Nella notte tra il 27 e il 28 ottobre, in tutti i villaggi del Messico centrale, l'aria è carica di un'antica malinconia. È la “Noche de los Espíritus Animales”, una ricorrenza sacra, una celebrazione quasi mistica, che affonda le sue radici nelle tradizioni precolombiane, e che si è fusa nel tempo con le festività del “Día de los Muertos”. Questa notte, però, non è per i morti umani. Ma per coloro i quali, senza mai parlare, hanno condiviso con noi ogni emozione, ogni passo, ogni respiro. Fino all’ultimo dei loro respiri. È la notte degli spiriti degli animali, dei cani e dei gatti che abbiamo amato, dei cavalli, degli uccelli, delle creature selvatiche che ci hanno guidato. Sono loro i protagonisti invisibili di un rituale che va oltre la comprensione, e che arriva dritto al cuore. Un momento unico nel mondo: una cerimonia collettiva in cui il dolore della perdita diventa qualcosa di sacro, un rito di ricordo e amore che sembra richiamare gli animali dall’aldilà. Le famiglie si riuniscono in piazze e cimiteri, accendendo candele e creando altari adornati con fiori di calendula, frutta e fotografie di animali che, secondo la credenza, non ci lasciano mai veramente. Si dice che questa notte si apra il “Ponte dell’Arcobaleno”, il passaggio che permette agli animali di ritornare temporaneamente per far visita ai loro cari rimasti sulla Terra. In tutto il Messico, questa antica credenza è una poesia fatta di amore e strazio, una storia che racconta come, anche nell’assenza, ogni animale continua a camminare al fianco dei propri amati umani. Complice il web, da alcuni anni questa tradizione è approdata anche da noi. Leggenda o realtà, suggestione o semplicemente voglia di esorcizzare la morte, questa notte ci siamo ritrovati anche noi ad accendere una candelina davanti alla fotografia dei nostri figli pelosi che hanno oltrepassato il Ponte. Accanto, un biscottino, una pallina, e tutto ciò che loro amavano.
Perché la verità è che la perdita di un animale è uno strappo invisibile, una ferita profonda che la società spesso ignora. Non ci sono grandi riti di addio, non c’è un funerale con abbracci e condoglianze. “È solo un cane”, “Era solo un gatto”, sono frasi che chi ha perso un animale si è sentito dire almeno una volta. Ma chi ha amato un cane, un gatto o qualsiasi animale sa quanto questo legame sia unico, profondo, viscerale. E quella perdita risuona a lungo nella vita, creando un’emorragia nel cuore che, per quanto tamponata, non guarirà mai davvero. Perché quelle presenze persistono in modo silenzioso, trasformandosi in un’ombra che sembra accompagnarci nei gesti quotidiani. È un dolore che ci porta a sorridere e piangere al ricordo di una carezza, di un abbaio, di uno sguardo complice. Le tradizioni del Messico regalano a questo strazio una voce, un modo per esprimerlo, per accoglierlo e celebrarlo. In questa notte speciale, ogni anima umana è circondata da ricordi che si trasformano in presenza. Le immagini di un cane fedele, di un gatto che si accoccolava sul divano, di un cavallo che galoppava libero nelle praterie tornano a materializzarsi. Non è solo nostalgia; è la speranza che il legame non sia davvero spezzato. In ogni altare, le famiglie messicane ricordano i propri animali, come un dialogo muto ma potentissimo che unisce le persone all’aldilà. L’altare di ogni casa si riempie dei piccoli oggetti appartenuti all’animale: il vecchio guinzaglio, il cuscino su cui dormiva, un giocattolo ormai consumato. Con un’assenza che diventa presenza ingombrante, nel silenzio della notte che rimbomba di lacrime raccolte e preghiere mormorate. Non c’è tristezza, ma solo profonda emozione, un senso di continuità che supera il tempo e lo spazio. Gli animali diventano “ponte”, una connessione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Sono loro, dicono le antiche leggende, a proteggere l’anima umana e ad accompagnarla nella vita e oltre, e la “Noche de los Espíritus Animales” è l’occasione per riconoscere questo legame.
E non fa nulla se è tutta un’invenzione. Perché quando sei straziato dal dolore, ti aggrappi a tutto. Anche ad un Ponte dell’Arcobaleno, illusorio o reale che sia. Un’immagine d’umana consolazione potente, simbolo di speranza per chi fatica a vivere senza il più fedele degli amici. L’unico che ti guarda come fossi il suo Dio. L’unico a cui basta il tuo esserci per essere felice. Un legame che trascende la morte, e che per una notte diventa un inno a quell’amore puro e incondizionato che solo gli animali sanno darci. E che non conosce eguali. Perché loro sono altro, ed oltre. E così, mentre le candele si consumano e il primo raggio di sole illumina l’alba, i ricordi si disperdono, portando dentro di sé un’ultima promessa. Un sussurro, che asciuga ogni lacrima illuminando il cuore: “Ti aspetto dall’altra parte del Ponte”.