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Piano casa Ue: nuove regole affitti brevi, aiuti di Stato e maxi-BEI

- di: Bruno Legni
 
Piano casa Ue: nuove regole affitti brevi, aiuti di Stato e maxi-BEI
Piano casa Ue: le mosse meno viste su affitti brevi e cantieri
Nel pacchetto di Bruxelles c’è più “meccanica” che slogan: e cambia tutto.

La notizia è di ieri, ma i dettagli che contano stanno scivolando sotto traccia. Il Piano europeo per l’alloggio accessibile presentato dalla Commissione il 16 dicembre 2025 non è solo una risposta “politica” alla crisi: è un manuale operativo con leve tecniche (e qualche stoccata al mercato) che potrebbe spostare davvero l’ago della bilancia.

Il dato che quasi nessuno sta aprendo: il 20% delle case è vuoto

Tra grafici e dichiarazioni, un passaggio della Commissione è una sirena d’allarme: nell’UE circa il 20% delle abitazioni risulta non occupato. Tradotto: una parte del problema non è solo “costruire di più”, ma usare meglio ciò che già esiste (recupero, riuso, rientro sul mercato di stock fermo, conversioni). È un punto delicato perché sfiora temi esplosivi: fiscalità locale, seconde case, investimenti speculativi, eredità immobiliari bloccate, proprietà frammentate.

Affitti brevi: non (solo) Airbnb, ma “aree sotto stress” con regole comuni

Il piano annuncia una iniziativa legislativa sugli affitti brevi inserita in un futuro Affordable Housing Act. Il dettaglio meno ripreso è l’architettura: la Commissione parla di interventi mirati nelle aree “sotto stress abitativo” e non di una norma uguale per tutti. È un modo per dare copertura a sindaci e regioni che chiedono strumenti più chiari (limiti, controlli, trasparenza) senza trasformare Bruxelles nel “ministero europeo degli affitti”.

Permessi e burocrazia: la Commissione indica un cambio di filosofia

Qui c’è una chicca molto concreta: nel capitolo “taglio del red tape”, Bruxelles cita esempi nazionali e una logica ribaltata — passare da “serve un permesso, salvo eccezioni” a “non serve un permesso, salvo eccezioni” — come strada per accelerare l’offerta. Nel documento si menziona, tra i casi, la riforma olandese Omgevingswet che avrebbe ridotto i tempi autorizzativi (da settimane/mesi a tempi più rapidi) e anche standard locali pensati per abbattere i costi dell’edilizia sovvenzionata. Non è folklore: è un messaggio politico agli Stati membri su dove “tagliare” senza far crollare qualità e sicurezza.

Cantieri europei: nasce una partita su lavoro e concorrenza

Altro punto poco raccontato: la Commissione lega la casa alla competitività e mette sul tavolo due dossier da addetti ai lavori.

  • Servizi edilizi oltre confine: oggi solo una quota minima dei servizi di costruzione è transfrontaliera nell’UE. Nel piano compare un Construction Services Act previsto per Q4 2026, con l’idea di far circolare competenze e imprese senza comprimere tutele.
  • Vigilanza antitrust: la Commissione scrive che sarà attenta a eventuali pratiche anticoncorrenziali nel settore costruzioni/ristrutturazioni. È un segnale: la crisi non si risolve se i costi restano gonfiati da strozzature o cartelli. 

Manodopera: il piano “casa” diventa anche piano “skills”

La Commissione lega esplicitamente l’offerta abitativa alla scarsità di personale qualificato: si parla di carenze crescenti e della necessità di formazione su larga scala (apprendistati, riqualificazione, programmi europei). Nel testo compaiono canali come Pact for Skills, Erasmus+ e iniziative collegate al New European Bauhaus. Non è un dettaglio ornamentale: senza carpentieri, tecnici, impiantisti e progettisti, gli obiettivi restano un PowerPoint.

Energia: non solo “case”, ma bollette (con un pacchetto dedicato nel 2026)

Nel piano c’è un incastro spesso ignorato nei titoli: la Commissione insiste su case più efficienti = costi di gestione più bassi, e collega l’agenda abitativa a un Citizens Energy Package annunciato per il 2026, con l’obiettivo di abbassare le bollette e affrontare povertà energetica. Qui l’Unione gioca in casa: sull’energia ha strumenti molto più robusti che sull’housing in senso stretto.

Soldi: la BEI raddoppia, ma la notizia vera è “come” li muove

Il punto meno “da titolone” è il meccanismo: la Banca europea per gli investimenti annuncia un salto a 6 miliardi di euro di finanziamenti per la casa nel 2026, con una priorità dichiarata su innovazione, ristrutturazioni e nuove costruzioni. Dentro ci sono tre dettagli interessanti:

  • HousingTechEU: un’iniziativa da 400 milioni per spingere tecnologie e industrializzazione dell’edilizia (materiali, macchinari, metodi costruttivi più rapidi).
  • Piattaforma paneuropea di investimento: un hub (lancio nel corso del 2026) per collegare progetti locali, competenze e investitori, con mappe e strumenti per orientare promotori e amministrazioni.
  • Studio sulla residenzialità studentesca: la BEI indica anche una linea di lavoro specifica su student housing, tema enorme nelle città universitarie. 

Il messaggio politico: “classe media” e lavoratori essenziali

Il documento della Commissione mette nero su bianco che la crisi non riguarda più solo fasce fragili: colpisce in modo crescente la classe media e perfino i lavoratori essenziali (insegnanti, infermieri, vigili del fuoco, forze dell’ordine) che non riescono a vivere nei territori che servono. È un cambio di narrazione: la casa diventa un tema di mobilità del lavoro e produttività, non soltanto di welfare.

Cosa succede adesso

Le tappe chiave, così come emergono dal pacchetto:

  • 2026: proposta su affitti brevi e misure operative legate all’Affordable Housing Act; avvio della piattaforma paneuropea per gli investimenti; pacchetto energia per i cittadini.
  • Quarto trimestre 2026: atteso il Construction Services Act.
  • 2026–2027: montaggio degli strumenti finanziari e delle semplificazioni connessi agli investimenti (secondo i documenti del pacchetto e le comunicazioni collegate).

Il punto, in sintesi, è questo: Bruxelles non promette “la casa per tutti” con una bacchetta magica, ma prova a mettere insieme regole più elastiche, cantieri più veloci, capitale più facile e una cornice per domare gli affitti brevi dove diventano un problema di ordine pubblico abitativo. È una politica industriale travestita da politica sociale. E forse è proprio qui la parte più interessante. 

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