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Tajani e i Balcani: il grande gioco dell'Italia per la stabilità dell'Europa

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Tajani e i Balcani: il grande gioco dell'Italia per la stabilità dell'Europa

A Villa Madama, tra strette di mano e dichiarazioni di rito, Antonio Tajani si muove con disinvoltura. Il ministro degli Esteri italiano presiede una riunione ministeriale con i rappresentanti dei Balcani Occidentali e del cosiddetto "Gruppo Amici dei Balcani Occidentali". Un summit di facciata o un vero snodo strategico per l'Italia? La risposta è nelle dinamiche politiche e nei dossier che circolano tra le stanze ovattate della Farnesina.

Tajani e i Balcani: il grande gioco dell'Italia per la stabilità dell'Europa

L'evento, annunciato con l'usuale tono istituzionale, cela una partita diplomatica di ben altro livello: il governo italiano vuole consolidare il suo ruolo nei Balcani, una regione chiave per gli equilibri europei e per la sicurezza del continente. La posta in gioco è alta: allargamento dell’Unione Europea, gestione della sicurezza e, soprattutto, il consolidamento dell’influenza italiana su un'area storicamente contesa da altri attori, Germania e Francia in primis.

Un'Italia in prima linea, ma con quali strumenti?
"La stabilità dei Balcani Occidentali è una priorità del Governo italiano", dichiara Tajani con fermezza. Un’affermazione che, tuttavia, va letta alla luce di una realtà più sfumata. L'Italia partecipa da anni alle missioni KFOR, EULEX e EUFOR Althea, ma la sua influenza politica ed economica nella regione è tutt'altro che granitica. Gli investimenti italiani nei Balcani sono in calo rispetto ai competitor europei, e la capacità di incidere sulle scelte strategiche locali è spesso condizionata dalla presenza di attori esterni, come la Cina e la Russia, che giocano partite ben più aggressive.

Al tavolo dei lavori, insieme ai rappresentanti balcanici, siedono nomi pesanti delle istituzioni europee, tra cui Kaja Kallas, Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera, e Marta Kos, Commissaria per l'Allargamento. La loro presenza indica che Bruxelles ha compreso l'urgenza del momento: i Balcani non possono più essere lasciati in una terra di nessuno tra l’Europa e le mire espansionistiche di altre potenze.

La finestra di opportunità e i nodi irrisolti
L'incontro di Villa Madama arriva in un momento cruciale. Con la nuova legislatura europea alle porte, si parla di un’accelerazione del processo di integrazione per i Paesi balcanici. Un progetto ambizioso, ma che si scontra con realtà ben più radicate: tensioni etniche mai risolte, governi instabili e una corruzione endemica che frena ogni velleità riformista. La Serbia, in particolare, resta un’incognita: il suo equilibrio tra Mosca e Bruxelles è precario, e la recente escalation di tensioni con il Kosovo non fa che complicare il quadro.

Tra le righe del summit, si percepisce la volontà di strutturare una cooperazione più incisiva tra l’UE e i partner balcanici, con focus sulla sicurezza e sul rafforzamento delle istituzioni locali. Sul tavolo anche il tema dei fondi europei: il Vicepresidente della BEI, Gelsomina Vigliotti, e il Segretario Generale dell'InCE, Franco Dal Mas, discutono delle prospettive di finanziamento per progetti di sviluppo nell’area.

l'Italia ha davvero un piano?
L'Italia, forte della sua storica vicinanza ai Balcani, vuole ritagliarsi un ruolo da protagonista nel processo di stabilizzazione della regione. Ma le domande restano: ha le risorse per farlo? È pronta a sfidare il peso geopolitico di altre potenze europee? E, soprattutto, le promesse di integrazione europea si tradurranno in un reale cambiamento per i Balcani, o resteranno solo dichiarazioni d’intenti da summit?

Al di là delle parole, i prossimi mesi diranno se la diplomazia italiana saprà trasformare Villa Madama in qualcosa di più di un semplice palcoscenico.

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