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La manovra in fibrillazione: ministri in rivolta e banche nel mirino

- di: Vittorio Massi
 
La manovra in fibrillazione: ministri in rivolta e banche nel mirino

Ministri in rivolta per le sforbiciate ai dicasteri e vertice d’urgenza a Palazzo Chigi per rimodulare i tagli: la manovra entra nella fase più delicata. Tra richieste di correzioni politiche e nuove entrate dal settore finanziario, il governo prova a tenere insieme conti, crescita e promesse.

(Foto: il ministro a Economia e Finanze, Giovanni Giorgetti).

Un governo diviso sui tagli ministeriali

Nel giro di ventiquattr’ore dal via libera in Consiglio dei ministri la maggioranza ha mostrato crepe evidenti. Più esponenti di governo contestano il metodo con cui sono stati calcolati i tagli, giudicato eccessivamente tecnico. In particolare, la riduzione colpirebbe fondi non ancora spesi che in molti casi sono vincolati a progetti già programmati, con il rischio di bloccare interventi in corso.

Per disinnescare la tensione, la presidente del Consiglio ha annunciato l’apertura di un tavolo di lavoro incaricato di rimodulare la distribuzione dei tagli all’interno dei singoli budget, senza ritoccare l’ammontare complessivo ma evitando tagli “piatti” e indiscriminati.

Quali ministeri sono sotto pressione

Sono più esposti i dicasteri con spese pluriennali e impegni su infrastrutture, istruzione e cultura. Da queste aree si è levata la richiesta di preservare i capitoli vincolati. Il ministro della Cultura ha sottolineato l’esigenza di bilanciare rigore e visione: “Ben vengano i tagli se servono a investire in infermieri e nei ceti più fragili, ma dai tecnici mi aspetto maggiore attenzione, anche per la cultura”, ha dichiarato Alessandro Giuli.

Preoccupazioni simili arrivano dall’Istruzione, dove il tema è proteggere programmi in corso e spese non comprimibili legate a personale, sicurezza degli edifici e servizi essenziali.

Banche e assicurazioni per le coperture

La strategia di finanza pubblica affianca alla spending review un contributo strutturale del settore finanziario lungo l’arco 2026-2028. Il pacchetto comprende: la riapertura di riserve accumulate dagli istituti con un’aliquota agevolata nella prima fase per favorirne l’utilizzo; l’incremento dell’addizionale Irap per banche, assicurazioni e operatori parabancari; la modulazione di deduzioni e anticipi fiscali su perdite pregresse e strumenti patrimoniali.

La finalità è duplice: assicurare entrate certe nel breve periodo e distribuire l’onere in modo graduale, riducendo l’impatto su credito all’economia reale e stabilità di bilancio delle stesse imprese finanziarie. Il confronto tecnico resta aperto per rendere le misure coerenti con la regolazione di settore e minimizzare il rischio di contenziosi.

Dal mondo bancario è arrivata un’apertura prudente. Il presidente di Unipol e patron di Bper, Carlo Cimbri, ha parlato di “un buon punto d’incontro: il settore non si sottrae”, segnale di disponibilità a una soluzione sostenibile per i conti e per il mercato.

Le tensioni nella maggioranza

Le frizioni non riguardano solo i dicasteri: sulla quota chiesta al settore finanziario permangono differenze di tono tra le forze di maggioranza. Da un lato c’è chi chiede di “far parlare i numeri” e blindare l’impianto, dall’altro chi sollecita un atteggiamento più muscolare verso gli istituti. Un esponente di primo piano della Lega ha affermato: “È incredibile che le grandi banche, capaci di guadagnare decine di miliardi, ora si lamentino”. La linea di Palazzo Chigi resta però quella di un intervento non punitivo, ma utile a coprire gli obiettivi di bilancio senza inceppare il credito.

Il vincolo europeo e la rotta sul deficit

La cornice dell’Eurozona resta decisiva. La Commissione ha indicato che, qualora l’Italia riporti il deficit sotto il 3% del Pil nel 2025, si aprirà la strada all’uscita dalla procedura per disavanzo eccessivo nel semestre successivo. È un traguardo politico oltre che contabile, che richiede coerenza tra rimodulazione dei tagli e contributo del settore finanziario per garantire coperture stabili e credibili.

Crescita, imprese e rischi da monitorare

Nel frattempo, le previsioni aggiornate segnalano una dinamica di crescita più moderata. Questo rende ancora più complessa la quadratura del cerchio: servono coperture immediate ma anche spazio per gli investimenti che sostengono produttività e domanda. Il punto critico è evitare che la stretta contabile scivoli in una stretta pro-ciclica, comprimendo proprio quelle voci che alimentano sviluppo e occupazione.

Cosa succede adesso

Il tavolo a Palazzo Chigi. Dovrà definire in tempi stretti come ripartire i tagli tra i capitoli di spesa, salvaguardando i fondi vincolati e garantendo la realizzabilità dei progetti.

Il confronto con le banche. Prosegue per tarare aliquote e meccanismi di utilizzo delle riserve, così da renderli compatibili con le regole prudenziali e con il funzionamento del mercato del credito.

La tenuta della maggioranza. Le differenze di accento tra le forze politiche dovranno ricomporsi su una linea comune: rigore, ma con attenzione a servizi, investimenti e crescita.

La rotta europea. Rientrare sotto il 3% nel 2025 resta il banco di prova. L’esito condizionerà la percezione sui mercati, il costo del debito e il margine di manovra per le politiche pubbliche.

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