Trump sfida Mosca: l’ultimatum sulle sanzioni e la risposta del Cremlino

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Donald Trump torna alla carica con toni perentori sulla guerra in Ucraina, minacciando nuovi dazi e restrizioni se il conflitto non giungerà a una rapida conclusione. Il Cremlino, attraverso il portavoce Dmitry Peskov, ha risposto con una nota di apparente fermezza, ribadendo che "nulla di nuovo" emerge dalle parole dell'ex presidente statunitense e che la Russia è "pronta al dialogo" ma solo su basi di "rispetto reciproco".
Un botta e risposta che evidenzia quanto la partita ucraina sia ancora ben lontana da una soluzione, con Washington che spinge per una stretta economica e Mosca che ribadisce la propria resilienza alle pressioni occidentali. Il messaggio di Trump, accolto con favore dal ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani come un passo verso "una pace giusta", trova però una reazione ben diversa in Europa, dove il premier olandese Mark Rutte ha sottolineato la necessità di "rafforzare il sostegno a Kiev" piuttosto che cedere a pressioni di compromesso.

Trump sfida Mosca: l’ultimatum sulle sanzioni e la risposta del Cremlino

Il tentativo di Trump di rimettere la questione ucraina al centro del dibattito internazionale appare come un’ennesima mossa a metà tra strategia elettorale e pressione geopolitica. Con le elezioni presidenziali alle porte, l’ex presidente americano cerca di imporsi come l’uomo forte capace di risolvere una crisi che l’amministrazione Biden ha finora gestito con una politica di sostegno a oltranza a Kiev. Tuttavia, le minacce di nuovi dazi e sanzioni difficilmente riusciranno a modificare l’atteggiamento del Cremlino, che da oltre due anni ha saputo adattarsi alle misure punitive occidentali, riorientando la propria economia verso mercati alternativi come la Cina, l’India e il Medio Oriente.

D’altro canto, l’Europa si trova stretta in una morsa sempre più complessa: da un lato la necessità di mantenere il sostegno a Kiev per evitare che Mosca possa avanzare ulteriormente, dall’altro il crescente malcontento interno per le ripercussioni economiche del conflitto. A soffrire maggiormente sono le economie più fragili dell’Unione, che faticano a reggere l’impatto dell’inflazione energetica e delle spese militari crescenti.

Intanto, la situazione sul campo rimane critica. Secondo i rapporti delle autorità ucraine, solo nelle ultime 24 ore si sono registrati 361 attacchi russi lungo tutto il fronte orientale. Zaporizhzhia, già teatro di numerosi bombardamenti, ha visto la morte di un altro civile, mentre nella regione di Kharkiv le forze di Mosca avanzano lentamente, cercando di erodere le difese ucraine. Zelensky, ormai consapevole della difficoltà di resistere senza un aumento significativo degli aiuti, ha lanciato un appello accorato ai leader mondiali, chiedendo più armi e nuove sanzioni contro la Russia.

L’ombra della Cina e il ruolo di Xi Jinping

In questo scenario sempre più complesso, emerge il ruolo della Cina, considerata da molti come l’unico attore in grado di esercitare una reale influenza su Mosca. Il presidente cinese Xi Jinping ha finora mantenuto una posizione ambigua, sostenendo ufficialmente il principio di sovranità territoriale ma evitando di condannare apertamente l’invasione russa. Pechino, infatti, ha tratto vantaggio dalla crisi, aumentando le importazioni di gas e petrolio a prezzi scontati e rafforzando i legami commerciali con Mosca. Tuttavia, l’ipotesi di un coinvolgimento diretto in un’iniziativa di pace, come suggerito da Zelensky, appare ancora lontana, poiché la Cina preferisce mantenere un ruolo di mediatore senza compromettere le sue relazioni con l’Occidente.

Il dilemma europeo: tra difesa e diplomazia

L’Europa, dal canto suo, appare divisa tra chi, come i Paesi dell’Est, insiste sulla necessità di armare ulteriormente Kiev, e chi, come la Germania e la Francia, inizia a valutare la possibilità di un negoziato che eviti un’escalation incontrollabile. Emmanuel Macron, nonostante la retorica del sostegno all’Ucraina, ha più volte lasciato intendere che una soluzione diplomatica potrebbe essere inevitabile, se non altro per evitare che il conflitto si trasformi in una guerra di logoramento insostenibile per l’UE.

L’Italia, rappresentata in questa fase da Tajani, sembra voler giocare un ruolo di mediazione, cercando di coniugare la necessità di mantenere gli impegni con la NATO e quella di non aggravare ulteriormente la crisi economica interna. "Una pace giusta", come affermato dal ministro, significa per Roma una soluzione che non metta a rischio l’integrità territoriale dell’Ucraina, ma che allo stesso tempo non precluda un dialogo con Mosca.

Le attese su Davos: Trump e il futuro della guerra

Tutti gli occhi ora sono puntati su Davos, dove Trump interverrà in videoconferenza per ribadire la sua visione della crisi. Non è un caso che l’ex presidente abbia scelto il forum economico mondiale per lanciare il suo messaggio: la guerra in Ucraina non è solo una questione di geopolitica, ma anche di economia globale. Le sanzioni e le restrizioni commerciali, se ampliate, potrebbero avere un impatto devastante non solo sulla Russia, ma anche sulle economie occidentali, già provate da inflazione e incertezze sui mercati energetici.

La vera domanda che tutti si pongono è se Trump sia davvero intenzionato a portare la Russia al tavolo delle trattative o se il suo obiettivo sia piuttosto quello di usare la questione ucraina come leva per un ritorno in grande stile sulla scena internazionale. Mosca, dal canto suo, sembra aver compreso il gioco e attende "segnali concreti" dagli Stati Uniti, pur sapendo che la linea dura non cambierà la propria strategia a breve termine.

Nel frattempo, mentre i leader discutono di scenari futuri, l’Ucraina continua a contare le vittime di un conflitto che appare sempre più intrappolato in una spirale senza fine.
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