L’Australia vieta i social agli under 16. Albanese: “Troppi algoritmi predatori”
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

Da oggi in Australia i bambini non potranno più avere un profilo social. Nessun account su Instagram, TikTok, Snapchat, YouTube. È il primo Paese al mondo a spegnere, per legge, l’accesso ai social sotto i 16 anni. Una decisione radicale che porta la firma del premier Anthony Albanese, leader laburista classe 1963, cresciuto nei quartieri popolari di Sydney e primo ministro dal 2022, noto per le sue politiche sociali e per una comunicazione diretta, spesso emotiva. È lui che parla da mesi di “algoritmi predatori”, di adolescenti travolti dal peggio del web, di famiglie lasciate sole davanti ai colossi digitali.
L’Australia vieta i social agli under 16. Albanese: “Troppi algoritmi predatori”
Il provvedimento ora in vigore riguarda dieci piattaforme: Instagram, Facebook, Threads, X, Snapchat, Kick, Twitch, TikTok, Reddit e YouTube. A vigilare non saranno le famiglie ma le aziende: chi non metterà in campo “misure ragionevoli” per bloccare l’accesso ai minori rischia multe fino a 49,5 milioni di dollari australiani, circa 28 milioni di euro. Una sanzione che fa capire la serietà dell’intento.
Genitori e ragazzi, invece, non potranno essere perseguiti in caso di violazioni. Una scelta politica precisa: la responsabilità ricade sulle piattaforme, non su chi le utilizza.
Perché il governo è intervenuto: “Il benessere dei giovani è stato distrutto”
Albanese parla di un'urgenza sociale. “In molti casi il benessere dei giovanissimi è stato distrutto dal peggio dei social”, ripete. E cita le storie dei genitori che hanno perso figli in situazioni estreme, dopo mesi di bullismo digitale o isolamento. Questa riforma dura nasce anche da lì: da un dolore collettivo che ha attraversato il Paese. E da un consenso trasversale, perché la proposta lanciata nel 2024 dal premier laburista ha trovato sostegno pure nell’opposizione conservatrice.
Le critiche: “Non funzionerà”
Non tutti, però, credono nella tenuta del nuovo sistema. La leader dell’opposizione, Sussan Ley, avverte: “Non sono fiduciosa”. È scettica sull’efficacia dei controlli, convinta che eludere il divieto non sarà difficile per molti adolescenti. Albanese non nega le criticità: “Sappiamo dall’inizio che non sarà perfetto al 100%. Ma il messaggio è al 100% chiaro”.
I colossi digitali si adeguano, ma la battaglia legale è possibile
Le piattaforme coinvolte hanno già fatto sapere di essere pronte ad adeguarsi, pur senza grande entusiasmo. È probabile che qualche big tech decida di sfidare la legge nelle aule dei tribunali, sostenendo che la misura sia troppo restrittiva o tecnicamente complessa da applicare.
Intanto, però, Canberra tira dritto: la tutela dei minori viene prima della libertà delle piattaforme.
Un precedente che fa scuola
La portata della decisione è globale. Nessun altro Paese ha imposto un divieto totale ai minori. Norme restrittive sono in discussione in Malesia, Spagna, Norvegia, ma nessuno è arrivato alla linea australiana.
In Italia, dove la soglia minima è 14 anni (con consenso dei genitori per chi è più piccolo), il dibattito è aperto e la mossa di Canberra potrebbe pesare sulle future scelte legislative.
L’appello del premier ai ragazzi: “Meno scrolling, più vita vera”
Nel giorno dell’entrata in vigore della legge, Albanese ha parlato direttamente ai ragazzi: “Smettetela di fare scrolling sul telefono. Iniziate uno sport, imparate a suonare uno strumento, leggete un libro”.
Poi ha insistito sulla necessità di trascorrere “tempo di qualità con amici e famiglia”. Il cuore della riforma è tutto qui: togliere qualcosa di digitale per restituire qualcosa di umano.