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Azimut, lo stop di Bankitalia che scuote il progetto Tnb

- di: Jole Rosati
 
Azimut, lo stop di Bankitalia che scuote il progetto Tnb
Azimut, lo stop di Bankitalia che scuote il progetto Tnb
Crollo in Borsa, governance da rifare e il futuro di The Next Bank tra Italia e Svizzera. Ecco che cosa sta succedendo davvero dentro il gruppo guidato da Pietro Giuliani, perché la vigilanza ha alzato la voce e quali scenari si aprono ora per azionisti, clienti e consulenti.
 
(Foto: Pietro Giuliani, presidente e fondatore di Azimut).

Che cosa è successo ad Azimut

Una ispezione ordinaria di Banca d’Italia su Azimut Capital Management Sgr, il cuore italiano del gruppo Azimut dedicato alla gestione del risparmio, ha fatto emergere “rilevanti carenze di governance e organizzative”. Da qui una conseguenza tutt’altro che teorica: la vigilanza ha imposto uno stop alle operazioni straordinarie della società, bloccando di fatto il percorso verso la nascita di Tnb – The Next Bank, la nuova banca digitale di consulenza patrimoniale che Azimut sta costruendo insieme al fondo FSI.

La notizia è rimbalzata immediatamente sulla Borsa di Milano: il titolo Azimut Holding è precipitato in seduta fino a perdere oltre il 15%, per poi chiudere comunque in forte ribasso attorno al 10%, in un classico panic selling che ha fatto tremare gli azionisti e interrogare il mercato sulla tenuta del progetto Tnb e sulla qualità dei controlli interni del gruppo.

Che cos’è Tnb e perché è così importante

The Next Bank è uno dei pilastri della strategia di lungo periodo di Azimut. Il progetto prevede la creazione di una banca digitale focalizzata sulla consulenza patrimoniale evoluta, con un modello che integra tecnologia, rete di consulenti e gestione professionale degli investimenti.

Secondo gli accordi vincolanti già sottoscritti, Azimut conferirebbe in Tnb un perimetro selezionato delle attività distributive italiane, inclusi circa mille consulenti finanziari e oltre 25 miliardi di masse amministrate. In una fase successiva, il gruppo cederebbe a FSI circa l’80% del capitale di Tnb, per un valore potenziale complessivo nell’ordine di 1,2 miliardi di euro, tra cash up-front e meccanismi di earn-out legati ai risultati futuri.

L’obiettivo dichiarato è trasformare Tnb in una banca nativa digitale, capace di unire la relazione personale del consulente con strumenti, piattaforme e processi tipici del fintech. Il progetto è pensato come un ponte tra l’universo delle reti di consulenza e quello bancario, con la prospettiva di espansione internazionale una volta consolidato il modello in Italia.

Le richieste della vigilanza e il nodo governance

Il punto non è la solidità del gruppo nel suo complesso, ma la sua architettura di governo societario, in particolare all’interno di Azimut Capital Management. Dalla revisione ispettiva sono emerse criticità legate all’assetto organizzativo e al sistema dei controlli interni, con l’esigenza di rafforzare funzioni di supervisione, flussi informativi e processi decisionali.

In concreto, la vigilanza ha chiesto al gruppo di ridefinire la governance della Sgr, rendendola più aderente alla complessità delle attività svolte e al ruolo che ACM è destinata ad avere nell’operazione Tnb. Tra le misure allo studio rientra l’introduzione di un direttore generale con responsabilità operative chiare e la revisione del ruolo dei consiglieri che siedono contemporaneamente nel consiglio della Sgr e in quello della holding, con l’obiettivo di ridurre sovrapposizioni e possibili conflitti di interesse.

Azimut dovrà presentare entro il 30 novembre 2025 un piano di azione dettagliato con tutte le misure correttive e, in parallelo, un nuovo piano industriale 2026-2028 per Azimut Capital Management. Le azioni previste dovranno essere implementate entro il 30 aprile 2026, prima che la società possa tornare a muoversi con libertà sul fronte delle operazioni straordinarie e, soprattutto, prima che il progetto Tnb possa avanzare verso le autorizzazioni definitive.

Un punto chiave, però, è che la piena attuazione del piano di rimedio non garantisce automaticamente il via libera al progetto Tnb: la vigilanza ha chiarito che le autorizzazioni seguiranno tempi e valutazioni autonome. In altre parole, Azimut deve prima dimostrare di aver rimesso in ordine la casa; soltanto dopo si potrà parlare seriamente di licenza bancaria per Tnb.

La linea del management: avanti tutta su Tnb

Di fronte alla violenta reazione del mercato, il presidente e fondatore Pietro Giuliani ha scelto di non arretrare di un passo, né sul progetto Tnb né sulla fiducia nel gruppo. Non solo ha ribadito la volontà di portare a termine l’operazione, ma ha annunciato di voler comprare personalmente azioni Azimut per alcuni milioni di euro nei giorni successivi.

In un passaggio destinato a fare rumore, Giuliani ha parlato di un clima di eccesso emotivo sui mercati e ha commentato con toni netti: “Ritengo che quanto sta accadendo sul titolo Azimut sia inaspettato e irrazionale. Le attuali quotazioni rappresentano per gli investitori un’ottima opportunità di acquisto e di rafforzamento delle proprie posizioni”, spiegando di voler dare un segnale concreto con l’aumento del suo investimento personale.

Il presidente ha poi voluto sgombrare il campo da qualsiasi sospetto di speculazione: “Lo anticipo al mercato perché non vorrei che, in questo clima di caccia alle streghe, qualcuno pensasse che in qualche modo sia coinvolto nei movimenti del titolo per trarne profitto personale”, sottolineando come la sua intenzione sia opposta: sostenere il valore della società e del progetto industriale nel momento di maggiore pressione.

