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Caso Almasri, Meloni salva ma processo ai ministri

- di: Jole Rosati
 
Caso Almasri, Meloni salva ma processo ai ministri

Archiviata la premier, chiesta l’autorizzazione a procedere per Nordio, Piantedosi e Mantovano. Lei: “Decisione assurda, ho condiviso tutto”.

(Il ministro Carlo Nordio e, sullo sfondo, Osama Najeem Almasri).

Archiviata la premier, resta sotto accusa il cuore del governo

Il Tribunale dei ministri di Roma ha chiesto l’autorizzazione a procedere contro Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano per la gestione del caso Osama Najeem Almasri, comandante libico accusato di crimini contro l’umanità e rimpatriato con un volo di Stato dopo essere stato arrestato in Italia. La richiesta segue l’esposto presentato dall’avvocato Luigi Li Gotti. Giorgia Meloni è stata invece archiviata, ma ha reagito con un attacco frontale alla magistratura: “Decisione assurda, ho condiviso tutto”.

Chi è Almasri e cosa ha fatto l’Italia

Osama Almasri, noto per essere a capo di una milizia attiva nel traffico di esseri umani e in operazioni di repressione violenta in Libia, era oggetto di un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale dal 2 ottobre 2024. Arrestato a Roma il 19 gennaio, è stato rilasciato due giorni dopo dalla Corte d’Appello per un vizio formale: il ministero della Giustizia non aveva attivato la procedura di arresto internazionale. Il 22 gennaio, Almasri è stato caricato su un aereo di Stato e riportato in Libia, scortato da funzionari italiani. È lì che si è aperto il caso politico-giudiziario.

Meloni: “Scelta condivisa, attacco strumentale”

Nel suo messaggio su X, Meloni ha rivendicato la collegialità dell’azione di governo:

“Rivendico che questo governo agisce in modo coeso sotto la mia guida. Ogni scelta, soprattutto così importante, è concordata. È quindi assurdo chiedere che vadano a giudizio Piantedosi, Nordio e Mantovano, e non anche io, prima di loro”.

E ha aggiunto:

“Nel decreto si sostiene che io non sia stata preventivamente informata. È una tesi palesemente assurda”.

Una presa di posizione netta, che fa da scudo politico ai tre ministri coinvolti. La premier ha annunciato che sarà in aula al momento del voto parlamentare sull’autorizzazione a procedere, seduta accanto a loro, per dimostrare unità.

I ministri nel mirino: cosa contestano i giudici

Secondo l’atto del Tribunale dei ministri, i tre avrebbero agito senza coinvolgere formalmente la premier, il che giustificherebbe la separazione delle posizioni. Le ipotesi di reato includerebbero favoreggiamento, abuso d’ufficio, violazione del diritto internazionale e dell’obbligo di collaborazione con la Corte dell’Aia. Il sottosegretario Mantovano, delegato all’intelligence, avrebbe avuto un ruolo decisivo nel coordinare il rimpatrio di Almasri.

Le reazioni: muro della maggioranza, sdegno dell’opposizione

Matteo Salvini ha dichiarato:

“Alla faccia dei ‘non ricordo’ di Conte e Toninelli sugli sbarchi... Avanti insieme a testa alta, non ci fermeranno”.

Francesco Boccia, capogruppo PD, ha attaccato:

“Meloni è soddisfatta di aver fatto scarcerare un criminale e un torturatore. La responsabilità politica resta tutta sua”.

Angelo Bonelli ha parlato di “una vergogna che getta fango sull’Italia intera”. Per Riccardo Magi (+Europa), “Il caso Almasri è una pagina nera per lo stato di diritto italiano”.

L’eurodeputato francese Bernard Guetta ha definito la vicenda “sconcertante e incompatibile con i valori europei”.

Un esecutivo in trincea: riunioni segrete e strategia del voto

Meloni è stata informata della decisione del tribunale nella mattinata del 4 agosto, mentre era in visita nelle Marche, dalla sua legale Giulia Bongiorno. Tornata a Roma, ha convocato un vertice riservato a Palazzo Chigi con Mantovano e il sottosegretario Fazzolari. È previsto un confronto anche con Nordio e Piantedosi. L’obiettivo: forzare i tempi del voto parlamentare per neutralizzare al più presto l’effetto mediatico della richiesta di processo.

Il Parlamento decisivo: ma si parla già di segreto di Stato

Spetta ora alle Camere – probabilmente al Senato – decidere se concedere o meno l’autorizzazione. La maggioranza appare compatta nel dire no, ma in ambienti vicini al Quirinale si teme che venga invocata la copertura del segreto di Stato, ipotesi prevista dal codice di procedura ma politicamente esplosiva.

Nel caso in cui il Parlamento autorizzasse il processo, i tre ministri dovrebbero affrontare un procedimento ordinario. Se invece la richiesta fosse respinta, il caso si chiuderebbe, ma lascerebbe sul tavolo una gravissima questione politica: quella della impunità di fatto in materia di crimini internazionali.

Uno Stato che rinuncia al diritto

Il caso Almasri ha già minato la reputazione dell’Italia presso la Corte Penale Internazionale, con un dossier che potrebbe sfociare in una procedura d’infrazione. Ma la questione più profonda è interna: può un governo agire deliberatamente per salvare un criminale di guerra e rivendicarlo come azione politica?

Meloni ha scelto la strada dell’unità monolitica e dello scontro frontale con la magistratura. Ma la giustizia resta lì, sul tavolo del Parlamento, pronta a misurare il coraggio e la coerenza delle Camere. O, più probabilmente, la loro obbedienza.

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