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Papa Leone ai nuovi vescovi: “Siete servi, non esecutori di un ruolo”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Papa Leone ai nuovi vescovi: “Siete servi, non esecutori di un ruolo”

Un richiamo forte e diretto al cuore della vocazione episcopale. Papa Leone, incontrando i nuovi vescovi ordinati nell’ultimo anno e i presuli inviati in missione, ha voluto ribadire la natura autentica del ministero. “Il dono che avete ricevuto non è per voi stessi, ma per servire la causa del Vangelo. Siete stati scelti e chiamati per essere inviati, come apostoli del Signore e come servi della fede”, ha detto il Pontefice, parlando nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. Parole che hanno toccato subito il tema centrale del servizio: “Il vescovo è servo, chiamato a servire la fede del popolo. Si tratta di qualcosa che ha a che fare con la nostra identità”.

Papa Leone ai nuovi vescovi: “Siete servi, non esecutori di un ruolo”

Papa Leone ha insistito sul fatto che il servizio non è una caratteristica accessoria, né un semplice stile di governo. È l’essenza stessa della missione ricevuta. “A coloro che Gesù chiama come discepoli e annunciatori del Vangelo, in particolare ai Dodici – ha sottolineato – è richiesta la libertà interiore, la povertà di spirito e la disponibilità al servizio che nasce dall’amore”. Non dunque un esercizio di potere, ma un dono che si radica nella stessa scelta compiuta da Cristo.

Il riferimento a Sant’Agostino
Per spiegare meglio il significato di questa prospettiva, il Papa ha richiamato Sant’Agostino: “Per prima cosa chi presiede il popolo deve comprendere che è servo di molti”. Una citazione che serve a rimarcare come la guida pastorale non sia mai un privilegio personale, ma un compito da vivere in costante rapporto con la comunità. “L’autorità del vescovo – ha osservato Leone – trova senso solo nella capacità di servire, di farsi vicino, di condividere le fragilità e le speranze del popolo di Dio”.

Le sfide per la Chiesa
Il messaggio si inserisce in un momento delicato per la Chiesa cattolica, chiamata a rinnovare linguaggi e forme di presenza in una società segnata da crisi di fiducia e da mutamenti profondi. Il Pontefice ha chiesto ai vescovi di non rinchiudersi in logiche burocratiche o di ruolo, ma di interpretare il loro ministero come servizio concreto, soprattutto nelle periferie sociali ed esistenziali. L’attenzione ai poveri, l’impegno per la giustizia, la vicinanza alle famiglie in difficoltà sono stati indicati come ambiti privilegiati della missione episcopale.

Un segnale alla Chiesa italiana
Le parole di Leone assumono un significato particolare anche per la Chiesa italiana, che si prepara a nuovi appuntamenti pastorali e al rinnovo di parte della sua guida. La richiesta di uno stile di servizio e non di potere appare come un’indicazione chiara ai futuri orientamenti del clero, chiamato a rafforzare la credibilità della comunità ecclesiale in un contesto in cui la pratica religiosa è in calo e le nuove generazioni faticano a trovare punti di riferimento spirituali.

Oltre i confini
Il Papa non ha mancato di rivolgere il suo appello anche ai vescovi di missione, invitandoli a vivere con coraggio l’annuncio del Vangelo in contesti segnati da conflitti, povertà e tensioni sociali. “Il servizio che vi è chiesto – ha detto – non è una formalità, ma un atto di amore che parla al cuore di chi incontrate, a partire dai più piccoli e dai più fragili”. L’idea di una Chiesa missionaria, che non teme di sporcarsi le mani e di mettersi in cammino, emerge così come una delle linee portanti del pontificato di Leone.

La prospettiva di un cammino comune
Il discorso si chiude con un invito a riscoprire la comunione tra i vescovi stessi: “Non siete chiamati a servire da soli, ma a costruire insieme una Chiesa che vive di fraternità e di corresponsabilità”. Un’indicazione che richiama al senso collegiale dell’episcopato, ma che si apre anche a una visione più ampia di Chiesa popolo di Dio, in cui il servizio diventa legame e testimonianza.

Con queste parole, Papa Leone ha voluto tracciare una rotta precisa: la credibilità della Chiesa dipende dalla capacità dei suoi pastori di mostrarsi non funzionari o esecutori di un ruolo, ma veri servitori della fede, capaci di testimoniare con la vita ciò che annunciano con la parola.

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