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Israele e Hamas, fragile equilibrio tra trattative e rappresaglie

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Israele e Hamas, fragile equilibrio tra trattative e rappresaglie

La diplomazia israeliana ha deciso di non compromettere l’accordo per il rilascio degli ostaggi nonostante il mancato ritorno della salma di Shiri Bibas, confermano fonti governative a Ynet. Una scelta pragmatica, che si inserisce in un contesto estremamente complesso, in cui l’obiettivo immediato di Gerusalemme rimane il salvataggio di sei ostaggi viventi che, secondo gli accordi, dovrebbero essere liberati nelle prossime ore.

Israele e Hamas, fragile equilibrio tra trattative e rappresaglie

La vicenda della famiglia Bibas è emblematica della brutalità del conflitto in corso. Hamas ha dichiarato che il corpo di Shiri Bibas, madre di due bambini anch’essi ostaggi, sarebbe stato ridotto in pezzi e mescolato ad altri cadaveri dopo un attacco israeliano. Se confermata, questa affermazione aggiunge un ulteriore livello di tensione alle trattative e alimenta il sentimento di vendetta all’interno del governo israeliano.

Nonostante le pressioni interne per un’azione dura e immediata, il gabinetto di guerra ha optato per mantenere il sangue freddo e non interrompere l’accordo. “Agiremo con determinazione per riportare a casa Shiri e garantiremo che Hamas paghi il prezzo pieno per questa crudele e malvagia violazione dell’accordo”, ha dichiarato il primo ministro Benjamin Netanyahu in un messaggio video rivolto alla nazione.

Un equilibrio precario: ostaggi e vendetta
Israele si trova di fronte a un dilemma strategico: mantenere aperta la possibilità di negoziati o rispondere militarmente all'ennesima umiliazione inflitta da Hamas. L’opzione di colpire la leadership dell’organizzazione palestinese a Gaza è sul tavolo, ma il rischio di compromettere la liberazione degli altri ostaggi frena, per ora, un’azione su larga scala.

Il ministro della difesa Yoav Gallant ha ribadito che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) stanno valutando diverse opzioni operative, mentre il Mossad continua a monitorare da vicino i movimenti della leadership di Hamas. Il messaggio di Netanyahu sembra chiaro: Israele farà di tutto per riportare a casa gli ostaggi, ma non rinuncerà a una rappresaglia per la vicenda Bibas.

Hamas e il gioco della guerra psicologica
Per Hamas, la gestione degli ostaggi è diventata uno strumento di guerra psicologica. La decisione di consegnare un corpo diverso da quello di Shiri Bibas appare come un tentativo di umiliare Israele, alimentando il malcontento interno e cercando di esasperare le divisioni nel governo Netanyahu.

Dal canto suo, il premier israeliano ha finora mantenuto una linea dura, ma le pressioni interne stanno aumentando. La destra più radicale, rappresentata da Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, chiede un’azione immediata e senza compromessi contro Hamas, mentre settori più moderati temono che una risposta militare possa mettere in pericolo le vite degli altri ostaggi.

L'orizzonte del conflitto
Mentre si attende il rilascio dei sei ostaggi, il Medio Oriente resta un campo minato diplomatico e militare. Israele si trova costretto a muoversi su un equilibrio precario tra esigenze umanitarie e necessità strategiche. La tensione crescente lascia aperti diversi scenari: un’escalation militare su larga scala oppure una prosecuzione delle trattative con la mediazione internazionale.

La partita si gioca ora anche sul fronte dell’opinione pubblica. Mentre il governo Netanyahu cerca di presentarsi come fermo ma razionale, Hamas continua a usare la propria narrativa per alimentare la sua legittimazione nella regione.

Una cosa è certa: il conflitto tra Israele e Hamas non si concluderà con la liberazione degli ostaggi, ma con l’ennesima ridefinizione degli equilibri di potere in una delle regioni più instabili del pianeta.

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