Il leader israeliano sotto accusa alla CPI propone per il Nobel un uomo condannato per falsi, sotto processo per documenti segreti e tentato golpe.
(Foto: fotomontaggio ironico realizzato con l'intelligenza artificiale con Netanyahu che consegna il Premio Nobel a Trump).
Una candidatura grottesca
Durante una cena privata alla Casa Bianca il 7 luglio 2025, Benjamin Netanyahu ha formalmente nominato Donald Trump per il Premio Nobel per la pace, consegnando una lettera di candidatura all’ex presidente americano. Il premier ha motivato la sua scelta con il ruolo di Trump nei negoziati per una tregua a Gaza e negli Accordi di Abramo che hanno riavvicinato Israele ad alcuni stati arabi.
Netanyahu, imputato dalla CPI
La mossa appare surreale se si pensa che Netanyahu è soggetto a un mandato di arresto della Corte penale internazionale, emesso il 21 novembre 2024, per crimini di guerra e contro l’umanità durante il conflitto a Gaza. Israele ha presentato ricorso per annullare i mandati, ma la CPI ha respinto la richiesta a maggio 2025. Il premier israeliano è dunque formale “imputato internazionale”.
Trump: condanne e capi d’accusa
Trump è stato condannato il 30 maggio 2025 a New York per 34 capi d’imputazione legati a falsificazione di documenti aziendali, finalizzata a coprire un pagamento di 130.000 dollari alla pornostar Stormy Daniels per silenziare una presunta relazione del 2016. Inoltre, ha tre processi federali pendenti: gestione illecita di materiali riservati a Mar-a-Lago, tentato sovvertimento delle elezioni 2020 in Georgia e coinvolgimento nell’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021.
Accordi di Abramo o propagandistici?
Netanyahu sostiene che Trump meriti il Nobel per aver facilitato una tregua – o “cessate il fuoco” – a Gaza e promosso la normalizzazione tra Israele e paesi del Golfo. Ma la tregua è fragile, le trattative in Qatar proseguono e le cifre delle vittime civili restano altissime da entrambe le parti.
Il rovescio della medaglia
L’ironia – perfino grottesca – è palese: un imputato internazionale per crimini di guerra nomina per il premio di pace un condannato per reati gravi. Il Premio Nobel per la pace, pensato per chi costruisce ponti e salva vite, si ritrova evocato in un’operazione mediatica che sembra dirigere un mondo “alla rovescia”.
Reazioni: sarcasmo e allarme
- Il politologo Ian Bremmer ha etichettato la candidatura come “un ossimoro vivente”.
- Opinioni editoriali assumono toni gravi: alcuni definiscono la mossa una “sinistra caricatura del nostro tempo”.
- La CPI continua a insistere nel mantenere i mandati su Netanyahu, mentre lui replica con accuse di ingerenza politica.
Più di una provocazione
Non si tratta solo di satira. È un segnale potente: il potere mediatizzato può riscrivere la realtà, normalizzare l’eccezione, trasformare l’indignazione in opera teatrale. La presidenza Trump 2.0 – stando ai sondaggi RealClearPolitics – avanza, e con essa una narrazione dove giustizia e pace diventano pedine in un reality geopolitico.
Il merito conta meno del palcoscenico
La candidatura di Trump da parte di Netanyahu non è solo un colpo di scena. È il simbolo inquietante di un’epoca in cui il merito conta meno del palcoscenico, dove gli imputati diventano ambasciatori di pace e la democrazia rischia di soccombere sotto il peso del grottesco.