Mattarella: un commiato di elevati contenuti che impegneranno il suo successore

- di: Diego Minuti
 
Un discorso alto, di grande respiro politico e sociale e, caso raro, nelle allocuzioni presidenziali, fortemente intriso di senso civico. Sergio Mattarella, alla fine del suo mandato, ha vergato un messaggio di fine anno che è stato anche un commiato dalla 'politica', dove non sono mancati riferimenti ai momenti difficili della sua presidenza, ma senza mai cadere nella tentazione di commiserarsi per quello che doveva essere fatto e non lo è stato.

Mattarella: un commiato di elevati contenuti che impegneranno il suo successore

Il presidente - ancora non sappiamo sino a quando lo resterà, visto che, realisticamente, ancora non si intravede chi possa essere il suo successore, al netto di ingombranti autocandidature -, che ha fatto della sobrietà la sua costante cifra, non ha perso nemmeno questa volta l'occasione per celebrare l'italianità, intesa come spirito unitario di un Paese che pure è stato oggetto di fortissime tensioni che, intimamente politiche quanto eversive, cavalcano il disamore verso un certo modo di fare politica.

Mattarella non poteva esporsi al pericolo del ''piangersi addosso'',
ha, al contrario, anzi fatto appello alle forze vive del Paese affinché prosegua il processo di rinascita, dopo la devastazione sociale, morale oltre che sanitaria, ci ha accompagnato negli ultimi due anni.
L'Italia, ha fatto capire Mattarella, non è un'isola felice, perché i risultati economici della reazione alla pandemia devono essere accompagnati da una presa di coscienza generale cui tutti, ciascuno per la sua parte e le proprie responsabilità, devono concorrere. A cominciare dai propri giovani che, ha detto, sono il presente del Paese e non un futuro che, mai come in questo periodo, è un concetto distante, quasi che si voglia farne gravare il peso sulle prossime generazioni.
''I giovani" - ha detto Sergio Mattarella che con loro ha sempre cercato un dialogo paritario, senza per questo volere indossare i panni del 'nonno saggio', che pure sarebbero stati naturali - "sono portatori della loro originalità, della loro libertà. Sono diversi da chi li ha preceduti. E chiedono che il testimone non venga negato alle loro mani. Alle nuove generazioni sento di dover dire: non fermatevi, non scoraggiatevi, prendetevi il vostro futuro perché soltanto così lo donerete alla società''.
Nel suo discorso di sintesi, ma soprattutto di commiato, passando il testimone ad un successore che ancora non si sa chi possa essere, ha citato solo due persone, ponendole quasi come esempi e facendo, delle loro parole, un indicazione e non solo semplici citazioni. E ciascuna citazione è stata fortemente caratterizzata non solo dalla potenza delle parole, quanto del messaggio di cui sono portatrici. I nomi sono quelli del docente di filosofia Pietro Carmina, morto nella tragedia di Ravanusa, che, nel momento in cui si stava accingendo a lasciare la cattedra, salutò i suoi studenti con parole che ora Mattarella ha voluto risuonassero nella coscienza degli italiani: ''Usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha. Non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi. Infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non adattatevi, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa. Voi non siete il futuro, siete il presente. Vi prego: non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare...''.

E poi c'è stato un forte richiamo all'opera di papa Francesco che, ha detto Mattarella, ha spesso sottolineato ''come questo Continente possa svolgere un’importante funzione di pace, di equilibrio, di difesa dei diritti umani nel mondo che cambia'', di fatto facendo proprio l'appello alla solidarietà che l'Europa deve ''usare'' nei confronti di chi non ha nulla se non la speranza di dare ai propri figli, prima che a sé stessi, un futuro degno d'essere vissuto. Ci sarebbe piaciuto, senza che questo possa essere preso assolutamente come un appunto per Mattarella, che nelle sue parole trovasse posto il ricordo per l'ambasciatore Luca Attanasio e per il carabiniere Vittorio Iacovacci, assassinati, insieme all'autista locale Mustapha Milambo, in un'imboscata, nella Repubblica democratica del Congo. Non solo perché italiani, ma per il valore simbolico della loro missione in un Paese devastato dalla violenza.

Mattarella si è rivolto a quella parte del Paese che crede ancora nel dialogo, sul quale costruire le sorti di una Italia che, sebbene sia ripartita, è ancora lontana dai suoi primi traguardi. Se c'è stato qualcosa che le parole del presidente hanno fatto trasparire sempre è la fiducia nell'Italia, in un popolo che resta tale, anche se strattonato da chi non ha mai creduto nelle forme della democrazia, che è innanzitutto tutela dei diritti di tutti e che non può lasciare nessuno indietro. Un discorso alto ed efficace che ha raccolto consensi unanimi, anche da parte di quella politica cialtronesca che di Mattarella aveva chiesto l'impeachment e che ora plaude e applaude alle parole del presidente. Si dice che il tempo è galantuomo e le tardive prese di consapevolezza di alcuni gesti che volevano colpire Mattarella per come ha esercitato il suo mandato sono la conferma che alla politica si può anche arrivare per caso o pur fortuna, ma poi bisogna conoscerla per poterla applicare nell'interesse di tutti.
Ora arriva il momento della riflessione sui contenuti del messaggio di Mattarella, alcuni dei quali sembrano avere come naturale destinataria la classe politica dirigente, chiamata nelle prossime ore a trovare un comune interesse per eleggere il prossimo presidente, di cui - sia pure indirettamente - lo stesso Mattarella ha definito con nettezza i confini morali. La speranza di tutti è solo una: che il patrimonio politico, ma anche culturale ed umano che Mattarella ha lasciato al Paese non venga disperso per meri interessi di bottega, in cui purtroppo certi maneggioni sono maestri.
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