Premi di produttività: più lavoratori coinvolti e incentivi fiscali spingono crescita e innovazione

- di: Barbara Leone
 

La riduzione della tassazione al 5% sui premi di produttività rappresenta un'importante innovazione nel panorama del lavoro italiano, in un momento storico in cui la questione salariale sta assumendo un ruolo centrale nel dibattito pubblico. Il recente report del Ministero del Lavoro, guidato da Marina Calderone, evidenzia una crescente adozione di questo strumento, capace di migliorare le condizioni economiche dei lavoratori e di incentivare la competitività delle imprese. Al 15 novembre 2024, i contratti di produttività attivi hanno raggiunto quota 18.506, con un incremento di 2.484 rispetto allo stesso periodo del 2023.

Premi di produttività: più lavoratori coinvolti e incentivi fiscali spingono crescita e innovazione

La crescita è stata particolarmente significativa nei primi quindici giorni di novembre, durante i quali sono stati registrati ben 258 nuovi contratti, a testimonianza di un interesse sempre più marcato verso questa misura. Sul fronte dei lavoratori beneficiari, per la prima volta si supera la soglia dei cinque milioni (5.027.970). L’importo annuo medio percepito dai lavoratori è pari a 1.511,14 euro, con una differenza marcata tra i contratti aziendali (1.725,31 euro) e quelli territoriali (726,14 euro). Questo divario riflette sia le diverse dimensioni delle imprese coinvolte sia l’impatto delle specifiche negoziazioni sui livelli di produttività.

L'introduzione della tassazione agevolata al 5%, applicabile ai premi fino a 3.000 euro per lavoratori con redditi inferiori a 80.000 euro, è stata un elemento chiave per favorire l’adozione di questi contratti. Questa misura, confermata dalla manovra di bilancio per il triennio 2025-2027, permette non solo di aumentare le retribuzioni nette dei lavoratori, ma anche di incentivare le imprese a investire nella produttività. La cosiddetta "cedolare secca" al 5% ha reso lo strumento particolarmente appetibile anche per le piccole e medie imprese (PMI), dove i costi contenuti e l’elevata flessibilità sono spesso fattori determinanti. Il 48% dei contratti attivi è attribuibile a imprese con meno di 50 dipendenti, mentre il restante è suddiviso tra aziende di medie dimensioni (15%) e grandi imprese con oltre 100 dipendenti (37%, in aumento rispetto alla rilevazione precedente). I dati territoriali mostrano una distribuzione che continua a premiare il Nord Italia, dove si concentra il 74% dei contratti attivi. Il Centro e il Sud, rispettivamente con il 16% e il 10%, mostrano però segnali di crescita, con un maggiore ricorso ai contratti territoriali per includere piccole realtà imprenditoriali che puntano a migliorare le proprie performance. Dal punto di vista settoriale, il comparto dei servizi e quello dell’industria rimangono i principali utilizzatori dello strumento, evidenziando come l’adozione di premi di produttività sia più diffusa nei contesti in cui l’innovazione organizzativa e tecnologica ha un impatto diretto sui risultati.

L’analisi degli 18.506 contratti attivi rivela una forte attenzione agli obiettivi di miglioramento delle performance aziendali e del benessere lavorativo. Tra gli obiettivi più frequenti figurano: 14.934 contratti per aumentare la produttività, 11.803 per migliorare la redditività, 9.319 per ottimizzare la qualità, 1.681 per promuovere la partecipazione dei dipendenti, 11.165 includono misure di welfare aziendale. Il welfare aziendale si conferma dunque uno dei punti di forza dei contratti di produttività, offrendo vantaggi concreti ai lavoratori e alle loro famiglie, oltre a creare un ambiente di lavoro più inclusivo e motivante.

Tags: lavoro
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