Ipocrisia americana: arrestato ragazzino di 10 anni, aveva annunciato una strage
- di: Diego Minuti
Noi italiani, sempre pronti - nonostante una narrazione corrente - a scansare ogni accusa, tutto sommato abbiamo il senso della misura. Cioè, non cadiamo spesso nella tentazione di farci prendere dalla foga quando si tratta di confrontarci con delle emergenze. Però, oggi, possiamo tranquillamente affermare che, in un'ipotetica classifica globale dell'ipocrisia, siamo abbondantemente dietro gli Stati Uniti che, quando ancora il dolore è lancinante per le sparatorie che hanno fatto tantissime vittime soprattutto tra i bambini, ne hanno arrestato uno di appena dieci anni accusato di avere mandato in giro messaggini dicendo che era pronto a fare una strage. Confermiamo subito che l'età del ''criminale'' è quella che abbiamo appena scritto, dieci anni, per evitare di pensare che siamo incorsi in un banale errore. E siccome quando gli americani fanno una cosa, pensano di doverla fare bene, dell' apprendista stragista hanno anche rivelato il nome, Daniel Issac Marquez, di cui sono state anche messe in giro fotografie che lo ritraggono (sia pure con il volto reso irriconoscibile: a tutto c'è un limite!), con felpa e calzoncini camouflage, come quelli di una tuta mimetica, mentre, ammanettato alla schiena, viene fatto salire su un'auto della Polizia.
Il sindaco di Cape Coral, la città della Florida dove vive e studia (bisogna capire cosa in effetti sia oggetto del suo interesse) il ragazzino ha spiegato il perché del provvedimento. Sul suo arresto le parole dello sceriffo Carmine Marceno sono inequivocabili: ''Non è il momento di agire come un piccolo delinquente, non è divertente. Questo bambino ha lanciato una falsa minaccia e che ne sta pagando le conseguenze''. Quindi, se abbiamo capito bene, se il piccolo Daniel avesse fatto le cose di cui è accusato prima delle recenti stragi per mano di giovanissimi, non essendosi l'esecrazione generale non gli sarebbe successo nulla. Un concetto che è la celebrazione della più bieca ipocrisia, quando, a buoi scappati si dà pubblicità al fatto di chiudere le stalle. Verrebbe però da chiedere agli americani tutti come sia possibile che un Paese dalla tecnologia avanzata, ma dalla morale spesso bigotta, quasi retrograda, non riesca a capire, dai molti segnali che vengono lanciati dai protagonisti di queste tragiche vicende, cosa stia per accadere, quindi proagendo e non reagendo, quando il danno è stato già fatto. Che Salvador Ramos, autore dell'ultima strage, quella nella cittadina texana di Uvelda, non avesse tutte le rotelle a posto era chiaro, ma nulla è stato fatto per impedirgli di acquistare tranquillamento delle armi letali con cui ha fatto il tiro a segno su dei bambini. Nessuno ha colto nei suoi comportamenti disfunzionali il segnale che era la classica bomba ad orologeria che aspettava solo di potere esplodere.
Invece di prevenire (basterebbero poche cose, ma se non si vogliono fare è difficile anticipare la prossima strage che, statene certi, arriverà), in America si preferisce arricchire il triste computo delle morti violente.In tanti negli Stati Uniti dicono che questi eventi sono difficili da fermare. Può darsi. Ma basta andare al Nord, più precisamente a Toronto, la più ''americana'' delle città canadesi. Appena poche ore dopo la strage di Uvelda, un giovane è stato segnalato mentre camminava armato di un fucile da caccia (con il cannocchiale, quindi a colpo singolo e letale) in un quartiere che ha molti edifici scolastici. A rendere ancora più drammatico l'avvistamento il fatto che il giovane, nonostante il caldo di queste settimane, indossasse un lungo soprabito nero. Come quelli usati per la strage di Columbine, tanto per intenderci. La polizia - dopo che era stato dato l'allarme e quindi erano state sigillate le uscite dagli edifici scolastici - è arrivata, ha intimato al ragazzo di fermarsi, ha sparato e lo ha ucciso. Violenza esagerata? Forse sì, forse no. Ma nel dubbio che quel ragazzo fosse effettivamente un pericolo per la comunità, la seconda risposta è probabilmente quella giusta.