Una mossa liberatoria che rafforza il Ssn, smantella la medicina difensiva e rilancia la formazione dei medici di famiglia.
Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge delega sulle professioni sanitarie, rendendo strutturale lo scudo penale per i professionisti della salute. Da ora la responsabilità penale scatta solo in caso di “colpa grave” quando il sanitario si è attenuto a linee guida accreditate o a buone pratiche clinico-assistenziali, calibrate sul caso concreto e sul contesto operativo.
Una svolta attesa e vitale
La novità mette ordine a una stagione di incertezze iniziata in pandemia e proseguita a colpi di proroghe. L’impianto punta a restituire serenità professionale a chi opera in corsia, riducendo il contenzioso penale ingiustificato e rimettendo al centro la cura tempestiva del paziente.
Contesto operativo, risorse e complessità al centro
Nell’accertamento della colpa e del suo grado il giudice dovrà considerare elementi concreti e non eludibili, tra cui:
- scarsità di risorse umane e materiali;
- eventuali carenze organizzative non dipendenti dal singolo;
- la mancanza o contraddittorietà delle evidenze scientifiche disponibili;
- la reale disponibilità di terapie adeguate al momento del fatto;
- la complessità della patologia trattata;
- la presenza di urgenza o emergenza.
La medicina difensiva nel mirino
L’obiettivo dichiarato è colpire la medicina difensiva, ossia quell’insieme di esami e prescrizioni dettate più dal timore di denunce che dal bisogno clinico. Una pratica che grava sul sistema con costi stimati in oltre 11 miliardi l’anno e alimenta le liste d’attesa senza migliorare la qualità dell’assistenza.
Nessuna impunità: tutela civile salva
La riforma non introduce alcuna “zona franca”. La responsabilità penale resta in caso di colpa grave e, sul piano civile, i cittadini conservano il diritto al risarcimento per eventuali danni subiti. Il messaggio politico è netto: responsabilizzare senza criminalizzare, proteggendo allo stesso tempo pazienti e professionisti.
Oltre lo scudo: formazione, governance e incentivi
Il disegno di legge non si limita al penale. Tra le leve strutturali più attese spiccano:
- l’istituzione di una Scuola di specializzazione per i medici di famiglia, che supera l’attuale corso regionale;
- incentivi e forme di lavoro più flessibili, con l’impiego regolato degli specializzandi per colmare i vuoti di organico;
- la revisione degli Ordini professionali e la governance dell’intelligenza artificiale in sanità;
- nuove scuole di specializzazione per chimici e biologi;
- un percorso di sburocratizzazione che valorizzi le competenze e liberi tempo clinico.
Il Governo è delegato ad adottare i decreti attuativi entro il 31 dicembre 2026, passaggio decisivo per tradurre gli enunciati in prassi quotidiane.
Reazioni: entusiasmo e riserve
Il mondo medico accoglie con favore l’impianto: per molti è un atto di realismo che riallinea la responsabilità penale alla complessità della cura. I sindacati più rappresentativi sottolineano però un punto sensibile: la definizione concreta della “colpa grave” e la sua applicazione uniforme sul territorio, affinché lo scudo non si trasformi in incertezza interpretativa.
Dalla minoranza emergono invece rilievi sul sottofinanziamento del Ssn: senza risorse, dicono, nessuna norma potrà evitare il ricorso alla medicina difensiva né garantire reale equità di accesso.
Ricomposizione del rapporto tra giustizia e clinica
Lo scudo penale permanente ricompone il rapporto tra giustizia e clinica: sancisce che l’errore non è reato quando il medico ha agito entro standard riconosciuti e in condizioni spesso proibitive. La sfida ora è l’attuazione: decreti puntuali, formazione di qualità e investimenti in organizzazione e digitale. Solo così la tutela diventerà pratica quotidiana, riducendo il contenzioso e liberando energie per la cura.