Ofi Invest AM: mentre gli Usa scontano una vittoria di Trump, le agenzia di rating guardano alla Francia

- di: Ombretta Signori, Head of Macroeconomic Research and Strategy di Ofi Invest AM
 

I dati più recenti indicano come il rallentamento dell’economia statunitense sia stato causato principalmente dai consumi privati, che hanno sofferto dell’esaurimento dei risparmi che si erano accumulati durante gli anni della pandemia di Covid-19 e hanno fatto emergere le prime difficoltà tra i meno abbienti. Questo non significa che i bilanci delle famiglie americane non siano comunque mediamente solidi e anche sul fronte del mercato del lavoro quello che si osserva è un positivo e graduale ritorno alla normalità, sostenuto principalmente da un’occupazione di molte delle posizioni vacanti che si erano create negli ultimi mesi e da nessuna sostanziale perdita netta di posti di lavoro.

 

Tuttavia, spesso osserviamo anche dei segnali che vanno in contraddizione con altri. Per fare alcuni esempi, la situazione del mercato del lavoro è peggiore per i cittadini, rispetto a quanto non lo sia per le imprese; inoltre, stranamente la maggior parte delle posizioni è stata creata in settori non ciclici come l’istruzione, la sanità e la pubblica amministrazione e in molti casi si tratta di impieghi a tempo determinato. Per questo, riteniamo che l’occupazione avrà un peso molto maggiore sulla politica monetaria della Fed di quanto ne abbia avuto lo scorso anno. In ogni caso, nonostante sia stato comprovato che il fenomeno era dovuto a fattori idiosincratici, la Fed non ignorerà che prima degli ultimi dati positivi venivamo da due mesi in cui l’inflazione era tornata a salire. Pertanto, anche se oggi le probabilità di un primo taglio a settembre sono molto più alte, i prossimi risultati saranno comunque determinanti nella definizione della politica monetaria nel breve periodo.

 

Infine, i mercati hanno iniziato a scontare le possibili ripercussioni delle prossime elezioni presidenziali, soprattutto dopo il primo (e unico) dibattito tra Joe Biden e Donald Trump, che ha portato quest’ultimo nettamente in testa nei sondaggi e che ad oggi, nonostante il ritiro dalla corsa del presidente uscente e la probabile nomina di Kamala Harris come candidato democratico, rimane il favorito. Nello specifico, gli investitori considerano le politiche “trumpiane” più inflazionistiche rispetto a quelle del Partito dell’Asinello, il che fa nascere delle preoccupazioni, considerando che le stime attuali prevedono debiti di bilancio molto alti per gli Stati Uniti nei prossimi anni, indipendentemente da chi sarà il prossimo presidente.

 

Il quadro dell’Unione Europea, invece, appare notevolmente diverso, dato che la ripresa che sembrava essersi avviata nel primo trimestre di quest’anno continua a mostrare un andamento incerto, soprattutto a causa della Germania e delle performance deludenti del suo settore manifatturiero. Dall’altro lato, però, il processo deflattivo sta proseguendo e anche i consumi dovrebbero rimanere solidi per il resto dell’anno, generando un considerevole aumento della fiducia. Per questo sarà particolarmente importante tenere d’occhio l’evolversi delle incertezze politiche che si sono venute a creare e come queste impatteranno sui principali player economici.

 

A creare le maggiori incertezze oggi è ovviamente la Francia, non solo per lo stallo che si è venuto a creare a livello governativo dopo lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale da parte del presidente Emmanuel Macron e le successive elezioni, ma anche per la posizione creditizia ancora debole. Infatti, un declassamento dei bond sovrani di questo paese da parte di Moody’s nel corso del 2024 è molto più probabile, il che porterebbe il rating dell’agenzia ad allinearsi a quello già espresso da Fitch e da Standard & Poor’s. Inoltre, anche rientrare nel vincolo del 3% del rapporto deficit/Pil entro il 2027 non sembra un obiettivo credibile, come non lo è rispettare gli aggiustamenti chiesti dalla Commissione Europea (riduzione del deficit pari allo 0,5% del Pil ogni anno), la quale ha anche chiesto di mettere la Francia sotto procedura per eccesso di debito. Questa situazione, unita all’assenza di una maggioranza di governo solida rischia di portare a una variazione, da neutrale a negativo, dell’outlook di Fitch, il che potrebbe solo il primo passo di una serie di eventi che porterà al downgrade della qualità media del credito (che scivolerebbe ad “A”). Questa situazione giustifica quindi il mantenimento della remunerazione del rischio sui livelli attuali, ovvero di uno spread tra i Bund e gli OAT superiore alla media degli ultimi due anni di 50-55 punti base.

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