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Schlein, il boicottaggio e la scommessa impossibile dei referendum

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Schlein, il boicottaggio e la scommessa impossibile dei referendum

Elly Schlein non si tira indietro. Nonostante tutto, rivendica l’appoggio del Partito Democratico ai referendum, un gesto politico che oggi ha il sapore di una scommessa perduta. Con l’affluenza ferma al 30,58%, il quorum è sfumato. Ma la segretaria dem insiste: “Abbiamo portato 14 milioni di persone a votare”. C’è fierezza in queste parole, forse anche un filo di ostinazione.

Schlein, il boicottaggio e la scommessa impossibile dei referendum

Di certo, c’è la scelta consapevole di camminare in salita, lontano dalla comoda neutralità degli altri partiti. Il boicottaggio, denuncia Schlein, è stato reale: politico, mediatico, sistemico. Eppure, anche il Pd, oggi, sembra fare i conti con i limiti della propria voce.

La grande assente: l’opinione pubblica
Il problema non è solo l’ostilità del governo, né l’irrilevanza televisiva della campagna referendaria. Il vero dramma è che gli italiani, semplicemente, non hanno sentito il bisogno di votare. Il dibattito sui quesiti è scivolato via, ignorato da un’opinione pubblica che vive anestetizzata, distratta, distante. Non è solo responsabilità della destra se il referendum non ha mobilitato il Paese. È anche il segnale che la sinistra – tutta – fatica a rendere popolari le proprie battaglie. Che il linguaggio dei diritti, della giustizia sociale, del lavoro precario non riesce più a generare emozione, appartenenza, indignazione.

Una strategia di minoranza?
Il Pd, nella lettura che ne dà la sua segretaria, avrebbe voluto incarnare il partito della partecipazione. Ma non è riuscito a diventare il partito della maggioranza. I 14 milioni di votanti – cifra che in altri tempi sarebbe apparsa irrisoria – oggi sono esibiti come uno zoccolo resistente, una trincea. Ma questo orgoglio minoritario rischia di diventare autoreferenziale. Schlein ha scelto di schierarsi, e questo le va riconosciuto. Ma il Pd appare sempre più un partito che parla a chi già lo ascolta. Manca il resto del Paese. Manca l’Italia che si è voltata dall’altra parte, che ha ignorato le urne non per indifferenza, ma perché nessuno è riuscito a convincerla che il voto fosse utile.

La democrazia senza popolo
Forse la ferita più profonda non è quella politica, ma quella democratica. Un referendum ignorato è un segnale sordo, un vuoto che pesa più del risultato. Il quorum mancato racconta un Paese che non crede più alla democrazia diretta, che percepisce ogni iniziativa come lontana, tecnocratica, simbolica. Schlein denuncia il silenzio, e fa bene. Ma quel silenzio non è solo frutto di censura: è anche la misura del distacco tra la politica e il corpo vivo della società. Un corpo che, sempre più spesso, preferisce restare inerte.

Il passo successivo
Schlein promette di continuare la battaglia nei palazzi, di tradurre in proposte legislative ciò che il referendum non ha potuto conquistare. È una reazione dignitosa, ma rischia di restare senza eco. La scommessa del Pd non era solo sul merito dei quesiti: era sulla possibilità stessa di mobilitare un Paese. Oggi quella scommessa appare persa. E il rischio più grande è che nessuno, al di fuori della cerchia già convinta, se ne accorga davvero.

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