Secondo i dati contenuti nel Rapporto Invalsi 2025, la scuola italiana sta attraversando una crisi strutturale negli apprendimenti di base. La rilevazione nazionale mostra che circa il 50% degli studenti italiani termina il ciclo delle scuole superiori senza possedere le competenze minime richieste in italiano e matematica. Si tratta di un dato che fotografa una fragilità diffusa e persistente, con radici profonde e differenziali territoriali che continuano a penalizzare in modo marcato alcune aree del Paese.
Scuola, allarme Invalsi: uno studente su due non raggiunge le competenze di base in italiano e matematica
Il divario Nord-Sud si conferma netto e stabile. Le regioni del Mezzogiorno e delle Isole registrano i risultati peggiori, con punte di criticità in Calabria, Sicilia e Sardegna. Al contrario, il Nord Est e alcune aree del Centro mostrano performance leggermente superiori alla media, ma comunque lontane dai livelli auspicati. La diseguaglianza territoriale si traduce in una scuola che non riesce a garantire pari opportunità educative, acuendo le fratture sociali ed economiche già esistenti. Le prove Invalsi, somministrate a oltre due milioni di studenti, confermano che l'origine geografica è ancora un forte indicatore predittivo del successo scolastico.
Matematica e comprensione del testo in forte calo
In particolare, le competenze matematiche risultano drammaticamente carenti: molti studenti non sono in grado di risolvere problemi semplici o di utilizzare il linguaggio logico-matematico con coerenza. Anche sul versante della comprensione del testo, i dati sono preoccupanti: una larga quota di maturandi fatica a interpretare correttamente articoli di giornale, testi scientifici o contenuti normativi. La tendenza, seppur aggravata dalla pandemia e dalla didattica a distanza, appare strutturale e richiede interventi immediati.
Segnali positivi sul fronte della dispersione scolastica
L’unica nota positiva del rapporto riguarda la lieve riduzione della dispersione scolastica implicita, ovvero di quegli studenti che, pur diplomandosi, non raggiungono le competenze minime. Alcune iniziative di orientamento precoce e recupero personalizzato, attivate in collaborazione tra scuole e territori, sembrano aver prodotto i primi effetti. Tuttavia, gli esperti dell’Invalsi avvertono che senza un’azione sistemica, questi miglioramenti rischiano di essere effimeri e di non incidere realmente sul livello generale degli apprendimenti.
Un sistema che rischia l’immobilismo
L’allarme lanciato dal rapporto tocca il cuore della missione educativa dello Stato. In un momento in cui la società chiede alla scuola di essere strumento di mobilità sociale e leva per la competitività nazionale, l’Italia sembra invece incapace di affrontare con decisione la propria crisi educativa. Mancano docenti formati per gestire la complessità didattica, le strutture sono spesso obsolete, i programmi non sempre rispondono alle esigenze di una società digitale e frammentata. La scuola, così come raccontata dai dati Invalsi, appare in affanno, lasciando indietro migliaia di studenti ogni anno.
Il dibattito politico e le reazioni istituzionali
Il rapporto ha immediatamente acceso il dibattito politico. Il Ministero dell’Istruzione ha ammesso la gravità del quadro, annunciando un tavolo tecnico per affrontare le emergenze con risorse mirate, soprattutto nel Sud. Ma le opposizioni accusano il governo di inerzia e di aver trascurato per troppo tempo le disuguaglianze formative. Anche il presidente della Repubblica è intervenuto, sottolineando che “una democrazia solida non può tollerare che la metà dei suoi giovani non abbia accesso al sapere”. Il destino della scuola italiana è tornato al centro dell’agenda pubblica, ma resta da capire se dalle parole si passerà ai fatti.