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Montalbano, l’ultimo ciak: il metodo Catalanotti divide

- di: Bruno Legni
 
Montalbano, l’ultimo ciak: il metodo Catalanotti divide
Montalbano, l’ultimo ciak: il metodo Catalanotti divide
La replica del film tv tratto da Camilleri ha chiuso il ciclo su Rai 1 con oltre due milioni e mezzo di spettatori, un commissario innamorato e un finale che continua a spaccare il pubblico tra applausi e contestazioni.
 
(Foto: Luca Zingaretti con Luisa Ranieri).

Il commissario Montalbano è tornato in prima serata su Rai 1 con “Il metodo Catalanotti”, la trentasettesima e per ora ultima avventura televisiva del commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri. La replica dell’episodio, trasmessa alle 21.30 anche in streaming su RaiPlay, ha chiuso il nuovo ciclo di riproposizioni che per settimane ha riportato gli italiani a Vigàta.

Quello che all’esordio, nel 2021, era stato presentato come un ultimo capitolo “per ora”, due sere fa si è caricato di un peso diverso: il senso di un congedo definitivo, dopo le morti di Camilleri, del regista storico Alberto Sironi e lo stop deciso da Luca Zingaretti a nuovi episodi.

Un addio in replica che sembrò un esordio

I numeri hanno confermato che il commissario di Vigàta resta un marchio potentissimo. I dati Auditel della serata indicano che “Il metodo Catalanotti” ha raccolto 2.636.000 spettatori con il 17,1% di share, in una sfida serrata con lo show di Canale 5 “Gigi e Vanessa insieme”, fermo di poco sopra ma senza scalfire la forza del marchio Montalbano.

Non si è trattato di un trionfo assoluto, ma di una nuova prova di fedeltà: a quasi cinque anni dalla prima messa in onda, un episodio già conosciuto, inserito in un ciclo di repliche della saga, ha superato i due milioni e mezzo di persone e ha tenuto testa alla novità dell’intrattenimento rivale.

Nel frattempo i social si sono riempiti di commenti e meme. Molti spettatori hanno ammesso di avere gli occhi lucidi davanti al commissario che cede alla passione, altri hanno parlato di “crollo del mito” e di finale “indigeribile”, ridando forza alle polemiche che già nel 2021 avevano accompagnato l’episodio.

Un caso di sangue nel teatro di Vigàta

Riguardato oggi, “Il metodo Catalanotti” appare ancora come uno degli episodi più radicali della serie. Tratto dal romanzo pubblicato nel 2018, il film ha portato Montalbano dentro un mondo teatrale cupo, fatto di improvvisazioni, sedute quasi psicoanalitiche e prove spinte fino al limite della crudeltà.

Tutto comincia con Mimì Augello che, rientrando da un incontro galante, incappa in un cadavere in un appartamento disabitato. Poche ore dopo, nel suo letto, viene trovato morto Carmelo Catalanotti: usuraio, regista teatrale, guru della compagnia amatoriale Trinacriarte e inventore di un metodo recitativo brutale, basato sullo scavo dei segreti più oscuri degli attori.

Nel corso dell’indagine, Montalbano scopre che il “metodo Catalanotti” non è solo una tecnica, ma una forma di dominio psicologico: sedute collettive in cui le barriere tra scena e vita si dissolvono, con esercizi estremi che lasciano segni profondi su chi se li porta addosso anche fuori dal palcoscenico.

La vicenda investigativa procede a incastri, con cadaveri che sembrano scomparire come in una pantomima, piste che si contraddicono e un continuo rimbalzo tra ciò che è recitato e ciò che ha distrutto davvero delle esistenze. È una storia meno “gialla” e più nera, dove la linea tra colpevole e vittima si sposta di scena in scena.

La scossa Antonia Nicoletti: Greta Scarano terremoto di Vigàta

Se l’intreccio poliziesco divide, la vera frattura riguarda il cuore del commissario. Nell’episodio entra in campo Antonia Nicoletti, responsabile della Scientifica, interpretata da Greta Scarano: una donna determinata, competente, ironica, lontanissima dalla routine sentimentale di Salvo e Livia.

Scarano ha raccontato più volte che, sul set, si è sentita davvero come un corpo estraneo: in un incontro con la stampa ha confidato di essersi percepita come “un’aliena che entrava in una famiglia consolidata”, costretta a trovare un equilibrio tra la recitazione sopra le righe del gruppo storico e il suo modo più realistico di stare in scena.

Quell’“aliena” funziona: Antonia diventa il terremoto che molti fan avevano temuto e atteso insieme. Il modo in cui Montalbano si lascia travolgere dalla passione, arrivando a mettere seriamente in discussione il rapporto con Livia, spacca il pubblico. C’è chi saluta la scelta come un coraggioso “tradimento” del personaggio tradizionale e chi legge in quella virata sentimentale quasi una bestemmia contro l’immagine del commissario tutto d’un pezzo.

Zingaretti regista, il set tra brindisi e assenze pesanti

Dietro la macchina da presa, “Il metodo Catalanotti” segna un passaggio di consegne decisivo. Luca Zingaretti co-firma la regia con Alberto Sironi, che la malattia tiene già spesso lontano dal set. Dopo la morte del regista, avvenuta nel 2019, l’attore resta unico timoniere dell’immaginario visivo di Vigàta, nel solco costruito in vent’anni.

