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Trump affonda l’export italiano: 178mila posti a rischio

- di: Bruno Coletta
 
Trump affonda l’export italiano: 178mila posti a rischio
Trump affonda l’export italiano: 178mila posti a rischio
Dazi al 30%, colpo all’economia europea. L’Italia paga il prezzo più alto, mentre l’Unione balbetta, divisa dai sovranisti e paralizzata dalla paura.

Un’arma economica puntata contro l’Europa

Donald Trump ha lanciato la sua offensiva. Il 12 luglio 2025, con il solito proclama da comizio elettorale rilanciato via Truth Social, ha annunciato dazi del 30% su tutte le importazioni verso gli Stati Uniti da Europa e Messico, in vigore dal 1° agosto. Nessuna concertazione, nessuna trattativa, nessun preavviso. È l’unilateralismo brutale di un’America che sotto Trump non dialoga, impone.

Il pretesto è noto: “difendere i lavoratori americani” e ridurre il “deficit commerciale cronico” – ma in realtà si tratta di un attacco deliberato all’architettura del commercio globale e, soprattutto, a un’Europa percepita come debole, divisa, ricattabile. Non è una misura economica: è un gesto politico, una sfida aperta all’ordine multilaterale.

“Un atto di guerra commerciale”, lo definiscono fonti europee riservate. Eppure, il Vecchio Continente sembra ancora incapace di riconoscerlo come tale.

L’Italia è il bersaglio più esposto

Il nostro Paese rischia di essere la vittima più colpita. Le perdite per l’economia italiana oscillerebbero tra i 15 e i 35 miliardi di euro, pari a oltre lo 0,6% del Pil. A rischio ci sono 178mila posti di lavoro, con il Mezzogiorno in prima linea.

La fotografia è allarmante:

  • 20 miliardi di export italiani verso gli Usa in fumo;
  • Pil italiano in calo fino allo 0,5% nel 2026;
  • Oltre 16mila posti a rischio solo al Sud, dove l’export è meno diversificato.

Made in Italy sotto assedio

I comparti più esposti sono quelli simbolo della nostra eccellenza:

  • Agroalimentare: il parmigiano reggiano potrebbe toccare i 50 euro al chilo negli USA, per effetto dei superdazi già oggi al 25% e che saliranno al 30%. Coldiretti ha denunciato “una discriminazione commerciale senza precedenti”.
  • Vino e olio: nel 2024 l’export vinicolo ha superato i 7,8 miliardi di euro, e nel 2025 era già in crescita di 2,3 miliardi. Ora, tutto può evaporare.
  • Farmaceutica: se dovesse saltare l’esenzione – oggi ancora in bilico – il danno stimato solo per il Sud ammonterebbe a 300 milioni di euro.
  • Automotive e meccanica: settori vitali in Abruzzo, Puglia, Molise, Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia. L’89% delle auto italiane è prodotto al Sud: con dazi al 30% il settore rischia la paralisi.

Europa: balbettii e litigi

In questo scenario devastante, l’Europa appare smarrita, divisa, impotente. La Commissione ha ipotizzato contromisure fino a 93 miliardi di euro contro le importazioni americane, ma la proposta è già nel mirino delle forze più sovraniste e nazionaliste.

I partiti di estrema destra – Rassemblement National in Francia, AfD in Germania, Fidesz in Ungheria, Fratelli d’Italia e la Lega in Italia – boicottano apertamente qualsiasi risposta coordinata a Trump. In nome di una presunta "sovranità commerciale", in realtà favoriscono la disgregazione europea.

Il vicepresidente del Parlamento europeo Jordan Bardella ha dichiarato: “L’Europa non può permettersi una guerra commerciale con gli Stati Uniti. Dobbiamo trattare da pari, non reagire con vendette”. Una linea che consegna l’UE alla subalternità.

Trump divide e impera

Trump ha trovato terreno fertile per la sua strategia: divide et impera. Mentre la Germania teme per le sue esportazioni automobilistiche e la Francia difende i propri agricoltori, l’Italia si ritrova sola a calcolare i danni.

Lo stesso ministro dell’Economia italiano Giancarlo Giorgetti ha dichiarato, con toni prudenti: “Siamo preoccupati, ma servono soluzioni intelligenti, non scontri”. Parole che sanno di resa. La premier Giorgia Meloni, che ha costruito la sua leadership sullo slogan “l’Italia non prende ordini da nessuno”, tace o cerca sponde nel nuovo fronte “patriottico” europeo che però, alla prova dei fatti, lascia il Paese senza alleati.

Il Sud dimenticato: fondi Pnrr deviati?

Per “compensare” i danni, il ministro Adolfo Urso ha annunciato la possibile attivazione di 25 miliardi di fondi Pnrr. Ma il direttore della Svimez Luca Bianchi avverte: “Attenzione: se questi fondi vengono dirottati verso le imprese esportatrici del Centro-Nord, il Mezzogiorno sarà doppiamente penalizzato. Il rischio è di spostare risorse essenziali da aree già fragili per salvare le zone più forti”.

Una trappola politica e sociale: chi è più esposto viene sacrificato, mentre i settori forti ricevono nuovi incentivi. Invece di una strategia nazionale, si profila una competizione tra territori. Il tutto, mentre il Sud torna ad arretrare dopo una fragile ripresa post-Covid.

Economia globale in allarme rosso

La Federal Reserve ha stimato che dazi permanenti del 30% potrebbero causare una contrazione dello 0,8% del Pil mondiale. Secondo la BCE, l’impatto sull’eurozona potrebbe superare il mezzo punto di Pil. La Banca d’Italia ha confermato che la crescita italiana del 2025 – già limata dallo 0,9% allo 0,6% – sarà ulteriormente ridotta.

Il commercio globale è già in fase di rallentamento. La mossa di Trump rischia di portarlo al collasso.

Conclusione: un’Europa debole è il regalo perfetto per Trump

Il problema non sono solo i dazi. Il problema è la fragilità sistemica dell’Europa. Un’Unione che non riesce a difendere le sue imprese, che si spacca davanti alla pressione americana, che litiga invece di reagire.

Trump ha scelto il momento perfetto per colpire. E mentre l’Italia – seconda vittima in Europa dopo la Germania – rischia di pagare con decine di migliaia di posti di lavoro, l’Europa continua a dividersi tra chi vuole reagire e chi preferisce chinare la testa.

Serve una svolta. Serve un’Europa adulta, unita, capace di dire no. Trump ha già dimostrato cosa vuole: non partner, ma vassalli. Se l’Europa non vuole piegarsi, deve alzarsi. E deve farlo adesso.

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