Dalle pinte negate ai ministri al crollo nei sondaggi, un segnale politico forte.
C’è un luogo che più di ogni altro racconta l’anima britannica: il pub di quartiere.
Ed è proprio da lì che arriva una delle proteste più rumorose e simboliche contro il governo
guidato da Keir Starmer. Nel cuore della stagione natalizia, centinaia di locali
hanno deciso di chiudere le porte ai rappresentanti del Partito laburista, trasformando una pinta
di birra in un atto politico.
Sulle porte campeggiano cartelli inequivocabili: “Vietato l’ingresso ai deputati Labour”.
Non è folklore, ma rabbia vera. Una rabbia alimentata dagli aumenti fiscali annunciati
dal governo e percepiti dal settore come l’ennesima stangata su un comparto già fragile.
La scintilla: tasse più alte e conti che non tornano
Nel mirino dei gestori c’è il pacchetto di misure fiscali presentato dal Tesoro britannico nell’autunno
2025. Secondo stime diffuse dalla stampa economica inglese tra novembre e dicembre 2025, per molti pub
l’aggravio supera le 2.000 sterline annue, tra tasse dirette, contributi e adeguamenti
legati al costo del lavoro.
A diventare simbolo della protesta è stato un pub di Leeds, il Marsh Inn, che ha
pubblicamente bandito la cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves, solitamente cliente
abituale del locale. Il proprietario, Martin Knowles, ha spiegato ai media britannici che l’aumento
fiscale previsto per il suo pub ammonta a circa 2.500 sterline: “Una cifra che per noi
fa la differenza tra sopravvivere e chiudere”.
Da selfie estivi a gelo politico
Il contrasto è diventato virale anche per un dettaglio simbolico. I quotidiani britannici hanno
ripescato una foto dell’estate 2024 che ritraeva Reeves sorridente proprio accanto al gestore del Marsh Inn,
durante i festeggiamenti per la vittoria elettorale laburista. Un anno dopo, l’atmosfera è cambiata:
dalla celebrazione alla scomunica politica.
La notizia è stata ripresa a dicembre 2025 da testate come il Guardian, la BBC e i principali giornali
nazionali, che leggono la vicenda come il segnale di una frattura profonda tra governo e territori.
Una protesta che va oltre la birra
La cosiddetta “rivolta dei pub” non nasce dal nulla. Già a inizio dicembre 2025 circa
250 tra pub, ristoranti e hotel avevano aderito a una campagna coordinata contro la
pressione fiscale. In un’intervista alla BBC (dicembre 2025), Andy Lennox, proprietario dell’Old Thatch
nel Dorset, ha parlato apertamente di “ultima spiaggia”.
“Abbiamo scritto lettere, contattato parlamentari, chiesto incontri. Non siamo stati ascoltati.
Ora siamo semplicemente stufi”, ha dichiarato Lennox, spiegando che il settore chiedeva da tempo
alleggerimenti fiscali e non nuovi aumenti.
Il contesto politico: consenso in caduta libera
La protesta arriva in un momento delicatissimo per il governo Starmer. Secondo rilevazioni
demoscopiche pubblicate tra ottobre e dicembre 2025, il consenso per il Labour sarebbe sceso
dal 34% delle elezioni a circa 18%. Una caduta verticale che alimenta
malumori interni e voci di possibili cambi di leadership.
A pesare sono la stagnazione economica, una serie di scivoloni politici e la pressione crescente
dell’opposizione populista guidata da Nigel Farage, con Reform UK in forte crescita.
Non a caso, commentatori politici britannici si interrogano apertamente sulla tenuta del premier
nel medio periodo.
Downing Street prova a rassicurare
Pochi giorni dopo l’esplosione del caso, Downing Street ha fatto sapere – dichiarazioni diffuse
il 15 dicembre 2025 – di voler “sostenere il settore dell’ospitalità” e di essere
disponibile a un confronto. Parole che, al momento, non hanno placato la protesta.
Per molti osservatori, la chiusura simbolica dei pub ai politici rappresenta qualcosa di più di
una battaglia fiscale: è il segnale di una distanza crescente tra classe politica e comunità locali,
proprio in quei luoghi che storicamente hanno sempre fatto da collante sociale.