RAI: un suicidio mediatico il no di Conte ai 5S in tv

- di: Redazione
 
Prima o poi doveva accadere. Per la legge dei grandi numeri, era impossibile che il cammino di Mario Draghi proseguisse senza un intoppo, senza un'ombra, senza che qualcuno protestasse. Ma forse in pochi si aspettavano che questo accadesse per una cosa che con il governo dovrebbe entrarci poco, la nomina dei direttori di testata della RAI.

RAI: fa discutere il no di Giuseppe Conte ai membri del M5S in tv

Non sappiamo se e fino a che punto Draghi abbia detto la sua sulla delicata questione (da sempre foriera di lamentele ed alti lai, da parte di chi viene escluso dalla spartizione della torta o se gli è toccata una fetta più piccola di quella che sperava), ma forse mai come in occasioni del genere il silenzio sarebbe stata la risposta migliore alla caciara alla quale ci hanno fatto assistere i vertici della RAI chiamati, come gli speziali d'un tempo, a usare il bilancino per trovare il punto di equilibrio tra spinte e rivendicazione solo politiche. Alla fine è stata partorita la ''gold list'' che, come accade sistematicamente, ha soddisfatto quasi tutti, lasciandosi comunque dietro uno strascico di polemiche.

Scontate quelle del sindacato dei giornalisti della RAI, l'Usigrai, sistematicamente ignorato nei suoi appelli a fare ricorso alle risorse interne all'azienda e, soprattutto, a guardare il merito e non il pedigree politico.
Ma questa volta, ad essere stato colpito e abbattuto nelle sue speranze e aspirazioni, è stato il partito che è ancora di maggioranza relativa in Parlamento, i Cinque Stelle, che si ritrovano oggi senza essere riusciti a mettere il cappello su alcuna delle ambite poltrone, ma soprattutto perdendo la direzione del Tg1, perché ''il loro'' Giuseppe Carboni non è stato confermato.
Cosa che ha scatenato la reazione di Giuseppe Conte, come era naturale che fosse. Ma è il come il capo del Cinque Stelle ha reagito a muovere qualche perplessità, non in noi, ma negli stessi grillini che in alcuni non hanno compreso bene il perché, per protestare contro i criteri delle nomine RAI, da oggi nessun esponente del movimento andrà a parlare davanti alle telecamere del servizio pubblico.

Decisione presa sull'onda dell'arrabbiatura, ma che resta difficile da capire. Se la ratio può essere compresa - non necessariamente condivisa -, perché lo smacco della defenestrazione di Carboni è difficile da metabolizzare, gli obiettivi restano oscuri o, peggio, rischiano di essere un boomerang di devastante impatto nell'opinione pubblica.
Messo alle spalle l'ukase - agli albori del movimento - di Beppe Grillo, che non voleva i suoi seguaci in tv per evitare che si contaminassero entrando in contatto con il Sistema, i grillini negli anni sono diventati abituali frequentatori dei salotti televisivi, a cominciare da quelli del servizio pubblico, nei quali hanno mostrato di stare bene. Anzi benone, se si vanno a controllare presenze e minutaggi. Ora, però, da studi e trasmissioni Conte li vorrebbe assenti.

Ma per cosa? Per non avere più una direzione? E la tanto decantata diversità grillina dove è andata a finire? Dove sono i ''duri e puri'' che volevano la politica fuori dalla RAI? Traslocheranno tutti sulle reti Mediaset o su La7?
Una scelta politicamente suicida - che potrebbe rientrare quando Conte rinsavirà politicamente - soprattutto perché, lo ripetiamo, non parliamo di un partitino, ma di un movimento che all'inizio della legislatura ha mandato in parlamento più deputati e senatori degli altri, ma che ha disperso questo patrimonio con scelte politiche autolesionistiche che ancora oggi appaiono incomprensibili. Nell'epoca della comunicazione senza freni, l'Aventino televisivo è una mossa incomprensibile, anche alla luce della delusione e dell'umiliazione patita. Ma forse i Cinque Stelle sono troppo puri per non essere anche concreti.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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