Mima la 'p 38' verso Giorgia Meloni, il gesto di un ragazzino diventa un caso politico
- di: Redazione
In altri momenti, la bravata di un ragazzo di sedici anni, che ha imita il gesto della 'p 38', che tanta eco ebbe negli anni che vedevano i primi bagliori del fenomeno del terrorismo, sarebbe stata liquidata come quello che forse era: una stupidata, un gesto di maldestra emulazione di qualcosa che, per la sua età, l'autore non può conoscere, se non da articoli e reportage televisivi.
Ma questa volta è il contesto a determinare la gravità di quella mano levata che, cercando di imitare con le dita il profilo di una pistola, è stata ''puntata'' verso lo scranno dal quale il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, stava parlando.
Mima la 'p 38' verso Giorgia Meloni, il gesto di un ragazzino diventa un caso politico
L'autore di questa bravata è un ragazzo che frequenta il Righi, forse il migliore liceo scientifico di Roma. Con altri compagni assisteva alla seduta del Senato e, forse nemmeno capendo cosa si stesse dicendo, ha ''brandito'' la sua immaginaria pistola parabellum. Forse era la concretizzazione del combinato composto di gioventù, stupidaggine, immaturità e voglia di fare qualcosa che attirasse l'attenzione di qualcuno.
Fatto sta che il ''Grande fratello'' di Palazzo Madama, ovvero il sistema di telecamere che viviseziona tutto quel che accade nell'aula, ha colto il gesto, dopo riferito al presidente Ignazio La Russa, che, come giusto, lo ha stigmatizzato. Gesto che è stato immediatamente represso dall'insegnante che accompagnava gli studenti e che hanno fatto meritare al suo autore una lavata di capo dal personale del Senato.
La reazione della scuola è arrivata immediatamente, con l'annuncio che sarà assunto un provvedimento disciplinare nei confronti del ragazzo. La dirigente scolastica, Cinzia Giacomobono, dopo avere condannato l'accaduto e avere chiesto scusa a nome dell'istituto, ha detto che al Righi ''ci sono studenti di sinistra estrema, critici verso il governo, e studenti di estrema destra. Non è prevedibile tutto quello che i ragazzi possono fare, noi insegniamo ogni giorno ai ragazzi i valori della democrazia e del rispetto''.
Ora, in tempi diversi e in un clima normale, un episodio come questo avrebbe meritato due righe in cronaca, nella rubrica ''Il cretino del giorno''. Invece pretende una riflessione perché è indicatore di quanto delicata sia la fase storica che, come Paese, stiamo attraversando, dopo che per governarlo la maggioranza degli italiani ha chiamato una coalizione fortemente connotata su valori di destra.
Il gesto di questo ragazzino, pur concedendogli l'attenuante della giovane età, è fortemente significativo perché dà il segnale che il consolidamento dell'unità nazionale grazie alla sconfitta del terrorismo (da ovunque esso venisse) si sta allentando, alimentato da modelli che potrebbero essere ad un passo dal cadere nella seduzione perversa dell'eversione.
Davanti a gesti del genere bisogna mantenere la freddezza di non ampliarne portata e significato, ma allo stesso modo occorre essere capaci di interpretarli come l'avvisaglia di una pericolosa indifferenza verso le regole e, quindi, verso lo Stato che se ne deve fare garante.
Due dita puntate non hanno mai fatto male a nessuno. Ma se sono la celebrazione di una stagione in cui le ragioni di una fazione si affidavano alla violenza armata allora dobbiamo reagire, guardando verso tutti gli schieramenti, perché, dopo averne celebrato i funerali, essa potrebbe tornare ad esplodere.