Nei primi sei mesi del 2025, in Italia si è registrata una lieve diminuzione dei decessi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Lo rileva l’Istat, che ha diffuso i dati provvisori nel quadro della sua ultima rilevazione sulla mortalità.
Mortalità in calo nel 2025, ma l’Italia resta divisa
Pur trattandosi di informazioni ancora soggette a consolidamento, il trend appare incoraggiante: meno morti complessive e un andamento che, se confermato nella seconda metà dell’anno, potrebbe segnare un’inversione rispetto agli incrementi osservati durante e subito dopo la pandemia. Secondo le prime elaborazioni, la flessione è legata a una combinazione di fattori: un inverno più mite, l’assenza di picchi epidemici particolarmente gravi e un miglioramento delle pratiche di prevenzione sanitaria in alcune aree del Paese.
Nord e Sud, due velocità
Il quadro, tuttavia, è tutt’altro che uniforme. L’analisi per macroaree rivela un’Italia a due velocità: le regioni settentrionali beneficiano di una riduzione più marcata della mortalità, mentre nel Mezzogiorno la contrazione è più contenuta e in alcune province i tassi restano invariati. Nel Nord-Ovest e nel Nord-Est si segnalano cali significativi nelle morti per malattie respiratorie e cardiovascolari, probabilmente grazie a una rete ospedaliera più capillare, tempi di intervento ridotti e una maggiore adesione agli screening preventivi. Al contrario, nel Sud pesano ancora i ritardi infrastrutturali, la minore disponibilità di strutture specialistiche e la difficoltà di accesso a servizi di diagnosi precoce.
Le patologie più rilevanti
Nei dati provvisori emergono alcune tendenze chiare: la diminuzione delle morti per influenza e polmonite nel Nord è legata a una copertura vaccinale più alta e a una risposta sanitaria più rapida durante i mesi invernali. Per le malattie cardiovascolari, la riduzione appare più diffusa, ma con intensità diversa tra aree urbane e rurali. Nel Sud, le patologie croniche – come diabete e malattie metaboliche – continuano a incidere in misura significativa, con tassi di mortalità stabili o in lieve crescita rispetto al 2024.
Disuguaglianze strutturali
Gli esperti sottolineano che le differenze territoriali non possono essere attribuite solo alla qualità dei servizi sanitari, ma anche a fattori socio-economici. Le aree con maggiore povertà, bassa scolarizzazione e difficoltà di mobilità sanitaria tendono a registrare peggiori indicatori di salute. L’Istat rileva che, sebbene i miglioramenti siano possibili, senza un’azione mirata di riequilibrio infrastrutturale e di rafforzamento dei servizi di prossimità, i divari rischiano di rimanere strutturali.
Una sfida per le politiche pubbliche
Il calo complessivo dei decessi è una notizia positiva, ma i numeri confermano che la vera sfida è ridurre le distanze tra le varie aree del Paese. Politiche di prevenzione mirate, investimenti nella rete ospedaliera del Mezzogiorno e una strategia nazionale per la salute pubblica restano priorità. Per i prossimi mesi, l’Istat continuerà a monitorare i dati con cadenza regolare, così da offrire un quadro sempre più preciso e permettere interventi tempestivi qualora si registrassero inversioni di tendenza o emergenze locali. I prossimi aggiornamenti, attesi per l’autunno, consentiranno di capire se il 2025 potrà chiudersi come l’anno del consolidamento di una ripresa sanitaria, o se invece le fragilità strutturali continueranno a pesare, mantenendo il Paese diviso tra aree che migliorano e zone che restano indietro.