Sul fronte strategico, Giuliani ha ribadito che Tnb resta una priorità e che, se il percorso autorizzativo in Italia dovesse farsi troppo complicato o lento, il gruppo potrebbe valutare l’ipotesi di richiedere la licenza bancaria in altri Paesi, come la Svizzera, dove Azimut è già presente con proprie attività. Una sorta di piano B che il mercato ha letto come un segnale di determinazione, ma che mette anche in luce la crescente concorrenza tra piazze finanziarie sulla regolazione dei modelli fintech.

Dividendi e buyback: che cosa rischiano gli azionisti

Una delle prime domande degli investitori è stata se le richieste della vigilanza potessero tradursi in uno stop alla politica di dividendi e al maxi programma di buyback annunciato dal gruppo.

Azimut ha risposto con una posizione molto netta. Da un lato ha ricordato che Azimut Holding non è sottoposta a vigilanza prudenziale bancaria, quindi la Banca d’Italia non può imporre direttamente modifiche alle politiche di distribuzione degli utili della holding quotata. Dall’altro, il management ha confermato che il programma di acquisto e cancellazione di azioni proprie fino a 500 milioni di euro, da realizzare in 18-24 mesi, resta sul tavolo, così come la linea di continuità nella remunerazione degli azionisti.

In più occasioni Giuliani ha ricordato che solo l’assemblea degli azionisti è legittimata a modificare la politica dei dividendi del gruppo. Il messaggio è chiaro: per quanto la partita con la vigilanza sia delicata, la volontà del management è quella di difendere il rendimento per gli azionisti e mantenere la strategia di creazione di valore già comunicata al mercato.

I tempi del piano e i possibili scenari per Tnb

La roadmap imposta dalla vigilanza è serrata. Entro fine novembre Azimut deve consegnare il piano di rimedio completo per Azimut Capital Management e il nuovo piano industriale 2026-2028. Entro il 30 aprile 2026 tutte le misure dovranno essere operative e verificabili. Solo dopo potrà riaprirsi la partita delle operazioni straordinarie, tra cui il conferimento dei rami d’azienda in Tnb e il successivo ingresso di FSI all’80%.

Nel frattempo, il gruppo ha già aggiornato la tempistica complessiva del progetto, con la nascita operativa di Tnb attesa tra la primavera e l’estate 2026, in linea con le finestre autorizzative attese. Si tratta quindi di un congelamento temporaneo, più che di una bocciatura definitiva. Ma resta il fatto che l’esito ultimo dipenderà dalla valutazione delle autorità, non solo dalla buona volontà di Azimut.

Gli scenari possibili, ad oggi, sono essenzialmente tre:

  • Scenario base: Azimut completa il piano di rimedio nei tempi indicati, la vigilanza giudica adeguate le nuove strutture di governance e concede le autorizzazioni per Tnb in Italia, con l’avvio della banca digitale nel 2026.
  • Scenario di rinvio: l’attuazione del piano richiede più tempo o emergono ulteriori richieste di aggiustamento, spostando in avanti la nascita di Tnb e la valorizzazione dell’investimento con FSI.
  • Scenario alternativo: qualora il dialogo con la vigilanza italiana si complicasse, il gruppo potrebbe puntare con più decisione su una licenza in un altro Paese europeo o in Svizzera, con una struttura transfrontaliera più complessa ma potenzialmente più flessibile.

Cosa significa per clienti e consulenti

Per i clienti finali, le indicazioni arrivate dal gruppo e dalla stessa ispezione sono rassicuranti su un punto centrale: le carenze individuate riguardano assetto organizzativo e controlli, non i portafogli o i prodotti collocati presso la clientela. Non emergono quindi segnali di rischio immediato su investimenti già in essere o sulla continuità dei servizi.

Per la rete di consulenti finanziari, il quadro è più articolato. Nel breve periodo, il blocco delle operazioni straordinarie potrebbe significare slittamento dei piani di riorganizzazione legati alla nascita di Tnb, con un prolungamento dello status quo. Nel medio periodo, però, un rafforzamento della governance e dei controlli interni potrebbe tradursi in un ambiente operativo più stabile, con processi più chiari e una maggiore riconoscibilità del marchio Tnb una volta avviato il progetto.

Sullo sfondo, resta il tema della fiducia nel sistema della consulenza: la decisione di Banca d’Italia invia un messaggio a tutto il settore, ricordando che l’innovazione fintech e i modelli ibridi banca-rete devono poggiare su strutture di governance robuste e su controlli effettivi, non solo sulla spinta commerciale o sull’entusiasmo dei mercati.

Il bivio di Azimut tra mercato e regolatore

Il caso Azimut-Tnb è destinato a diventare un test di sistema sul rapporto tra vigilanza, innovazione bancaria e mercati finanziari. Da un lato, un gruppo che ha costruito una storia di crescita e internazionalizzazione punta su una banca digitale per dare un’accelerazione ulteriore al proprio modello di business. Dall’altro, un regolatore che ricorda come la velocità dei progetti debba essere compatibile con la qualità dei presidi di governance.

In mezzo, ci sono gli azionisti, che hanno visto in poche ore bruciare una fetta significativa di capitalizzazione, e i risparmiatori, che guardano con attenzione alle mosse dei grandi gruppi di consulenza. Il prossimo passaggio sarà la presentazione del piano di rimedio di fine novembre: sarà il primo banco di prova per capire se il percorso di riallineamento con la vigilanza può procedere in modo costruttivo e se il sogno di The Next Bank rimarrà tale o diventerà davvero una nuova banca digitale nel panorama europeo.

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