Comincia ad appannarsi la stella di Booking.com: licenziamenti in arrivo?

 

Per la prima volta nella sua storia, Booking.com sta prendendo in considerazione il varo di un piano che potrebbe anche prevedere dei licenziamenti. Rimasta anch'essa coinvolta dalla pandemia di coronavirus, la giovane e fiorente società di prenotazione di alloggi, leader mondiale nel suo settore, ha visto, nell'ultimo mese, la sua attività calare dell'85% rispetto allo stesso periodo del 2019, anno durante il quale il sito ha registrato 850 milioni di pernottamenti.

L'azienda è stata fondata nel 1996 ad Enschede,  nei Paesi Bassi, da Geert-Jan Bruinsma, un imprenditore allora ventottenne. Il 10 aprile, Glenn Fogel, CEO della società, ha annunciato in una videoconferenza che i licenziamenti erano "probabili". Questo è stato il primo shock per un'azienda che è passata dal rango di start-up a quello di una multinazionale in pochi anni. Attualmente ha 17.500 dipendenti, di cui 5.500 presso la sede del gruppo ad Amsterdam. Un gruppo in costante e sicura crescita, tanto che, ad esempio, per il servizio clienti in Francia, a Tourcoing, era previsto un aumento dei dipendenti sino a 850 unità entro la fine dell'anno.

Vantandosi finora di essere uno dei pochi attori del settore turistico a non avere posti di lavoro cancellati, Booking ha chiesto aiuto alle autorità olandesi per mantenere i propri livelli occupazionali. Pur se non si conosce  l'entità delle richiesta avanzata allo Stato e quando quest'ultimo ha accordato, la polemica si sta gonfiando: conosciuta per la sua creatività e il suo senso di innovazione, Booking è anche rinomata per la sua capacità di usare i trucchi dell'ingegneria fiscale. Lo stato olandese offre uno status molto favorevole alle multinazionali e soprattutto alle società innovative. Si stima che finora la società di prenotazione abbia beneficiato di circa 2,2 miliardi di euro di riduzioni totali.

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