Ecco "Italia veloce", a patto che non sia il libriccino dei sogni
- di: Diego Minuti
L'Italia volta pagina e va veloce: bello come titolo, ma forse è il caso di andarci piano. Il piano illustrato oggi dal primo ministro Giuseppe Conte è un ennesimo elenco di opere da realizzare o completare, per il quale si pensa ad investimenti pari a circa 200 miliardi di euro. Che certo servirebbero a fare ripartire il settore delle infrastrutture. Ma forse è il caso di andarci cauti, di sapere aspettare visto l'esito dei molti annunci che i vari governi hanno fatto negli ultimi decenni, guarda caso, in coincidenza con periodi di grandi difficoltà politiche.
Ma, aspettare cosa? Innanzitutto che nell'elefantiaca macchina della burocrazia si avvii un processo di snellimento, eliminando tutti quegli impedimenti che oggi sono d'ostacolo al completamento della rete di infrastrutture che, se veramente ultimate in tempi normali, consentirebbero al Paese un salto di qualità nella vita quotidiana dei suoi cittadini. I quali, finalmente e non come oggi, si potrebbero mettere in viaggio (con i mezzi che decidono, con auto o treni o aerei) con la certezza di sapere che arriveranno a destinazione.
Su questo punto, il commento di Pier Paolo Baretta, sottosegretario al Ministero dell'Economia e delle Finanze, dovrebbe rassicurare tutti. Il provvedimento, ha detto, “renderà più rapide ed efficienti le procedure di assegnazione delle opere e degli appalti”, aggiungendo che con l'Europa “dobbiamo sfatare questa idea di un Paese che non è in grado di gestire le risorse che gli vengono date”.
Per Baretta, il piano riforme ed il Decreto semplificazioni sono “espressioni di uno sforzo evidente” e consentiranno di non parlare più di “una burocrazia che non aiuta l'Italia a correre”.
Cercando di tradurre il linguaggio politico di Baretta, il piano dovrebbe costituire una netta inversione di tendenza rispetto al presente, almeno per quello che riguarda il rapporto con la burocrazia.
Ma un annuncio, sia pure del presidente del consiglio, non può cancellare le incrostazioni di un sistema degli appalti che penalizza piuttosto che agevolare gli imprenditori.
Come se bastassero poche frasi, il classico schioccar di dita per cambiare non un quadro legislativo, ma una mentalità che di esso si fa forte per affermare il suo ruolo.
L'elenco delle opere nella nuova agenda del governo è lungo ed impegnativo e tutti dobbiamo sperare che se ne realizzi almeno la metà perché alcune sono veramente necessarie, soprattutto per eliminare la doppia morale che, sino ad oggi, è stata adottata nei confronti del Sud per la modernizzazione e l'adeguamento delle infrastrutture, a cominciare dalle grandi vie di comunicazione, che oggi sono tali soltanto fino alla Campania.
Non si tratta di pagare un debito nei confronti del Meridione, ma fare sì che non sussistano più quelle differenze che hanno acuito il baratro economico tra le due aree del Paese e che oggi consentono, ad alcuni commentatori politici di area lombardo-padana, di parlare ancora di terroni.
Il fatto è che ormai, come italiani, siamo abbastanza smaliziati da chiederci se l'elencazione fatta da Giuseppe Conte, in conferenza stampa, sarà un piano vero o un nuovo libricino con la copertina nera dove, come facevamo da piccoli, sono stati elencati sogni che, chissà se e quando, diverranno realtà.
Nello specifico il piano è sinteticamente questo. Per strade ed autostrade gli interventi avranno un costo complessivo di 54,3 miliardi, con 45,1 miliardi di risorse assegnate (9,2 il residuo); per ferrovie con nodi urbani, 113,4 miliardi, con 60 miliardi di risorse assegnate (53,4 miliardi il residuo); per il trasporto rapido di massa nelle città metropolitane interventi per 20,8 miliardi, di cui 19 con risorse assegnate (1,8 miliardi il residuo); per i porti, 5,1 miliardi, di cui 4,1 con risorse assegnate (un miliardo il residuo); per gli aeroporti, 3,1 miliardi, totalmente coperti dalle risorse.
L'ammontare totale è di 196,7 miliardi, con 131,3 miliardi di risorse assegnate e 65,4 miliardi da individuare.
Speriamo che questo non si riduca ad uno degli ultimi annunci che arrivano da palazzo Chigi perché mai come oggi il Paese ha bisogno di atti concreti, ma soprattutto coraggiosi, che si mettano alle spalle ideologie (o pseudoideologie) che, con la scusa di volere ripulire l'Italia dalle scorie del malgoverno, l'hanno paralizzata.