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Ucraina, la guerra pesa sui bilanci: Kiev tra aiuti e rischio recessione

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Ucraina, la guerra pesa sui bilanci: Kiev tra aiuti e rischio recessione

Dopo settimane di pressioni, la Casa Bianca ha chiarito la propria posizione: “Non sto valutando l’invio dei missili Tomahawk all’Ucraina”. Con queste parole, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha raffreddato le aspettative di Kiev, che puntava su nuove forniture strategiche per riequilibrare la guerra contro la Russia. Allo stesso tempo, il leader americano si è mostrato ottimista: “Il conflitto potrebbe finire in un paio di mesi”, ha detto, lasciando intendere che i negoziati, almeno dietro le quinte, restano una possibilità.

Ucraina, la guerra pesa sui bilanci: Kiev tra aiuti e rischio recessione

A smorzare il clima di incertezza è arrivata da Berlino la conferma della consegna di un nuovo sistema Patriot, installato nelle ore successive alle offensive russe contro le infrastrutture energetiche ucraine. “Un passo vitale per la difesa del Paese”, ha commentato Volodymyr Zelensky, che ha ringraziato il governo tedesco. Ma dietro la facciata militare si nasconde una crisi economica profonda: secondo il Fondo monetario internazionale, la guerra costa ogni mese all’Ucraina circa 5 miliardi di dollari, mentre le entrate fiscali crollano e l’inflazione supera il 20%.

Energia, la nuova linea del fronte
I raid russi su Kherson e su altre aree meridionali hanno colpito centrali elettriche e depositi di carburante, lasciando intere regioni senza corrente. Gli esperti parlano di una “strategia dell’oscurità”, volta a logorare la resistenza civile e a rallentare la produzione industriale.
Le imprese ucraine, già indebolite da due anni di guerra, affrontano ora blackout quotidiani che paralizzano fabbriche e trasporti. Il governo di Kiev ha introdotto razionamenti temporanei e incentivi per le aziende che investono in generatori o energia solare, ma i costi restano elevati.

“Ogni centrale distrutta rappresenta settimane di lavoro perso e migliaia di posti a rischio”, spiega Oksana Hrytsenko, analista economica dell’Istituto CASE Ukraine. Nelle città più colpite, come Dnipro e Zaporizhzhia, le famiglie si affidano a piccoli pannelli o stufe a legna. Il consumo di gas importato dall’Europa è salito del 30%, spingendo i prezzi al dettaglio verso nuovi record.

Bilancio pubblico in affanno e salari congelati
L’Ucraina si trova oggi in una posizione finanziaria estrema: oltre il 50% del bilancio statale è destinato alla difesa, mentre gli investimenti in istruzione, sanità e welfare sono ridotti al minimo. Il ministero delle Finanze ha annunciato che il pagamento degli stipendi pubblici subirà ritardi in diverse regioni e che i fondi pensione verranno “ridimensionati temporaneamente”.

A Kiev, la Banca nazionale tenta di mantenere stabile la valuta, ma il flusso di capitali esteri è in calo. Gli aiuti internazionali, fondamentali per la sopravvivenza economica del Paese, arrivano con lentezze crescenti. L’Unione europea ha confermato un nuovo pacchetto da 50 miliardi di euro, ma l’erogazione sarà vincolata a riforme sulla trasparenza e sul controllo della spesa militare.
Intanto, nel Paese cresce il malcontento sociale: insegnanti e operatori sanitari denunciano stipendi fermi da mesi, mentre la disoccupazione ufficiale supera il 25%.

L’altra guerra, quella dell’economia
Il premier Denys Shmyhal insiste sul concetto di “resilienza economica”. In un incontro con imprenditori locali ha promesso sgravi fiscali e incentivi all’export agricolo, ma il settore privato è stremato. Le catene logistiche verso il Mar Nero restano parzialmente bloccate, e le nuove rotte via terra verso la Polonia o la Romania non bastano a compensare la perdita dei porti di Mariupol e Odessa.
Secondo la Banca mondiale, il Pil ucraino rischia di contrarsi ancora del 5% nel 2025 se il conflitto non rallenterà.

Nel frattempo, il maltempo e la scarsità di carburante minacciano la prossima stagione agricola, da cui dipende la tenuta sociale di intere regioni rurali. Nelle campagne del Dnipro, gli agricoltori lavorano sotto le sirene e si organizzano in cooperative per condividere attrezzi e sementi. È un’economia di guerra, fatta di adattamento e solidarietà, che cerca di sopravvivere in un contesto in cui ogni giorno può essere decisivo.

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