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Il Quirinale è un onore, non un mezzo di rivalsa

- di: Redazione
 
Il Quirinale è un onore, non un mezzo di rivalsa
Le cronache politiche di queste ore sono occupate, insieme al condiviso cordoglio per la scomparsa di David Sassoli, dalle manovre per conquistare il Quirinale. Una guerra (che, per la verità, oggi vede un solo protagonista) che sta toccando picchi di comicità certo involontaria, ma che è destinata a lasciare traccia. Come, altrimenti, si potrebbe definire il paginone (pubblicato, a pagamento, su un giornale ''vicino'') che ha tessuto le lodi di Silvio Berlusconi, raggiungendo vette di piaggeria che, certamente, il Cavaliere non avrebbe mai voluto?
Un uomo politico o uno statista (la distinzione è evidente) deve valere per quello che è, non per le carezze e i salamelecchi di cui viene fatto oggetto da sostenitori che sfiorano l'idolatria, un culto della personalità che suona offesa per chi legge.

Per Berlusconi la strada per il Quirinale sia un onore, non un mezzo di rivalsa

Silvio Berlusconi, se vuole il Quirinale, lo deve conquistare convincendo e non blandendo o, peggio, offrendo. Anche chi lo ha in odio, deve ammettere che Berlusconi, da quasi trent'anni, è uno dei protagonisti della vita politica (il resto lo lasciamo da parte) e, quindi, solo in virtù delle cose che ha fatto può chiedere un 'sì' alla sua candidatura, non perché sta battendo telefonicamente tutti gli schieramenti per racimolare i voti che, oggi, gli mancano. L'uomo-Berlusconi è tenace, spesso testardo e questo lascia capire se, nel momento in cui ha rivelato il suo sogno, di conti ne ha fatto parecchi convincendosi di essere un candidato credibile a succedere a Mattarella. Ma i sogni, si sa, finiscono all'alba e se vengono coltivati quando il sole è alto, a dispetto di consigli e ammonimenti, sono ben altro. Perché anche i sogni devono avere un minimo di fondamento.
E se qualcuno di molto vicino al Cavaliere, come Gianni Letta (a detta di più resoconti giornalistici), consiglia di accantonarli, forse ci sarebbe da riflettere. Sino ad oggi non è accaduto perché Silvio Berlusconi va avanti per la sua strada, fidando sull'amicizia (di pochi) e la riconoscenza (di molti) per potere ascendere al Quirinale.

Il Colle, però, non può essere sminuito nel suo ruolo, anche simbolico, per soddisfare lo spirito di rivalsa. Berlusconi, al quale non si possono certo disconoscere intelligenza e fiuto, laddove, già nelle prossime ore, dovesse ufficializzare la sua candidatura, dovrà avere la capacità di fare capire a tutti (anche a coloro che di certo non lo voteranno in parlamento, come a quella parte del Paese che in lui vedrà sempre l'amabile ospite delle 'cene eleganti' ad alto tasso di bellezze femminili) che la stagione da spietato antagonista dell'establishment politico avverso è finita; che non è più lo stesso che insultava i magistrati; che non dava del 'coglione' a chi vota a sinistra (aprile 2006).

Se lo stesso Gianni Letta - sempre a dare ascolto ad indiscrezioni giornalistiche - ha detto che, in fondo, la candidatura di Berlusconi potrebbe dimostrarsi divisiva e quindi politicamente controproducente, forse il Cavaliere dovrebbe prestare attenzione. Non per cambiare idea (impresa quasi impossibile per tutti), ma almeno per modificare la cifra politica della sua candidatura. Perché non basta che il valletto di turno dica che sarà un grande presidente, pacificatore ed equilibratore per renderlo tale. L'essere stato fuori dalla mischia per qualche anno non ha certo cancellato il passato.

Se Silvio Berlusconi si vuole candidare per il Quirinale padronissimo di farlo, a patto che ne faccia un obiettivo d'onore, non uno strumento per regolare vecchie diatribe, magari con chi, vestendo una toga, ha giurato di servire il Paese. Lo ricordi, Berlusconi, se e quando dovesse parlare di Quirinale e magari prenda esempio da chi oggi siede ancora al Colle e che della misura e dello stile ha fatto un canone quotidiano.
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