Dal 19 novembre entra in vigore il filtro anti-spoofing sui numeri mobili italiani usati dall’estero: una mossa che promette di ridurre milioni di chiamate moleste, ma che non metterà comunque fine all’assedio dei call center.
Una giungla di 15 miliardi di chiamate
In Italia il telemarketing non è un fastidio marginale: è un’industria a tutti gli effetti. Le ultime stime parlano di circa 15 miliardi di chiamate commerciali all’anno e di un giro d’affari che vale almeno 3 miliardi di euro, con oltre 2.000 call center censiti e quasi 80.000 addetti tra attività regolari e zona grigia.
Nonostante più di 30 milioni di iscrizioni al Registro Pubblico delle Opposizioni, i cittadini continuano a ricevere in media fra cinque e otto chiamate promozionali a settimana. Un bombardamento quotidiano che spesso sfocia in pratiche aggressive, contratti non richiesti e vere e proprie truffe telefoniche, soprattutto nei settori energia e telefonia, dove chi cade nel tranello può ritrovarsi a pagare fino al 10-20% in più in bolletta rispetto alle normali tariffe di mercato.
Che cos’è lo spoofing e perché è così pericoloso
Al centro della nuova stretta c’è lo spoofing, la tecnica con cui i call center, spesso illegali, falsificano il numero del chiamante facendo apparire sul display una numerazione che in realtà non corrisponde al vero soggetto che effettua la chiamata.
In pratica, il sistema modifica l’informazione che trasporta l’identità del chiamante (il cosiddetto Cli), facendo comparire un numero fisso o mobile italiano, spesso simile a quello dell’operatore di cui si sta “spacciando” i servizi, o addirittura numeri di istituzioni, banche o aziende note. È una maschera perfetta per:
- Superare i filtri dei telefoni e delle app anti-spam.
- Ingannare l’utente, che si fida di un numero apparentemente familiare.
- Rendere difficile la tracciabilità di chi sta realmente chiamando.
La conseguenza è un mix esplosivo di telemarketing selvaggio, phishing e furti di dati personali o bancari. Da qui la decisione dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni di intervenire con misure tecniche mirate, dopo un lungo confronto con operatori e associazioni.
Cosa cambia dal 19 novembre: il filtro anti-spoofing sui cellulari
Dal 19 novembre entra in funzione un nuovo tassello della strategia italiana contro le chiamate moleste: il filtro anti-spoofing per i numeri mobili italiani utilizzati dall’estero.
Quando una chiamata arriva dall’estero ma mostra sul display un numero di cellulare italiano, scatterà una verifica tecnica immediata che controllerà:
- se quel numero esiste davvero nei database ufficiali;
- a quale operatore è stato assegnato secondo il database nazionale della portabilità;
- se il numero risulta effettivamente in roaming internazionale oppure no.
Se la chiamata non supera questi controlli, sarà bloccata automaticamente. In altre parole, le telefonate commerciali che sfruttano falsi numeri mobili italiani dall’estero non dovranno più arrivare ai cittadini.
La stretta non riguarda solo i numeri “tradizionali”: nel nuovo perimetro rientrano anche servizi mobili specializzati, numerazioni satellitari e risorse usate per le comunicazioni machine-to-machine, anch’esse spesso impiegate in modo improprio per mascherare l’origine delle chiamate.
Il precedente del 19 agosto e la delibera che ha cambiato le regole
Quella del 19 novembre non è una rivoluzione improvvisa, ma il secondo step di un percorso avviato mesi fa. Con una delibera approvata a maggio 2025, l’Autorità ha definito un set di misure tecniche per arginare lo spoofing, prevedendo filtri progressivi sulle diverse tipologie di numerazioni.
Il 19 agosto 2025 è scattato il primo blocco: lo stop alle finte numerazioni fisse italiane, usate in modo massiccio dai call center esteri per fingersi “dietro l’angolo” e guadagnare fiducia. I test condotti nei mesi successivi hanno già permesso di intercettare milioni di chiamate irregolari.
Con il passaggio di novembre, il filtro viene esteso ai numeri mobili, riempiendo una delle falle più sfruttate dagli operatori più aggressivi.
Non solo: per gli operatori che non hanno ancora implementato le verifiche tecniche richieste, sono previste conseguenze immediate. Il roaming verso l’Italia per chiamate in uscita potrà essere sospeso fino a quando non saranno adottate le misure necessarie. È un messaggio chiaro al mercato: chi non si adegua, rischia di rimanere tagliato fuori.
Le chiamate che continueranno ad arrivare
Nonostante i titoli ottimistici, nessuno degli attori in campo promette il “telemarketing zero”. Le nuove regole colpiscono una fetta ben precisa del problema, ma una parte del flusso di telefonate continuerà a raggiungere gli utenti.
Le chiamate che non verranno bloccate includono:
- quelle dei call center legali che operano dall’Italia, con numerazioni reali e contratti regolarmente registrati;
- quelle provenienti dall’estero con numeri stranieri autentici;
- le chiamate che utilizzano numerazioni italiane reali, ma originate dal territorio nazionale e quindi non intercettate dai filtri alle “frontiere” internazionali;
- le telefonate da numeri fissi stranieri esistenti, che non rientrano nel perimetro tecnico delle nuove misure.
Le associazioni ricordano che i call center più spregiudicati tenderanno ad adattarsi, sfruttando ogni varco possibile. I sistemi di spoofing evolvono rapidamente e, come in ogni partita tecnologica, chi truffa prova continuamente a inventare nuove scorciatoie.
I dubbi delle associazioni dei consumatori
Le principali associazioni plaudono alla stretta, ma mantengono un atteggiamento prudente. Una delle più attive sulla materia ha avvertito che, pur trattandosi di un passo avanti importante, “da mercoledì le chiamate indesiderate diminuiranno, ma non scompariranno totalmente”, sottolineando come i cittadini non debbano abbassare la guardia.
