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Bankitalia: “Manovra senza effetti significativi sulla distribuzione del reddito”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Bankitalia: “Manovra senza effetti significativi sulla distribuzione del reddito”

Nessun effetto redistributivo di rilievo. È questa la sintesi della valutazione che Banca d’Italia ha fornito oggi in Parlamento sulla legge di Bilancio 2026, durante l’audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato.

Bankitalia: “Manovra senza effetti significativi sulla distribuzione del reddito”

Secondo Fabrizio Balassone, vice capo del Dipartimento Economia e Statistica di via Nazionale, le principali misure fiscali e sociali previste dal Governo “non comportano variazioni significative della disuguaglianza nella distribuzione del reddito disponibile equivalente tra le famiglie”.

Un giudizio che arriva nel pieno del dibattito politico sul taglio dell’Irpef, una delle misure-bandiera della manovra.

Il taglio dell’Irpef e chi ne beneficia
Nel dettaglio, la riduzione dell’aliquota Irpef per il secondo scaglione di reddito – ossia per i contribuenti con redditi compresi tra 15.000 e 28.000 euro – “favorisce i nuclei appartenenti ai due quinti più alti della distribuzione del reddito”, ha spiegato Balassone, “ma con una variazione percentualmente modesta del reddito disponibile”.

In altre parole, la misura produce un vantaggio reale soprattutto per la fascia medio-alta, ma l’impatto complessivo resta limitato: il beneficio medio, stimano gli analisti di Bankitalia, si traduce in un aumento contenuto del potere d’acquisto, inferiore all’1% del reddito familiare.

L’obiettivo, secondo il Governo, è di sostenere il ceto medio attraverso la riduzione temporanea dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente, ma l’effetto redistributivo risulta quasi neutro.

Gli interventi sociali e l’Isee
Sul fronte opposto, gli interventi in materia di assistenza sociale – che comprendono le misure di contrasto alla povertà e gli aggiustamenti sui trasferimenti alle famiglie – “si concentrano sui primi due quinti della distribuzione”, ha ricordato Balassone.
Anche in questo caso, tuttavia, l’effetto resta modesto, sia per l’entità delle risorse stanziate sia per la natura frammentata degli interventi.

Un discorso analogo vale per le modifiche al calcolo dell’Isee, che, secondo Bankitalia, “non determinano cambiamenti rilevanti nella distribuzione complessiva del reddito disponibile”.

Disuguaglianza invariata
Complessivamente, ha osservato Balassone, il quadro redistributivo della manovra resta sostanzialmente invariato.
“Le misure nel loro insieme non comportano variazioni significative della disuguaglianza nella distribuzione del reddito disponibile”, ha affermato, ribadendo che l’impatto del combinato disposto tra taglio fiscale e sostegni sociali è troppo contenuto per modificare l’equilibrio complessivo.

Un modo per dire che la manovra, pur con alcune finalità redistributive, non sposta in modo sensibile il baricentro economico del Paese: le fasce più alte beneficiano di un alleggerimento marginale delle imposte, mentre le più fragili ricevono un supporto sociale insufficiente a invertire il trend di disuguaglianza.

Il contesto: crescita debole e inflazione in calo
L’analisi di via Nazionale si colloca in un momento di rallentamento della crescita e di progressiva discesa dell’inflazione, con il Pil fermo allo 0,5% di crescita acquisita per il 2025, secondo le stime Istat.
In questo contesto, le scelte di bilancio risultano improntate più alla prudenza che alla redistribuzione: nessuna scossa ai conti pubblici, ma neppure una riduzione tangibile delle disuguaglianze.

Una manovra di continuità

L’impressione generale – confermata dai numeri di Bankitalia – è che il Governo abbia scelto una manovra di continuità, che punta a garantire stabilità e consenso, più che a intervenire in modo strutturale sulla forbice sociale.

Il taglio Irpef, spiegano da Palazzo Koch, “favorisce la parte centrale e alta della distribuzione, ma con benefici percentuali contenuti”, mentre gli interventi sociali, pur diretti verso i redditi bassi, “non hanno la forza di modificare significativamente l’assetto redistributivo complessivo”.

Il risultato finale è un Paese che resta fermo sul piano delle disuguaglianze: le famiglie più povere continuano a soffrire l’erosione dei salari reali, mentre le più agiate traggono vantaggi fiscali marginali ma cumulativi.

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