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La Lega torna unita? È troppo presto per dirlo

- di: Redazione
 
La Lega torna unita? È troppo presto per dirlo
La riunione del consiglio federale, convocato in fretta e furia (soprattutto furia) da Matteo Salvini, ha restituito all'esterno e in forma ufficiale l'immagine di una Lega compatta che più non si può, dietro al suo condottiero. Quindi nessuna secessione firmata da Giancarlo Giorgetti, come qualcuno, ingenuamente, aveva ipotizzato perché il ministro è persona intelligente che, se e quando parla, non lo fa per tenere in allenamento le corde vocali, ma solo perché è il momento di farlo.

La Lega prova a tornare compatta, nonostante le tensioni fra Giorgetti e Salvini

Le frasi che Giorgetti ha buttato lì (tra la suggestione di un semipresidenzialismo etichettato ''Mario Draghi'' ed un invito a non isolarsi in Europa, finendo nelle spire del sovranismo più spinto) sono tutto fuorché una provocazione perché disegnano le difficoltà che vive chi crede fortemente nella Lega, ma avverte come quasi un tradimento degli antichi valori lo spostamento del partito sempre più a destra.
Il disegno di Matteo Salvini non è certo oscuro perché lo ha chiarito nelle scorse settimane quando ha fatto capire che il suo obiettivo resta l'unità del centrodestra, che dovrebbe servirgli come scalino per salire al primo piano di palazzo Chigi. E sino a qua, si potrebbe dire, è lecito e umano che abbia questa ambizione.

Ma lo scostamento dal patrimonio ideologico su cui Umberto Bossi ha creato la Lega comincia ad essere troppo evidente, determinando una lacerazione in quella parte del movimento che non appare disponibile a cancellare i vecchi sogni per aiutare Salvini a esaudire i suoi.
Qui non c'entra solo l'isolamento a cui la Lega andrà incontro, alleandosi con chi è al potere in Ungheria e Polonia, ma anche la consapevolezza che la situazione in Italia spinge Salvini a spostarsi sempre più a destra, per ostacolare il proselitismo di Fratelli d'Italia, al quale oggi forse manca il coraggio di affinare una classe dirigente che possa essere di governo e non più di lotta. Perché è facile sparare a zero contro chi governa, ma molto difficile è prenderne il posto e fare meglio.

Una Lega in Europa alleata di Orban e Morawiecki a Bruxelles potrebbe anche andare bene perché, mettendosi nel gruppo dei sovranisti, si relegherebbe in una posizione che poco incide sulle politiche comunitarie. Anche perché Ungheria e Polonia, prima o poi, dovranno decidere se e come restare in Europa, sapendo che in ballo non ci sono idee, ma un flusso di denaro che sta consentendo ai due Stati di stare benone. Di sicuro, molto di più di come starebbero se uscissero dall'Europa.

È questo il timore che la vecchia guardia della Lega - che male sopporta l'unanimismo di facciata che circonda ogni sospiro di Salvini - nutre, quello di restare da sola col cerino in mano del sovranismo. Giancarlo Giorgetti non aveva intenzione di rompere e questo, in qualche modo, era forse quello che sperava Salvini che di lui ha bisogno, incarnando l'immagine della Lega che si siede ai tavoli e discute rispetto a quella che urla, minaccia, ammonisce, fa la voce grossa.
E la composizione di una frattura che non c'è mai stata fa comodo anche a Mario Draghi che ha in Giorgetti un interlocutore che ascolta e sa farsi ascoltare senza bisogno di digrignare i denti.
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