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Trump teme l’euro e vuole scardinare l’Europa con alcuni Paesi

- di: Jole Rosati
 
Trump teme l’euro e vuole scardinare l’Europa con alcuni Paesi
Lungi dall’essere solo una mossa politica, la nuova strategia di Washington punta anche a colpire la forza dell’euro — la seconda valuta di riserva internazionale — indebolendo così l’Unione europea. Un’analisi vivace e completa con fonti aggiornate.

Perché l’euro è un problema per Washington

Al centro del nuovo disegno strategico dell’amministrazione Trump c’è un dato economico che pochi dibattiti mainstream affrontano con chiarezza: l’euro è oggi la seconda valuta più detenuta come riserva internazionale, con circa il 20% delle riserve globali, mentre il dollaro rimane dominante ma con margini in calo

Questa realtà monetaria genera nervosismo a Washington perché riduce gradualmente il monopolio del dollaro sul sistema finanziario globale e, di riflesso, la capacità degli Stati Uniti di dettare condizioni politiche e commerciali. Il concetto economico di “exorbitant privilege” sintetizza questo vantaggio statunitense dove la valuta guida permette di finanziare debiti a costi bassi e di imporre sanzioni con efficacia.

In questo contesto, Trump — secondo vari analisti — non si limita a criticare Bruxelles per questioni demografiche o migratorie; punta a ridimensionare il ruolo politico e monetario dell’Unione europea, favorendo dinamiche interne di divisione e alleanze bilaterali con Paesi chiave. Questo sarebbe un modo non dichiarato ma strutturale per indebolire l’euro e rilanciare il dollaro su scala globale.

la nuova national security strategy e il ruolo dell’europa

La National Security Strategy pubblicata dalla Casa Bianca in dicembre 2025 segna una svolta netta nella politica estera americana: l’Europa viene dipinta come entità in declino e la sua Unione come un nodo che “mina la sovranità” individuale degli Stati membri.

La strategia usa un linguaggio ideologico forte, evidenziando critiche culturali e sociali verso il continente, ma incorpora contemporaneamente un riposizionamento economico globale: maggiore enfasi sull’America Latina, sull’Indo-Pacifico e su accordi bilaterali che possono bypassare strutture multilaterali come l’UE.

In pratica, questa visione trascende l’alleanza storica tra Stati Uniti e Unione europea e suggerisce un mondo in cui le relazioni sono costruite “a geometria variabile”, privilegiando Paesi con obiettivi simili a quelli statunitensi piuttosto che l’unità europea come blocco consolidato.

Coalizioni strategiche per indebolire l’Ue

Alcune ricostruzioni giornalistiche e analisi strategiche indicano che Washington starebbe guardando con favore a Paesi specifici come Austria, Polonia, Ungheria e Italia per creare una sorta di alleanza alternativa ai vincoli comunitari, favorendo leader e partiti con visioni più sovraniste. Sebbene non sempre confermato ufficialmente, questo approccio punta a erodere la coesione dell’Unione dall’interno.

In questo schema, le spinte politiche verso la sovranità nazionale e l’allontanamento dalle istituzioni comunitarie servirebbero a creare condizioni economiche e politiche che indeboliscano la forza dell’euro come simbolo e strumento di integrazione europea.

Una convergenza con mosca?

Parallelamente, la Russia di Vladimir Putin guarda con favore a una Ue divisa e più debole, anche se per motivi diversi da quelli di Washington. Un’Europa frammentata è meno capace di sostenere saldi fronti comuni su politica estera, tecnologia e sanzioni, creando opportunità per Mosca nel contesto eurasiatico e in mercati energetici e commerciali.

Secondo commentatori geopolitici, l’eco di queste dinamiche evidenzia come gli interessi di Trump e Putin possano convergere “di fatto” pur rimanendo distinti nelle motivazioni e nelle finalità strategiche.

L’Ue reagisce e guarda all’autonomia strategica

I leader europei non sono rimasti inermi. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha sottolineato l’importanza di un’Europa meno dipendente dagli Stati Uniti, specialmente dal punto di vista della difesa e delle politiche strategiche.

Il presidente del Consiglio europeo António Costa ha ammonito gli Stati Uniti di non interferire negli affari interni europei, rafforzando la richiesta di una politica estera e monetaria autonoma.

Queste reazioni mostrano come l’Unione stia cercando di trasformare la pressione esterna in un’opportunità per costruire una maggiore autonomia strategica e difendere non solo le istituzioni comunitarie, ma anche la solidità dell’euro come simbolo di sovranità economica.

Un gioco più grande di quello visibile

La nuova strategia di Trump — criticata da molti in Europa come un attacco frontale alle idee fondamentali dell’alleanza transatlantica — va letta anche attraverso la lente della competizione monetaria globale. L’euro, come seconda valuta di riserva mondiale, rappresenta una sfida strutturale al dominio del dollaro e quindi un motivo potente per cui Washington spinge per scardinare l’Europa unita, anche attraverso l’avvicinamento a Paesi specifici.

Non si tratta solo di politica estera o di alleanze: si tratta di un’aggressione strategica alla valuta e all’infrastruttura economica che sostengono l’Unione europea. È qui che si gioca veramente la partita del nuovo equilibrio mondiale.

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