko bancario italiano ed europeo, ma pretende regole certe e un quadro politico che non tratti la sua crescita come una minaccia alla sicurezza nazionale.

La nuova strategia assicurativa: UniCredit si fa la “fabbrica” in casa

Se la quota in Generali arretra, il peso delle assicurazioni nel modello di business di UniCredit però aumenta. La differenza è che ora la banca punta a gestire direttamente una fetta crescente del business, anziché limitarsi a distribuire prodotti di partner esterni.

Negli ultimi anni il gruppo ha lavorato su due fronti:

  • creazione di una propria compagnia vita, UniCredit Life Insurance, attraverso il riassetto e il riacquisto delle joint venture bancassicurative con partner come CNP Assurances e Allianz;
  • rinforzo della gestione interna del risparmio tramite un team dedicato che sviluppa fondi e soluzioni di investimento “di casa”, da affiancare o sostituire progressivamente ai prodotti di terzi.

Il passo simbolico è arrivato con il lancio di “Premium One”, la prima polizza vita interamente progettata e gestita all’interno del gruppo, destinata soprattutto ai clienti di fascia alta e di private banking. Il prodotto investe in fondi assicurativi interni, gestiti direttamente dal team di asset management di UniCredit Life, e punta a far crescere le commissioni ricorrenti sfruttando la base clienti già esistente.

In questo contesto, una partnership industriale con Generali sul fronte assicurativo avrebbe avuto senso solo in presenza di condizioni molto favorevoli e realmente complementari. Non avendole riscontrate, la banca ha preferito incassare parte del guadagno e proseguire sulla strada della integrazione verticale del business assicurativo e del risparmio gestito.

Rapporto con Generali: da leva di pressione a opzione aperta

Il ridimensionamento della partecipazione non chiude il capitolo Generali per UniCredit, ma ne cambia il registro. Con una quota attorno al 2%, il Leone resta:

  • un partner commerciale in alcuni mercati europei, soprattutto nei prodotti di protezione e investimento collegati al risparmio;
  • una partecipazione potenzialmente strategica, qualora in futuro si aprissero finestre per accordi mirati o operazioni sul capitale;
  • un investimento ciclico su un grande gruppo assicurativo europeo, da gestire in base a valutazioni di mercato e di rischio-rendimento.

Il messaggio che arriva dalla Commissione è che UniCredit, almeno per ora, non vuole essere percepita come la banca che prova a spostare i pesi del sistema a colpi di blitz azionari sulle grandi assicurazioni. La priorità è consolidare il proprio percorso di crescita, mantenere un rapporto sano con i regolatori e continuare a generare utili e dividendi record per gli azionisti.

Per Generali, la scelta di Orcel è un segnale di relativa distensione: il Leone mantiene un azionista importante ma non “ingombrante”, mentre la vera partita sul suo futuro rimane ancorata agli equilibri tra i soci storici e alle grandi mosse del risiko finanziario che coinvolge anche Mediobanca e le altre big del credito italiano.

Cosa significa per il risiko bancario italiano

La mossa su Generali va letta insieme alle altre partite aperte da UniCredit: la possibile combinazione con Commerzbank in Germania, l’eventuale rilancio su Banco BPM, la gestione dei rapporti con partner come Amundi e Allianz in vista delle scadenze contrattuali.

Il filo conduttore è uno solo: Orcel vuole una banca più leggera, più redditizia e meno dipendente da grandi alleati esterni per la produzione di prodotti di investimento e di protezione. Da qui la spinta sulla bancassicurazione interna e l’attenzione alle commissioni, considerate la principale leva per sostenere utili elevati anche in un contesto di tassi in calo.

In questo schema, Generali è tornata a essere soprattutto ciò che il CEO dice fin dall’inizio: un ottimo investimento finanziario. La possibilità di cooperare – senza “bisogno” di una grande partecipazione – resta sul tavolo. Ma, almeno per ora, il baricentro della strategia UniCredit è altrove: nella crescita organica, nelle operazioni mirate e nel controllo sempre più diretto di ciò che vende ai propri clienti.        

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