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Regionali, la mappa si muove: sfida Acquaroli-Ricci nelle Marche, Campania in stallo

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Regionali, la mappa si muove: sfida Acquaroli-Ricci nelle Marche, Campania in stallo

Il quadro delle prossime elezioni regionali inizia a prendere forma, ma le certezze restano poche. Le Marche hanno ora una data ufficiale: 28 e 29 settembre. Ed è nelle Marche che si apre una delle sfide più simboliche del prossimo autunno elettorale. Francesco Acquaroli, presidente uscente di Fratelli d’Italia, si ricandida forte di una legislatura che ha puntato sulla continuità e su un modello amministrativo costruito in sintonia con il governo Meloni. Dall’altra parte il Partito Democratico schiera Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, espressione di un riformismo territoriale che punta a riconnettere il centrosinistra con l’elettorato diffuso.

Regionali, la mappa si muove: sfida Acquaroli-Ricci nelle Marche, Campania in stallo

Non sarà una partita chiusa. Le Marche hanno già dimostrato, nel 2020, di essere capaci di voltare pagina dopo vent’anni di centrosinistra. Ma quell’onda potrebbe anche arrestarsi. Ricci è un amministratore radicato, con rapporti consolidati nei sindacati e nelle associazioni locali, e con un profilo civico che potrebbe intercettare anche parte dell’elettorato moderato. Acquaroli, però, ha dalla sua la macchina nazionale del partito, e la spinta istituzionale di un esecutivo centrale politicamente compatibile. La sfida, dunque, sarà anche una sfida di modelli, oltre che di alleanze.

Campania, un caso politico oltre la regione
Molto più confusa è la situazione in Campania. Qui l’incrocio tra ambizioni personali, assetti nazionali e logiche di potere locale sta paralizzando la coalizione progressista. Il nodo è sempre lo stesso: Vincenzo De Luca. Il presidente uscente vorrebbe ricandidarsi, forte di un controllo pressoché totale sul partito regionale e di una rete capillare di fedelissimi nei territori. Ma il Partito Democratico nazionale, con la segretaria Elly Schlein in prima linea, non sembra intenzionato a cedere ancora una volta a questa dinamica. Giuseppe Conte, dal canto suo, ha posto un veto esplicito. L’incontro dei giorni scorsi tra Schlein, Conte e De Luca non ha sciolto il nodo: si è trattato, più che altro, di una tregua tattica.

Nel frattempo, i nomi alternativi non decollano. Né sul fronte dei tecnici, né su quello dei sindaci. E cresce il rischio che, in assenza di una candidatura condivisa, il centrosinistra si presenti spaccato, consegnando di fatto la regione al centrodestra. Sarebbe un colpo durissimo, non solo dal punto di vista elettorale ma anche simbolico: la Campania rappresenta una delle ultime roccaforti storiche del Pd, e perderla significherebbe incrinare definitivamente la narrazione del nuovo corso progressista.

Zaia, il rebus veneto e i rapporti di forza nel centrodestra
Nel centrodestra, il punto più delicato è il Veneto. La regola interna della coalizione, mai scritta ma di fatto operativa, prevede la rotazione dei governatori. Ma Luca Zaia è un caso a parte. Al terzo mandato, con una popolarità personale che travalica la sigla di partito, Zaia è stato finora un punto di riferimento per la Lega e per tutto il Nord-Est produttivo. Ma ora, con Fratelli d’Italia in fase espansiva e Giorgia Meloni intenzionata a conquistare presìdi finora leghisti, l’ipotesi di un passo indietro da parte del presidente veneto prende corpo.

Il nodo non è solo veneto. È nazionale. La Lega rischia di essere marginalizzata nei territori, mentre Meloni tenta di trasformare il consenso nazionale in dominio locale. Il braccio di ferro è appena iniziato, ma si giocherà anche sulle candidature regionali: chi gestisce il territorio, ha risorse, visibilità e peso. Zaia, per ora, tace. Ma la Lega sa che senza di lui il consenso non è scontato. E che il dossier Veneto potrebbe diventare la miccia di una frizione interna che da tempo cova sotto la superficie.

Le Marche, specchio delle alleanze possibili
In questo contesto, le Marche tornano centrali. Non solo per l’esito elettorale in sé, ma per ciò che rappresentano. È lì che si testerà la tenuta dell’alleanza giallo-rossa, la capacità del Pd di parlare a un elettorato non metropolitano, e l’efficacia della proposta di Fratelli d’Italia sul piano amministrativo. Ricci, sostenuto convintamente da Schlein, incarna il tentativo di unire pragmatismo e identità. Ma dovrà vedersela con una destra radicata, abile nel coniugare presenza istituzionale e narrativa nazionale.

I mesi che precedono il voto saranno decisivi. I tavoli nazionali, le scelte sui candidati, le dinamiche tra partiti definiranno non solo gli schieramenti locali ma l’intero equilibrio delle alleanze. Le regionali, ancora una volta, saranno un test anticipato. E dietro ogni nome, ogni data, ogni trattativa, si intravede la domanda che nessuno dice ma tutti si pongono: chi comanderà davvero, dopo l’autunno?

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