La Rai trasloca da Saxa Rubra all'asilo infantile

- di: Bianca Balvani
 
Quanto lavoro dovranno fare i nuovi vertici della Rai (Sergio e Rossi) per riportarla nell'alveo del suo mandato di mandataria di un servizio pubblico, ridotta, invece, come è oggi, ad un luogo dove ci celebrano, davanti alle telecamere, rese dei conti tra conduttori, necrologi in diretta e controverse coperture giornalistiche di avvenimenti che avrebbero dovuto essere solo politici e che si sono invece prestati a essere ''visti'' come spot promozionali. Sono cose che, purtroppo, condizionano negativamente l'immagine di una azienda che, alle prese con una annunciata - da parte della nuova governance, conseguenza del mutato quadro politico - rivoluzione culturale, e quindi di contenuti, non riesce a liberarsi dalle scorie di un modo autoreferenziale di porsi. Come se una cosa ''venendo'' dalla Rai debba essere accettata, al di là di errori e manchevolezze. Negli ultimi giorni la Rai ha infilato una serie di episodi che, come li si voglia giudicare, danno un ulteriore segnale di una anarchia che, ribaltando la radice etimologica del termine, sembra avere una regia e finalità precise, a cominciare dall'assurdo meccanismo di marcare il territorio, di ribadire che ''io sono qui e nessuno mi può toccare''.

La Rai trasloca da Saxa Rubra all'asilo infantile

Come è accaduto, nel corso della trasmissione ''Uno mattina'', diventata un'aia dove si sono confrontati, manco fossero due galletti che si contendevano il territorio, Tiberio Timperi e Gianni Ippoliti, due che, messi insieme, cumulano decenni e decenni di presenza davanti alle telecamere e che, invece, si sono scontrati in diretta, con toni da guappi. Da spettatori non abbiamo capito bene quale sia stato il motivo del contendere, ma sentire il giornalista Rai promettere all'altro ''facciamo i conti dopo'' è stata una pagina orrenda della televisione pubblica. La specifica - pubblica - mai come in questo caso è opportuna perché dalla Rai ci si aspettano messaggi positivi e non la rappresentazione plastica di come dissensi sulla condizione e sui contenuti di una trasmissione possano diventare l'occasione di uno scontro verbale, per il quale s'è fatta intuire un successivo ''redde rationem''.

Professionisti non dovrebbe mai cadere nell'errore di portare i loro attriti in pubblico, men che meno se, dall'altro lato del video, ci sono milioni di spettatori ai quali, come in questo caso, è stato fatto arrivare un messaggio di violenza, pura e semplice, senza che il fatto che si sia limitata ad una sfera verbale abbia attenuato la gravità dell'accaduto. Poco conta il fatto che Ippoliti se ne sia andato dallo studio, disinnescando, per il momento, la ''resa di conti'' promessa da Timperi. A noi personalmente questa televisione pubblica crea sgomento, avendo perso per strada il mandato culturale che le è stato affidato e dando la possibilità ai suoi protagonisti di comportarsi davanti alle telecamere come farebbero in strada, nel privato. C'è poi un altro aspetto che merita una considerazione, nella Rai del 2023, così come di ieri e di ieri l'altro: il fatto che la si utilizzi per fatti privati. Il lutto, soprattutto quando colpisce all'improvviso, è una montagna difficilissima da scalare. Lo si può fare nella solitudine del dolore o cercando l'aiuto degli altri. E' comunque un processo faticoso - Massimo Recalcati lo ha sottolineato recentemente - e non è detto che si perfezioni sempre o subito. Ma questi sono ragionamenti che evidentemente si fermano all'ingresso degli studi della Rai dove il fatto personale viene fatto assurgere a interesse generale, dove il confine tra privato e pubblico non esiste se a qualcuno piace fare così. Mara Venier ha ricordato, durante  ''Domenica In'', il genero, Pier Francesco Forleo, tra i vertici della Rai, deceduto improvvisamente poche ore prima. Un brevissimo omaggio, sentito (la conduttrice lo ha fatto piangendo e con la voce rotta dalla commozione) e che è durato appena pochi secondi.

Ma, lo diciamo con il massimo rispetto per il dolore di Mara Venier, quel ricordo straziato è in linea con la mission pubblica della Rai? E, con lo stesso rispetto,  ci chiediamo come mai la Rai non tributi sempre ai suoi funzionari, in casi drammatici come questo, ricordi in diretta, con tanto di gigantografia dello scomparso alle spalle del ''celebrante'' il lutto? E ancora, se il deceduto fosse stato un oscuro funzionario di una sede periferica o anche della sede centrale della Rai, si sarebbe seguita la medesima procedura celebrativa? In medio stat virtus, dicevano i latini che spesso erano molto più avanti di noi in quanto ad equilibrio. Si poteva anche ricordare lo scomparso, ma non in quel modo e, soprattutto, evitando a Mara Venier di spezzare lacrime e commozione dicendo ''Pubblicità''. Restando in materia di pubblicità (vera, presunta) come tacere del clamore che ha creato la massiccia copertura giornalistica dell'evento organizzato da Bruno Vespa nella sua masseria in Puglia e al quale hanno partecipato in massa esponenti politici, di maggioranza e opposizione, compresa il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni? Un clamore che è figlio dell'ingombrante ''presenza'' giornalistica di Vespa, che in questo caso ha mostrato le sue molteplici attività, compresa quelle legate alla produzione di vino e, soprattutto, al fatto di essere catalizzatore di attenzione, quali siano le cose che fa. Su questo si sono mossi i partiti (Pd) e le rappresentanze dei giornalisti, che si chiedono se sia normale una attenzione mediatica totale, quale quella riservata al forum organizzato a Vespa.

Ci viene però un dubbio, che giriamo a chi ha avuto la pazienza di leggerci: ma se anziché Vespa l'organizzatore della manifestazione si fosse chiamato Pinco Pallino, la morbosa attenzione contraria che è stata riservata a questo evento sarebbe stata  la stessa? Ora Bruno Vespa, per la sua immanenza nel panorama giornalistico italiano, non è che risulti a tutti simpatico, rimproverandogli - la parte a lui avversa, che cambia con il mutare delle maggioranza - di blandire più che incalzare, di fare domande che apparecchiano risposte autocelebrative. Questo però non  dovrebbe intaccare il giudizio sul professionista che può anche essere antipatico, ma se è rimasto per 50 anni sul proscenio qualcosa deve pure valere.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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