L’inspiegabile sold-out per la pornostar che si fa annusare al Museo

- di: Barbara Leone
 
Pecunia non olet. Ma i piedi sì. E non solo quelli. Perché ciò che i numerosi visitatori hanno annusato al Museo d’arte contemporanea Cam di Casoria, in provincia di Napoli, è l’intero corpo di tale Valentina Nappi. L’arzilla e disinvolta fanciulla nella presentazione ufficiale degli organizzatori viene definita body performance. Peccato che nella realtà di professione faccia, e pure orgogliosamente la porno star. Che non è esattamente la stessa cosa. Ma tant’è, forse proprio in virtù del suo amatissimo mestiere, la Nappi non ha avuto pudore alcuno a mostrarsi come mamma l’ha fatta. Il tutto appesa a mo’ di caciocavallo ad una sorta di altalena sospesa ove, rigorosamente a gambe aperte, la suddetta fanciulla ha concesso agli utenti del  Museo il privilegio più unico che raro di annusarla da capo a piedi senza limitazioni di sorta. Piedi, ascelle, ombelico, piedi, natiche e vulva: questo il goloso e ricco il menù destinato ai tanti, tantissimi perché c’è stato un vero e proprio sold-otu, accorsi ad annusare la pornostar, per l’occasione ricoperta dalle essenze preparate appositamente dallo chef Pasquale Trotta. Cibo e sesso, insomma. Un’idea vecchia come il cucco! E però l’evento è stato definito un’esperienza futurista.

E già qui sentiamo lo stesso brivido lungo la schiena che ci viene quando le unghie graffiano la lavagna. Perché l’accostamento ci fa rabbrividire, e sicuramente farà rivoltare nella tomba la buonanima di Filippo Tommaso Marinetti, Giacomo Balla, Aldo Palazzeschi e compagnia cantando. Ora è vero che con la scusa dell’arte contemporanea sono anni che vengono messe in mostra le peggio schifezze. Basti pensare ai bambini impiccati di Cattelan o ai corpi sezionati di Damien Hirst. Per non parlare della famosa scatoletta a base di escrementi d’artista firmata nel lontanissimo 1961 da Piero Manzoni. Insomma dietro la cosiddetta arte contemporanea, che molto spesso tutto è fuorché arte, da sempre si celano provocazioni, sfide ed messaggi rivoluzionari vari. Questo però, in tutta onestà, ci sfugge. Così come ci sfugge il paragone fatto da Vittorio Sgarbi, che di arte se ne intende eccome, tra la pornostar in veste (si fa per dire) artistica e Marina Abramović, pioniera della performance arte. Quella vera. “La performance di Valentina Nappi - ha detto Sgarbi - ricorda quelle di Marina Abramović, fatte oltre 40anni fa nel capoluogo campano. Io c’ero a Napoli, era il 1974, e fece scalpore sì, ma non vedo perché non si possa replicare. I greci hanno realizzato veneri e sculture di donne nude, e le ha fatte anche Canova, ma non ha meno peso perché accaduto anni dopo”.

E ciliegina sulla torta: “Potrebbe tenere un corso di erotismo igienico, per educare i giovani alla pulizia sessuale”. Ora va bene tutto: l’arte, la sperimentazione, l’innovazione, lo sdoganamento del sesso tout-court. Ma chiamare le cose col proprio nome no eh? Perché se questa è arte io sono un astronauta e non una che gioca a dadi con le parole. Poi sinceramente, anni e anni di lotte femministe per cosa? Per vedere, anzi annusare, un pezzo di carne calzato e svestito appeso come un salame in norcineria? No, grazie. Anche se poi più che la fanciulla, che bene o male fa il mestiere suo per passione ma supponiamo anche per il vil danaro, viene da chiedersi che problemi hanno gli uomini (perché erano tutti uomini, ça va sans dire) che sono accorsi all’imperdibile evento pornoartisticolfattivo. Qualcosa evidentemente ci sfugge. Dell’arte e dell’umanità. O forse, molto banalmente, dobbiamo rassegnarci davanti all’evidenza dei fatti. Magistralmente espressa anni orsono dal famoso architetto statunetense Frank Lloyd Wright che disse: se si vende, è arte. Il resto sono chiacchiere, a cominciare dalle nostre.
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