In più interviste, Zingaretti ha ricordato l’ultimo giorno di lavorazione proprio di questo film: un brindisi improvvisato, un misto di euforia e smarrimento. L’attore ha raccontato che la troupe si è sentita “contenta per la qualità dell’episodio e sgomenta per l’assenza dei padri della serie”. Sullo schermo, due sere fa, quel clima è arrivato chiaro: ogni inquadratura, dal mare di Marinella alle notti di Vigàta, ha assunto il sapore di una cartolina di addio.

Camilleri, Riccardino e la fine già scritta

Il senso di chiusura non nasce solo dall’episodio. Con l’uscita di “Riccardino”, nel 2020, Andrea Camilleri ha spiegato che la fine del suo commissario era stata pensata molti anni prima. L’autore ha raccontato di avere scritto il romanzo più di tredici anni prima e di averlo concepito come un “metaromanzo” in cui Montalbano dialoga con il suo creatore e con il Montalbano televisivo.

In altre parole, Camilleri ha costruito su carta un’uscita di scena consapevole, in cui il personaggio prende coscienza di sé, della propria popolarità e persino della fiction Rai che lo ha consacrato. Un gioco meta-letterario che, nelle intenzioni iniziali, avrebbe dovuto tradursi anche in nuovi film tv, rimasti però nel cassetto.

Già nel 2021, infatti, Luca Zingaretti ha annunciato di non voler più vestire i panni del commissario, legando la scelta proprio alla scomparsa di Camilleri, di Sironi e di alcuni pilastri del cast e della troupe. Da allora l’attore ha ribadito che Montalbano per lui è stata un’“avventura professionale e umana meravigliosa”, ma conclusa. Così, la fine di Montalbano si è compiuta in libreria, mentre sullo schermo il congedo si è fermato al colpo di scena sentimentale del “Metodo Catalanotti”.

Critica entusiasta, fan spaccati: un episodio-gioiello (per alcuni)

Al momento del debutto, molti critici hanno salutato “Il metodo Catalanotti” come un episodio-gioiello, capace di stare in equilibrio tra finzione drammaturgica e realtà e di mostrare un Montalbano furiosamente innamorato, vulnerabile, più contemporaneo.

Anche nella replica del 26 novembre, le analisi uscite online hanno insistito su questo doppio registro: da una parte la trama teatrale, con il “metodo” dell’enigmatico Catalanotti che costringe gli attori a scavare nel proprio buio; dall’altra la crisi esistenziale del commissario, improvvisamente in bilico tra il dovere verso Livia e l’attrazione per Antonia.

Sui social e nei forum dei lettori di Camilleri, però, il giudizio è tutt’altro che unanime. Accanto a chi trova “coraggioso” mostrare un Salvo meno monolitico, molti definiscono la storia “troppo surreale” e il finale “deludente”, soprattutto perché lascia aperta una crepa senza un vero epilogo televisivo. La replica del 26 novembre ha rimesso al centro una domanda che accompagna da anni l’universo di Vigàta: come e dove deve davvero finire Montalbano?

Ascolti, concorrenza e il peso di un brand che resiste

La serata del 26 novembre offre anche un piccolo spaccato dell’attuale ecosistema televisivo. Il commissario perde, di poco, la sfida diretta con il varietà di Canale 5, ma conferma di essere ancora una sicurezza per Rai 1, specie in un palinsesto in cui le repliche di Montalbano continuano a funzionare come “coperta di Linus” del prime time.

Gli oltre 2,6 milioni di spettatori arrivano alla fine di un nuovo ciclo di passaggi, a distanza di anni dal debutto e dopo decine di repliche della serie. È un dato che racconta non solo la forza del personaggio, ma anche il potere della serialità di lunga durata nell’Italia dell’on demand: mentre le piattaforme cambiano abitudini, un commissario nato nei romanzi degli anni Novanta e approdato in tv nel 1999 riesce ancora a mobilitare una platea da evento.

Un commiato aperto, destinato a durare

Due giorni dopo quel “gran finale” in replica, una cosa appare chiara: “Il metodo Catalanotti” ha chiuso un ciclo, ma non ha chiuso Montalbano nella memoria del pubblico.

Il personaggio resta sospeso: in libreria ha avuto un congedo meta-letterario, in televisione si è fermato a una soglia sentimentale che continua a far discutere. Zingaretti ha più volte ribadito di non voler tornare sul set senza Camilleri e Sironi; gli attori storici hanno spiegato che le condizioni produttive e affettive che avevano reso unica la serie non esistono più.

Eppure, ogni nuova replica riapre il dossier. La distanza tra la Vigàta letteraria di Camilleri, la Vigàta televisiva costruita da Sironi e quella che i fan si portano dentro si è trasformata, col tempo, in una tridimensionalità affettiva: Montalbano è insieme personaggio, mito popolare e memoria collettiva.

Forse è anche per questo che il finale incompiuto del “Metodo Catalanotti”, con un commissario che ha osato tradire le abitudini, continua a far discutere. Non offre consolazione, non chiude il cerchio, non mette la parola fine. Ma restituisce l’immagine di un uomo che, dopo anni passati a indagare sugli altri, ha finalmente messo sotto esame se stesso.

E in un Paese che ancora si sintonizza in massa per rivederlo, forse è proprio questo il motivo per cui Salvo Montalbano, anche senza nuovi casi, non smette di essere presente.

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