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Asia, la tecnologia alza la testa e scommette sulla Fed

- di: Matteo Borrelli
 
Asia, la tecnologia alza la testa e scommette sulla Fed
Listini da Tokyo a Mumbai in rialzo moderato, trainati dal rimbalzo dei big dell’intelligenza artificiale e dalla crescente fiducia in un taglio dei tassi Usa a dicembre. Ma tra Pechino e Tokyo è gelo, e i conti pubblici giapponesi continuano a spaventare i mercati.

Le Borse asiatiche hanno aperto la settimana con il piede giusto, agganciandosi al rally tecnologico partito da Wall Street e alimentato dall’ennesima ondata di entusiasmo per l’intelligenza artificiale e per un possibile taglio dei tassi della Federal Reserve nella riunione di dicembre.

L’indice che raggruppa i listini dell’Asia Pacifico escluso il Giappone ha recuperato tra lo 0,7% e l’1%, riportandosi in parte dai ribassi di circa il 4% accumulati la scorsa settimana, quando i dubbi su una bolla AI avevano fatto scattare prese di profitto pesanti sui titoli tech.

La scossa tech rimette in moto l’Asia

A guidare il rimbalzo sono state ancora una volta le piazze più esposte alla nuova economia. A Hong Kong l’indice Hang Seng si è mosso in rialzo di circa l’1%, con il paniere tecnologico locale ancora più tonico. La mossa è stata sostenuta dai colossi di internet e dai titoli legati all’AI: Alibaba ha beneficiato del successo della nuova app Qwen AI, che in una sola settimana ha superato i 10 milioni di download, oltre che delle attese per i conti trimestrali in arrivo.

In Corea del Sud il Kospi ha guadagnato poco meno dell’1%, grazie al ritorno di flussi in acquisto sui grandi nomi dei semiconduttori e dell’hardware. La struttura dell’indice – fortemente sbilanciata sulla tecnologia – lo aveva reso uno dei più colpiti durante la correzione delle ultime settimane; oggi la stessa caratteristica diventa leva del rimbalzo.

Anche Taiwan si è allineata alla narrativa “AI più tassi in discesa”: il Taiex è salito di oltre l’1%, con gli investitori tornati sui produttori di chip dopo aver assorbito la correzione delle valutazioni.

Tokyo frenata da debito e gelo con Pechino

Il Giappone è rimasto il grande malato della seduta. Dopo un lungo weekend festivo, il Nikkei 225 ha messo a segno un rialzo solo frazionale – intorno allo 0,1-0,2% – mentre il Topix è rimasto sostanzialmente piatto o leggermente negativo, segnale che la spinta dei titoli tech non basta a compensare le paure sul fronte fiscale.

Il governo guidato da Sanae Takaichi si prepara ad allargare ancora la spesa pubblica, e i rendimenti dei titoli di Stato giapponesi a lunga scadenza restano vicini ai massimi di più decenni toccati la scorsa settimana. Un Giappone che deve pagare interessi sempre più alti è una zavorra strutturale per la Borsa, anche in un contesto globale più accomodante.

A pesare su Tokyo c’è poi la disputa diplomatica con la Cina, che non accenna a rientrare. Le cronache di mercato segnalano migliaia di cancellazioni di voli da parte di turisti cinesi verso il Giappone, con ricadute immediate sui titoli del turismo e dell’intrattenimento: le azioni di ANA Holdings e Japan Airlines hanno ceduto terreno, mentre anche le compagnie aeree cinesi hanno prolungato la scia di ribassi.

Cina e Hong Kong, la scommessa sull’AI di Alibaba

Sulla Cina continentale il quadro è apparso più costruttivo, almeno sui listini. L’indice CSI 300 – che riunisce Shanghai e Shenzhen – è salito di poco meno dell’1%, mentre lo Shanghai Composite si è mosso attorno a +0,8/0,9%, trainato dai titoli tecnologici domestici e dai produttori di chip sostenuti dalla strategia di Pechino sulla sovranità tecnologica.

A Hong Kong, oltre ad Alibaba, si sono messi in luce i campioni locali dell’elettronica di consumo e dello smartphone. In tarda mattinata l’indice aveva già accumulato guadagni nell’ordine dello 0,8-1,2%, portandosi sui massimi di circa una settimana dopo la forte seduta precedente.

In parallelo, a Wall Street il Nasdaq ha messo a segno il balzo giornaliero più forte da mesi, con l’S&P 500 in rialzo di oltre l’1,5% e i big dell’AI tornati a fare da locomotiva. Il rimbalzo dei listini americani ha fornito una base solida per il recupero asiatico.

