Il concetto di albergo diffuso, nato in Italia come risposta innovativa al recupero dei borghi storici e alla valorizzazione delle comunità locali, ha attirato l’attenzione del Giappone, che guarda con interesse a questo format capace di coniugare turismo, economia circolare e rigenerazione territoriale.
Albergo diffuso, il modello italiano che conquista Tokyo: economia dei borghi e sfida allo spopolamento
A Tokyo un simposio ha messo a confronto le esperienze maturate in Italia con le prospettive di applicazione in un Paese che vive dinamiche simili di spopolamento delle aree rurali e necessità di rilancio delle economie locali.
Un modello nato tra le montagne italiane
Daniele Kihlgren, fondatore di Sextantio, è considerato uno dei pionieri di questa formula di ospitalità. Scoprendo un borgo abruzzese quasi disabitato, ha investito risorse ed energie nel restauro conservativo delle abitazioni, trasformandole in stanze e spazi comuni senza alterarne l’identità. Così è nato Sextantio, un albergo diffuso che ha dato nuova linfa al paese, attirando turismo internazionale e creando opportunità di lavoro per le comunità locali.
L’impatto non si è limitato al settore turistico: il progetto ha stimolato l’artigianato, la filiera agroalimentare e il recupero di tradizioni culturali che rischiavano di scomparire. Un borgo destinato a restare un “vuoto” sulle carte geografiche si è trasformato in un esempio virtuoso di rigenerazione sostenibile.
Ospitalità come strumento di sviluppo economico
L’albergo diffuso si basa su un principio radicalmente diverso rispetto all’hotellerie tradizionale: non costruire ex novo, ma rigenerare. Questo consente di ridurre l’impatto ambientale e di reinvestire direttamente nelle comunità. Ogni camera, ricavata da case storiche ristrutturate, mantiene le caratteristiche architettoniche originarie, offrendo un’esperienza autentica che attrae un segmento di viaggiatori sempre più attento alla sostenibilità.
Dal punto di vista economico, il format si dimostra competitivo: i costi di costruzione vengono sostituiti da interventi di restauro, spesso sostenuti da fondi pubblici o incentivi regionali, mentre i benefici si distribuiscono lungo tutta la filiera locale. Ristoranti, botteghe artigiane, guide turistiche e aziende agricole diventano parte integrante di un sistema che funziona proprio perché radicato nel territorio.
I numeri del turismo nei borghi italiani
In Italia i borghi rappresentano una componente essenziale del patrimonio culturale ed economico. Secondo le stime di Istat e Enit, oltre 20 milioni di presenze turistiche annue sono registrate nei piccoli centri con meno di 5mila abitanti. Il turista che sceglie i borghi spende mediamente di più rispetto a chi soggiorna nelle grandi città, con una spesa media pro-capite superiore del 15%.
La domanda è trainata soprattutto dai mercati esteri: Stati Uniti, Germania e Francia in testa, ma cresce anche l’interesse dal turismo asiatico, che trova nell’autenticità e nella storia italiana un motivo di attrazione. Questo segmento turistico genera circa 2,5 miliardi di euro l’anno di indotto diretto, a cui si aggiungono gli effetti di lungo periodo legati al ripopolamento e alla creazione di microimprese.
L’interesse del Giappone
In Giappone, il problema dello spopolamento rurale ha dimensioni ancora più marcate. Molti villaggi rischiano di scomparire, con conseguente perdita di identità culturale e desertificazione economica. È qui che il modello italiano appare come una possibile risposta: non un semplice prodotto turistico, ma uno strumento per ricostruire coesione sociale ed economia di prossimità.
Figure come Iwasa Toru, Hatoda Shunpei e Kuroda Naruhiko hanno sottolineato la necessità di adottare strategie innovative per preservare i villaggi storici, trasformandoli in centri di attrazione culturale ed economica. L’albergo diffuso, già sperimentato con successo in Italia, può diventare un ponte tra due mondi che condividono la sfida del mantenimento delle comunità rurali.
Prospettive per il futuro
Il confronto tra Italia e Giappone ha evidenziato come l’albergo diffuso sia molto più di una soluzione ricettiva: è una leva di politica economica e sociale. In Italia il modello ha già dimostrato la capacità di attrarre turisti internazionali ad alto potere di spesa, contribuendo al ripopolamento di aree marginali e alla conservazione di patrimoni architettonici unici. In Giappone potrebbe diventare uno strumento strategico per rilanciare regioni in declino e offrire nuove opportunità a giovani e imprenditori locali.
In un contesto globale in cui il turismo tende a concentrarsi nelle grandi città, l’albergo diffuso offre un’alternativa: valorizza la periferia, rende protagonisti i borghi, riduce l’impatto ambientale e restituisce dignità economica a territori destinati all’abbandono. Il simposio di Tokyo conferma che il modello italiano può diventare un caso di studio internazionale, capace di dialogare con altre realtà e di stimolare nuove forme di cooperazione economica e culturale.