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Il caldo uccide: in Europa morti triplicate per la crisi climatica

- di: Vittorio Massi
 
Il caldo uccide: in Europa morti triplicate per la crisi climatica
Lo studio shock di Londra su 12 città: il 65% dei decessi evitabile. Milano, Parigi, Roma tra le più colpite. “Paghi chi inquina”, l’affondo di Greenpeace.

Il caldo che uccide più delle alluvioni: i numeri nascosti della crisi climatica

Tre volte più letale. È questo l’impatto reale della crisi climatica sulle morti da ondate di calore in Europa, secondo uno studio pubblicato il 9 luglio 2025 e diffuso da Greenpeace. Lo studio – basato su metodi peer-reviewed e su modelli climatici validati – ha analizzato gli effetti dell’ondata di calore che ha colpito il continente tra il 23 giugno e il 2 luglio, e i risultati sono spaventosi: 1.500 dei 2.300 decessi stimati in 12 città europee sarebbero direttamente riconducibili al cambiamento climatico antropogenico, ovvero causato da attività umane come l’uso di combustibili fossili.

Milano, Parigi e Roma in testa: i numeri della strage estiva

Le cifre dicono tutto. Secondo la stima, Milano ha registrato 317 morti in eccesso, seguita da Barcellona (286), Parigi (235) e Roma (164). Londra ne conta 171, mentre Atene ne ha registrati 96. Anche città di dimensioni più contenute, come Sassari (6 decessi stimati) o Francoforte (21), non sono state risparmiate.

Numeri che superano, per impatto umano, tragedie recenti come le alluvioni di Valencia del 2024 o quelle nel nord Europa nel 2021. “In silenzio e senza far notizia, l’emergenza climatica sta già mietendo più vittime dei disastri spettacolari da prima pagina”, ha commentato il Guardian il 9 luglio.

Quattro gradi in più: le città-caldaia europee

Il modello scientifico ha stimato che il cambiamento climatico ha aumentato le temperature dell’ondata di calore fino a +4°C rispetto a uno scenario senza emissioni umane, accentuando il rischio per le fasce più vulnerabili. Secondo lo studio, l’88% dei morti aveva più di 65 anni, ma non si tratta solo di una questione di età: c’è una chiara correlazione con povertà, isolamento sociale, malattie croniche e mancanza di infrastrutture di adattamento urbano.

In Italia, Federico Spadini della campagna clima di Greenpeace ha lanciato l’allarme: “Per fermare questa crisi servono governi coraggiosi che escano dal fossile e aziende chiamate a risarcire i danni causati dalle loro emissioni fuori controllo”.

Uno studio “lampo” con metodi solidi

Pur essendo una rapid attribution study – ovvero un’analisi prodotta a ridosso dell’evento per valutarne la connessione col riscaldamento globale – lo studio ha seguito metodologie consolidate e già usate in contesti internazionali.

Già nel luglio 2023, un’analisi simile aveva stabilito che l’ondata che colpì l’Italia, la Spagna e la Grecia non sarebbe stata possibile senza l’effetto delle emissioni climalteranti. La differenza oggi è che si quantificano anche le vittime, rendendo evidente che i morti da cambiamento climatico non sono più ipotetici: sono già qui.

La pressione sui governi: dalla tassa ai profitti fossili ai piani di adattamento

L’ondata di luglio ha anche riacceso il dibattito su una fossil windfall tax, una tassa straordinaria sui profitti delle grandi compagnie petrolifere. Il tema è già sul tavolo della nuova Commissione europea, con la commissaria uscente all’Ambiente che ha definito l’idea “tecnicamente fattibile e moralmente doverosa”.

In parallelo, aumentano le pressioni per piani di adattamento urbano: tetti verdi, aree d’ombra, sistemi di allarme precoce e centri refrigerati per gli anziani. Ma in molte città europee – e italiane – queste misure sono ancora allo stadio sperimentale. A Roma, il piano “Estate Sicura” prevede 200 “case del fresco”, ma molte sono rimaste chiuse per mancanza di personale.

L’illusione dell’adattamento senza mitigazione

Secondo l’epidemiologo Antonio Gasparrini, tra gli autori dello studio, “adattarsi senza agire sulle cause è come alzare i muri di una diga rotta: può reggere un po’, ma non reggerà per sempre”.

Un’affermazione che suona come una sentenza. Perché mentre si discute di piantare alberi o rifare i marciapiedi con materiali riflettenti, le temperature salgono, i decessi aumentano e le città diventano trappole termiche.

Clima, invecchiamento e diseguaglianze: la bomba sociale del XXI secolo

La vulnerabilità al caldo estremo si intreccia con la più grande trasformazione demografica in corso: l’invecchiamento della popolazione europea. In Italia, secondo Istat, il 24,1% della popolazione ha più di 65 anni, e molti vivono soli o in condizioni precarie. “La combinazione di isolamento sociale e ondate di calore è un killer silenzioso”, ha spiegato il climatologo Paolo Ruti.

Le città sono progettate per altri climi, per altre generazioni. Oggi, urbanistica e giustizia climatica devono camminare insieme, perché il rischio non è solo ambientale ma sociale. L’heat equity – il diritto a non morire di caldo – diventa un nuovo criterio di equità e salute pubblica.

Il tempo è scaduto, e non solo d’estate

La conclusione degli scienziati è netta: l’umanità ha già superato la soglia della sicurezza climatica. Ciò che era eccezionale, oggi è regolare. Ciò che era “allarme rosso”, oggi è routine.

Eppure, mentre i rapporti scientifici si accumulano e le città contano i morti, l’azione politica continua a procedere come se ci fosse tempo. Non c’è più tempo.

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