La casa, che dovrebbe essere rifugio, spesso si trasforma in teatro di sopraffazione. La violenza domestica non è soltanto quella che lascia lividi sulla pelle, ma anche quella che scava ferite invisibili attraverso parole, minacce, umiliazioni.
"Sei grassa e brutta" Violenza fra le mura di casa
È il caso accaduto a Varcaturo, lungo la fascia costiera di Giugliano, dove una figlia di trentun anni ha trovato il coraggio di chiamare i carabinieri dopo l’ennesima aggressione del padre. Quando i militari sono entrati, hanno trovato una giovane con il volto gonfio, il naso insanguinato e una madre con lividi diffusi. L’uomo, 61 anni, urlava alla figlia: «Sei grassa e brutta».
Dall’offesa al colpo: la continuità della violenza
Quella frase non è solo un insulto: è lo strumento che precede e accompagna la violenza fisica. Il meccanismo è sempre lo stesso. Prima la svalutazione psicologica, che erode l’autostima e isola la vittima. Poi la sopraffazione fisica, che consolida il dominio. Nel caso di Varcaturo, le foto e i video mostrati ai carabinieri hanno rivelato un repertorio di abusi ripetuti, non un episodio isolato. La violenza psicologica e quella fisica non sono due mondi separati: sono facce della stessa dinamica di controllo e possesso.
Il trend in Italia: una realtà sommersa
Le statistiche raccontano una verità scomoda. Secondo i dati Istat, la maggior parte delle vittime di maltrattamenti non denuncia. L’arresto del 61enne napoletano è dunque la punta di un iceberg, la parte visibile di un fenomeno che si consuma silenzioso in migliaia di case. La violenza domestica, in Italia, non è emergenza occasionale ma condizione strutturale: attraversa classi sociali, aree geografiche, generazioni. Ogni volta che un episodio sale agli onori delle cronache, accendiamo un faro temporaneo, ma intorno restano zone d’ombra vastissime.
Un nodo culturale e istituzionale
La violenza familiare si nutre di due fattori: la cultura e l’assenza di protezione. La cultura patriarcale che normalizza l’idea del corpo femminile come oggetto valutabile, punibile, possedibile. E la lentezza istituzionale nel garantire strumenti rapidi ed efficaci di tutela. Non basta punire i colpevoli quando ormai il sangue è stato versato: occorre intercettare i segnali precoci, dare fiducia alle vittime, offrire reti di supporto concrete.
Un’urgenza che ci riguarda tutti
Il caso di Varcaturo non è solo una notizia di cronaca. È lo specchio di una tendenza che chiama in causa l’intera società. La violenza domestica non appartiene alle case degli altri: vive accanto a noi, dietro porte chiuse che fingiamo di non sentire. E mentre continuiamo a definirla emergenza, lei resta parte del quotidiano. Riconoscerla come fenomeno sistemico è il primo passo per scardinarla. Perché la vera sicurezza non è nelle strade pattugliate, ma dentro le mura che dovrebbero essere casa.