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Netanyahu lascia Washington: “Obiettivi raggiunti, ora una tregua è possibile”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Netanyahu lascia Washington: “Obiettivi raggiunti, ora una tregua è possibile”

Benjamin Netanyahu ha lasciato la capitale statunitense dopo una visita densa di incontri e colloqui riservati. Il premier israeliano ha parlato di “obiettivi raggiunti” e si è detto fiducioso in una possibile tregua a breve nel conflitto con Hamas. “Spero che riusciremo a concludere l’accordo in pochi giorni”, ha dichiarato prima di salire sull’aereo che lo ha riportato in Israele. Il viaggio, condotto in un clima di pressioni internazionali crescenti, è stato utilizzato per rinsaldare il legame con l’amministrazione Trump e per gestire i delicati dossier relativi agli ostaggi ancora trattenuti nella Striscia di Gaza.

Netanyahu lascia Washington: “Obiettivi raggiunti, ora una tregua è possibile”

Nel corso del vertice a Washington, Netanyahu ha confermato che “venti ostaggi sono sicuramente vivi”, mentre “circa trenta non lo sono”. Si tratta, secondo fonti israeliane, di un aggiornamento derivante da informazioni fornite dal Mossad e da intermediatori internazionali. Il premier ha poi precisato che la trattativa in corso riguarda la liberazione di “metà dei vivi e metà dei morti”, il che, se andasse a buon fine, significherebbe riportare a casa almeno dieci ostaggi vivi e consegnare alle famiglie le salme di circa dodici prigionieri. Il tema degli ostaggi è considerato prioritario sia dal governo israeliano sia dalle famiglie delle vittime, che chiedono da mesi un intervento risolutivo.

Spiragli di intesa: una tregua per riequilibrare il fronte
“Spero che riusciremo a concludere l’accordo in pochi giorni”, ha ripetuto Netanyahu con una formula che sembra alludere a un’intesa di massima già raggiunta con le controparti, anche se mancano ancora garanzie operative. Una tregua temporanea aprirebbe la strada non solo alla liberazione degli ostaggi, ma anche a una rimodulazione della presenza militare israeliana a Gaza, dove i combattimenti sono proseguiti con intensità crescente nelle ultime settimane. Fonti vicine alla difesa israeliana parlano di un possibile ritiro parziale in cambio del cessate il fuoco, ma l’operazione dovrà tenere conto delle sensibilità interne al governo di coalizione.

Pressioni incrociate su Washington, Avs e Pd chiedono chiarezza
La missione di Netanyahu è avvenuta sotto l’occhio attento della comunità internazionale e in un contesto di crescente pressione politica. In Italia, i partiti di opposizione – in particolare Avs, M5s e Pd – hanno chiesto al governo di riferire in Aula se intenda continuare a sostenere la linea dell’amministrazione israeliana guidata da Netanyahu. “L’esecutivo deve chiarire se sta con Albanese”, è la frase rilanciata dai gruppi parlamentari, in riferimento alla posizione più equidistante e multilaterale sostenuta dal governo australiano. Il tema è destinato a entrare nel dibattito politico nei prossimi giorni, con una possibile interrogazione urgente al ministro degli Esteri.

La posta in gioco per Netanyahu e per Trump
Per Netanyahu, raggiungere una tregua accompagnata dalla liberazione parziale degli ostaggi significherebbe ottenere un importante risultato politico interno, utile per rilanciare la propria posizione in una fase di crescente contestazione. Per Trump, invece, che si candida a un ruolo da mediatore globale, un accordo tra Israele e Hamas potrebbe rafforzare la sua immagine di leader capace di risolvere conflitti complessi, in netto contrasto con l’approccio multilaterale dell’amministrazione precedente. Le prossime ore saranno decisive per capire se le parole di ottimismo pronunciate dal premier israeliano troveranno riscontro in atti concreti.

Le incognite della trattativa e i rischi sul campo
Nonostante le aperture verbali, il processo negoziale resta fragile e soggetto a numerose incognite. L’identificazione certa degli ostaggi vivi, la mediazione delle organizzazioni internazionali e la disponibilità di Hamas a rispettare gli accordi sono elementi che potrebbero complicare il quadro. Inoltre, restano attive sul campo diverse milizie che non rispondono direttamente al comando centrale di Hamas e che potrebbero sabotare una tregua con attacchi sporadici. Tuttavia, il tono con cui Netanyahu ha chiuso la visita lascia intendere che un punto di equilibrio sia stato raggiunto almeno sul piano politico.

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