Mumbai più cauta, Sud-est asiatico alla finestra

Non tutta l’Asia, però, è salita con la stessa convinzione. A Mumbai il Sensex e il Nifty 50 hanno oscillato tra piccoli rialzi e modesti ribassi, rimanendo comunque vicini ai massimi storici. All’avvio della seduta l’indice principale cedeva poco più dello 0,1%, segnale che gli investitori indiani scelgono la prudenza dopo una lunga cavalcata, nonostante le indicazioni positive in arrivo dal resto della regione.

Nel Sud-est asiatico i listini sono apparsi più difensivi: a Singapore lo Straits Times ha segnato un lieve calo, attorno a un terzo di punto percentuale, complice la debolezza dei finanziari; a Sydney l’ASX 200 ha oscillato poco sopra e poco sotto la parità, con i titoli minerari sostenuti dal rialzo del prezzo del minerale di ferro ma il resto del listino più guardingo.

Anche Jakarta, Kuala Lumpur e Bangkok hanno registrato movimenti contenuti, con gli investitori locali concentrati sulle dinamiche politiche domestiche e su una crescita globale che resta solida ma non travolgente.

Valute, oro e gas: il termometro del risk-on

Il rimbalzo azionario asiatico si inserisce in un contesto di mercati globali tornati a scommettere sul taglio dei tassi Usa. Dopo una serie di interventi più morbidi da parte di vari membri della Fed, gli operatori prezzano ormai fra il 70% e oltre l’80% di probabilità che l’istituto centrale abbassi il costo del denaro di 25 punti base nella riunione del 9-10 dicembre.

Sulle valute questo si traduce in un dollaro ancora robusto ma meno dominante: l’indice che misura la forza del biglietto verde resta poco sopra quota 100, mentre l’euro recupera qualche decimale e lo yen continua a indebolirsi, con il cambio dollaro/yen che oscilla nell’area 156-157, livello che mantiene alta l’attenzione su possibili nuove mosse delle autorità giapponesi.

Sul fronte delle materie prime, l’oro consolida sopra i 4.100 dollari l’oncia dopo il balzo di quasi il 2% messo a segno all’inizio della settimana, proprio sulla scia delle aspettative di un allentamento della Fed. Un metallo prezioso così forte, insieme a rendimenti obbligazionari in discesa, racconta un mercato che torna a scommettere sull’idea di “atterraggio morbido” dell’economia americana ma non smette di cercare protezione.

Il petrolio si muove in modo più prudente: il Brent resta nell’area dei 63 dollari al barile e il WTI poco sotto i 59, dopo una seduta in cui le quotazioni hanno guadagnato circa l’1% tra i dubbi sulla tenuta dei negoziati di pace e la prospettiva di una domanda leggermente più debole nei prossimi mesi.

Il gas naturale resta un altro termometro importante per l’Europa e per l’Asia. Negli Stati Uniti i future oscillano intorno ai 4,6 dollari per milione di BTU, mentre in Europa il riferimento olandese TTF si è assestato appena sotto i 30 euro al megawattora, ai minimi da un anno e mezzo, grazie a stoccaggi pieni e flussi di GNL ancora sostenuti.

L’Europa guarda all’apertura: futures cauti ma positivi

L’effetto Asia si riflette anche sui futures europei, che disegnano un’apertura in lieve rialzo per i listini del Vecchio continente. I contratti sull’Euro Stoxx 50 avanzano di circa lo 0,7%, quelli sul Dax di poco meno dell’1%, mentre i future sul Ftse 100 di Londra si muovono intorno a mezzo punto percentuale sopra la parità.

Dall’altra parte dell’Atlantico, i futures su S&P 500 e Nasdaq 100 appaiono più nervosi dopo il rally di inizio settimana, con movimenti frazionali nelle contrattazioni asiatiche. Gli operatori sanno che una parte importante del gioco si deciderà nei prossimi giorni, quando arriverà la raffica di dati ufficiali rinviati per lo shutdown del governo federale: produzione industriale, inflazione PCE, fiducia dei consumatori.

In questo contesto, l’Asia torna a fare da cartina di tornasole del sentiment globale: da un lato la sete di tecnologia e di intelligenza artificiale, dall’altro le fratture geopolitiche e i conti pubblici di Paesi come il Giappone che non consentono vere fughe in avanti.

La giornata consegna ai mercati europei un messaggio chiaro: la voglia di rischio sta tornando, ma su fondamenta ancora fragili. E, come sempre più spesso accade, la direzione la deciderà una banca centrale a oltre diecimila chilometri di distanza.

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