Ecologia e ipocrisia, l’Ape lascia l’Italia per Africa e India

- di: Bruno Chiavazzo (giornalista e scrittore)
 
Mi ha colpito recentemente una piccola notizia passata quasi inosservata: dopo 76 anni la Piaggio cessa la produzione dell’Ape in Italia. Un colpo di genio firmato Corradino D’Ascanio per permettere agli italiani, addirittura alle italiane, di muoversi in libertà ed economia tra gli affanni del dopoguerra. 
Era il 1946. L’Ape comparve due anni dopo e nello stabilimento di Pontedera, dove veniva prodotta, ne sono uscite oltre 2 milioni. Da ora in avanti, però, la piccola tre ruote sarà realizzata e venduta esclusivamente in India e in Africa. 
Vabbè, uno dirà, sono gli effetti della globalizzazione: manodopera meno cara, diritti sindacali inesistenti e, invece, no. La decisione della Piaggio di spostare la produzione dall’Italia è stata determinata solo dai vincoli in materia di emissioni inquinanti e di sicurezza presenti in Italia e in Europa. L’Ape a tre ruote che ha segnato la vita e il lavoro di milioni di italiani, usata per tutto e di più, come veicolo familiare, per trasporto di cose e animali, monta da sempre un motore a due tempi Euro 4 troppo “inquinante” per l’atmosfera europea, ma assolutamente compatibile con quella indiana e africana. 
Anche la sicurezza di chi ci viaggia è inadatta a noi occidentali, ma va benissimo per gli indiani e gli africani. È come se l’atmosfera, gli oceani e i mari, avessero gli stessi confini degli Stati. Le emissioni dell’inquinante motore a scoppio a due tempi dell’Ape Piaggio si fermano ai confini dell’India e dell’Africa e non li oltrepassano per la gioia di noi evoluti e green, tutta salute, invece, per i tre miliardi di persone che vivono in quei posti. Ma noi ci sentiamo a posto con la coscienza ed è un bel sentire. 
Assistiamo ogni giorno ad immagini terrificanti provenienti da quelle latitudini: campi profughi sommersi da immondizia, milioni di persone che respirano concentrati di schifezze, scarichi fognari direttamente a mare, fiumi di melma dove persone si lavano, per non parlare dei bombardamenti a ridosso dei confini europei con tutte le sostanze chimiche e radioattive che vengono rilasciate dalle esplosioni, ma da noi si bloccano le autostrade, si imbrattano le tele nei musei per protestare contro l’inquinamento. 
È l’ipocrisia che ci ammazza. È la trave negli occhi dei nostri simili che non vediamo, ma stiamo attentissimi alla pagliuzza nei nostri che curiamo subito con il collirio. Ci stiamo distruggendo da soli con il politicamente corretto, con l’ecologia d’accatto, con la regola del “fate quello che dico io, ma non fate quello che faccio io”. Poi ci lamentiamo se quei poveri cristi che respireranno i fumi dell’Ape Piaggio prenderanno il primo barchino disponibile, con tanto di motore diesel, per raggiungere Lampedusa.

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