La stessa associazione ha spiegato che “continueranno ad arrivare le telefonate dei call center che operano nel rispetto formale delle norme, le chiamate con numerazioni straniere e quelle che sfruttano numeri italiani veri, ma usati da reti e piattaforme localizzate sul territorio nazionale”, mettendo in evidenza che la partita è tutt’altro che chiusa.
Alcuni rappresentanti di organismi di tutela hanno espresso una preoccupazione aggiuntiva: il rischio che, di fronte a filtri più severi, parte del telemarketing aggressivo si sposti verso canali ancora meno controllabili, come messaggi su app di messaggistica, spam via SMS o tentativi di contatto tramite social network.
Anche all’interno dell’Autorità non manca un certo realismo. Un componente della Commissione ha ricordato che lo spoofing verrà “assediato” su più fronti, ma che “probabilmente non sarà la fine delle chiamate truffaldine e moleste”, evidenziando la necessità di affiancare agli strumenti tecnici una vigilanza continua e un uso più incisivo delle sanzioni.
Il conto salato per le famiglie tra truffe e contratti opachi
Dietro ogni chiamata insistente non c’è solo un fastidio, ma spesso un costo economico reale. Nel settore di luce e gas, le pratiche più aggressive puntano a far cambiare fornitore o tipo di contratto in pochi minuti, spesso facendo leva su informazioni parziali o addirittura false.
Secondo le stime raccolte dalle associazioni di consumatori, chi cade in queste trappole può ritrovarsi a spendere dal 10% al 20% in più in bolletta rispetto alle normali offerte disponibili sul mercato, con un danno complessivo che viene quantificato in circa 2 miliardi di euro l’anno solo per questo comparto.
Non si tratta quindi soltanto di recuperare serenità quando squilla il telefono, ma di proteggere il potere d’acquisto delle famiglie, in un momento in cui il tema del costo dell’energia resta estremamente sensibile.
Tra privacy, Registro delle opposizioni e limiti delle norme
Negli anni, il legislatore ha provato a mettere ordine con strumenti come il Registro Pubblico delle Opposizioni, che consente ai cittadini di manifestare il proprio “no” al telemarketing su numeri fissi e mobili. Il problema è che una parte significativa delle chiamate più moleste arriva comunque da operatori che ignorano o aggirano gli obblighi, spesso all’estero o in una zona grigia di subappalti e liste comprate illegalmente.
Le nuove misure tecniche di Agcom si affiancano al quadro europeo della protezione dei dati personali, che prevede già il divieto di contatti promozionali senza un’adeguata base giuridica, e prevedono sanzioni anche pesanti per chi viola in modo sistematico le regole.
Resta però una questione di fondo: la difficoltà di colpire i soggetti realmente responsabili. Molti call center sono costituiti da società “usa e getta”, difficili da rintracciare, che chiudono e riaprono sotto un altro nome. Per questo le associazioni continuano a chiedere azioni coordinate tra Agcom, Garante per la privacy, Guardia di Finanza e autorità giudiziaria, con controlli mirati sulle filiere di vendita e sui grandi committenti che alimentano il sistema.
Cosa possono fare concretamente i consumatori
In attesa di verificare gli effetti reali del filtro anti-spoofing, i cittadini non sono del tutto disarmati. Alcune regole pratiche possono ridurre notevolmente il rischio di finire in una trappola telefonica:
- Iscriversi o aggiornare l’iscrizione al Registro Pubblico delle Opposizioni, verificando che il numero di cellulare sia correttamente registrato.
- Non dare mai dati personali o bancari al telefono, soprattutto se è il call center a chiamare e non il contrario.
- Diffidare delle offerte “troppo belle per essere vere”, in particolare se viene chiesto di decidere “subito” per non perdere uno sconto.
- Richiedere sempre la documentazione scritta dell’offerta e prendersi il tempo di confrontarla con altre proposte prima di firmare.
- Segnalare le chiamate sospette alle autorità competenti e alle associazioni dei consumatori, conservando eventuali SMS, email o registrazioni.
- Usare le funzioni anti-spam degli smartphone e le app che identificano le chiamate, aggiornandole con le segnalazioni delle numerazioni più moleste.
Un principio dovrebbe guidare ogni comportamento al telefono: se qualcosa non torna, è sempre meglio chiudere la chiamata e cercare in autonomia i contatti ufficiali dell’azienda che dice di averci chiamato.
La sfida finale: meno abusi senza demonizzare i call center
C’è un ultimo elemento da non dimenticare: il telemarketing non è solo sinonimo di abusi. I call center regolari occupano decine di migliaia di lavoratori, spesso giovani, che operano in condizioni di forte pressione commerciale e con margini sempre più ridotti.
Le nuove regole anti-spoofing hanno anche l’obiettivo di ripulire il mercato, distinguendo chi lavora in modo trasparente da chi basa il proprio business su violazioni sistematiche della privacy e su raggiri ai danni degli utenti.
Se la stretta funzionerà, il settore potrebbe essere spinto verso modelli più selettivi, regolati e rispettosi dei diritti dei consumatori, in cui il contatto telefonico diventa un servizio informativo reale e non un assalto quotidiano alle famiglie.
Da mercoledì, insomma, molti italiani potrebbero sentire squillare il telefono un po’ meno spesso. Ma perché il telemarketing selvaggio smetta davvero di essere un incubo, serviranno controlli continui, cooperazione tra autorità e consapevolezza dei cittadini. La tecnologia può bloccare tanti numeri, ma la prima linea di difesa resta sempre la capacità di dire, con decisione, “no grazie”.