Epstein torna al centro della scena, ma il Parlamento anticipa le ferie. Trump agita vecchi fantasmi e trasforma la giustizia in una farsa elettorale.
La Camera vuole e lei potrebbe parlare
Washington torna a tremare all’ombra lunga del caso Epstein. Ghislaine Maxwell — l’ex socialite britannica condannata nel 2022 a vent’anni per traffico sessuale di minorenni — potrebbe essere ascoltata dalla commissione Vigilanza della Camera, dopo che il deputato repubblicano del Tennessee Tim Burchett ha ottenuto il via libera alla sua convocazione.
“Non c’è nessun altro in vita che possa dirci qualcosa… Mi piacerebbe portarla qui prima che consentano anche a lei di suicidarsi”, ha dichiarato Burchett, con un’allusione pesante alla misteriosa morte in carcere di Jeffrey Epstein nel 2019. Il voto è stato unanime, ma il sospetto che si tratti di una mossa più politica che investigativa serpeggia in tutto Capitol Hill.
Il dipartimento di giustizia rompe il silenzio
A stretto giro, anche il Dipartimento di Giustizia si è mosso. La ministra Pam Bondi — figura chiave della nuova amministrazione Trump — ha confermato di aver chiesto al suo vice Todd Blanche di contattare i legali di Maxwell per verificare la sua disponibilità a collaborare.
“Se ha informazioni su crimini commessi da altri, il governo la ascolterà”, ha scritto Bondi su X. L’incontro con Maxwell potrebbe avvenire già nei prossimi giorni. Una svolta apparente, che arriva però a ridosso della chiusura estiva del Congresso.
Congresso e Senato anticipano le ferie
In un colpo solo, la Camera e il Senato hanno messo la sordina sul caso. Lo speaker repubblicano Mike Johnson ha deciso di anticipare la chiusura dei lavori al 22 luglio, un giorno prima del previsto, evitando così ogni discussione sui “file Epstein” e rimandando tutto a settembre.
Una mossa replicata anche al Senato, dove la leadership GOP ha giustificato la pausa anticipata con generiche “questioni logistiche”. Ma si è trattato di un’operazione calcolata per non affrontare la richiesta bipartisan di desecretare i materiali sul caso. Undici repubblicani avevano firmato con i democratici per ottenere trasparenza immediata. Nulla da fare: il Parlamento ha scelto il silenzio.
Trump rilancia l’attacco a Obama
Mentre i rami del potere si svuotano per ferie, Donald Trump resta al centro della scena. Interrogato nello Studio Ovale durante l’incontro con il presidente filippino Marcos Jr., ha definito “appropriata” la decisione del Dipartimento di ascoltare Maxwell. Ma poi, come da copione, ha virato su vecchi nemici:
“La caccia alle streghe vera riguarda i documenti desecretati da Tulsi Gabbard”, ha detto, riferendosi alla direttrice dell’intelligence nazionale. “Barack Hussein Obama ha cercato di truccare l’elezione del 2016. È tradimento. Ha guidato un golpe. È il più grande scandalo della nostra storia”.
L’entourage dell’ex presidente ha definito le accuse “bizzarre” e “ridicole”. Ma la strategia trumpiana è chiara: soffiare sul fuoco dei sospetti, trasformando il caso Epstein in una clava politica.
Maxwell pedina o detonatore?
L’interrogativo resta: Maxwell parlerà davvero? E se lo farà, cosa potrà emergere? L’avvocato Alan Dershowitz, che ha difeso sia Epstein sia Trump nel primo impeachment, ha dichiarato che non si aspetta rivelazioni clamorose. “Non ci sono più segreti”, ha detto. “Ma fare le domande giuste può dare un po’ di soddisfazione all’opinione pubblica”.
Tuttavia, i segnali non fanno ben sperare. Il Wall Street Journal, reo di aver pubblicato una lettera privata di Trump a Epstein, è stato escluso dal viaggio presidenziale in Scozia. Una epurazione che sa di vendetta politica più che di gestione dell’informazione.
Il gelo calcolato dell’estate
La verità, per ora, resta sigillata. E chi poteva provare ad aprirla ha preferito chiudere prima le porte. Il Congresso ha evitato ogni voto, il Senato si è defilato, e il Dipartimento di Giustizia muove solo a fari spenti.
Tutto rinviato a settembre, quando — magari — l’attenzione sarà altrove. Un’operazione di contenimento silenziosa, che ha tutta l’aria di un disinnesco strategico. Perché se Maxwell davvero parlasse, se le testimonianze fossero desecretate, potrebbero emergere nomi, legami, coperture. E qualcuno, nel cuore di Washington, non ha alcuna voglia di scoprirli.
Non solo un affare giudiziario
L’audizione di Maxwell non è solo un affare giudiziario. È uno specchio di come la politica americana, in questa fase, gestisce i nervi scoperti: con prudenza, opacità e tanta, troppa convenienza.
Trump cavalca il caso per rilanciare teorie cospirazioniste che screditano il suo passato e infiammano il suo elettorato. Il Congresso chiude i battenti per non votare. Il Dipartimento si muove, ma lentamente. In mezzo, c’è una donna condannata per crimini gravissimi che ora torna centrale solo perché utile.
Ghislaine Maxwell, per anni simbolo di un mondo malato di potere, lusso e abusi, rischia di diventare l’ennesimo strumento nella guerra senza regole della politica americana. La verità? Ancora una volta sacrificata sull’altare dell’opportunità.