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Le blatte di Roma e il nostro analfabetismo ecologico

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Le blatte di Roma e il nostro analfabetismo ecologico
Ogni estate, puntuale come l’afa, torna l’allarme blatte a Roma. Questa volta volano, ci raccontano i social. Fanno ribrezzo, certo. Ma la risposta istintiva – quella che invoca disinfestazioni massicce, interventi chimici, guerra totale all’insetto – dice molto più su di noi che sulle blatte. Dice della nostra incapacità di accettare che la città, per quanto umana, resta un ecosistema. E che la nostra igiene, la nostra idea di decoro, è spesso in rotta di collisione con l’ambiente stesso che abitiamo.

Le blatte di Roma e il nostro analfabetismo ecologico

Le blatte esistono, esistono da sempre. Sono creature adattabili, antichissime. Le vediamo di più d’estate perché fa caldo, perché la rete fognaria si surriscalda e le spinge in superficie. Non è un’invasione, è un ciclo. Le vediamo e ci spaventiamo. Ma se fossimo meno antropocentrici, se smettessimo di pensare alla città come qualcosa di separato dalla natura, ci accorgeremmo che la loro presenza è anche un indicatore ecologico. Ci dice che il suolo è vivo, che gli equilibri biologici funzionano – almeno fino a un certo punto.

Disinfestazioni a tappeto: una soluzione tossica

E invece si invoca la chimica. Si invoca il veleno. Si pretende la bonifica, come se la città fosse una sala operatoria. Ma la disinfestazione totale è una soluzione tossica, nel senso più letterale del termine. Le sostanze utilizzate penetrano nel suolo, finiscono nei tombini, arrivano ai corsi d’acqua. Colpiscono indiscriminatamente, uccidendo insetti utili e avvelenando i microhabitat urbani. È la risposta tipica di una mentalità che non sa vedere la complessità ecologica della città: una mentalità che preferisce il diserbante alla comprensione, il fuoco alla convivenza.

Rieducarci alla coabitazione urbana

L’ecologia urbana è una scienza sottovalutata, e la nostra incapacità di fare pace con creature come le blatte ne è il sintomo. Non ci rendiamo conto che ogni volta che sterminiamo indiscriminatamente un insetto, rompiamo una catena invisibile che regola l’equilibrio tra specie. Se le blatte proliferano oltre il normale, è spesso perché abbiamo alterato questi equilibri. Perché abbiamo impoverito il suolo, ridotto la biodiversità, cementificato troppo, lasciato rifiuti organici in giro. Ma tutto questo non lo vediamo. Vediamo solo l’insetto e vogliamo sterminarlo.

Una città più vivibile è una città più naturale

La verità è che Roma, come ogni città viva, è anche un paesaggio biologico. E non possiamo continuare a ignorarlo. Servono politiche ambientali serie, gestione dei rifiuti intelligente, spazi verdi veri, educazione ecologica profonda. Le blatte non sono un nemico, ma il sintomo di quanto siamo diventati analfabeti ecologicamente. E allora forse, la prossima volta che ne vedremo una, invece di urlare allo scandalo, potremmo chiederci: cosa ci sta dicendo della nostra città? E soprattutto: cosa possiamo fare – non contro di lei – ma con lei?
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